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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/10/2014, a pag. 52, con il titolo "Wiesenthal, il racconto: giustizia e vendetta ai tempi della Shoah", la cronaca di Silvia Fumarola alla fiction Rai Max e Hélène, che verrà trasmessa in occasione del Giorno della Memoria il 27 gennaio 2015. Peccato che nel corso dell'intervista a Ennio Fantastichini, l'attore che interpreta Simon Wiesenthal nel film, questi esprima la vergognosa equazione Auschwitz=Gaza, plaudendo a un "Giusto" che avrebbe restituito l'onorificenza "perché non puoi pensare che i bombardamenti in cui colpisci le scuole e muoiono i bambini, siano l'unica strada per avere giustizia". Ecco la cronaca:
Sono una madre, oggi ho un figlio», urla Hélène all'uomo che ha amato e creduto morto, dopo l'inferno dei campi di concentramento. Porta un cappottino rosso, lo sguardo disperato di chi non vuol rivivere il passato, ma provare a guardare avanti, «perché non è giustizia se a pagare è un innocente». Giacomo Battiato gira le ultime scene di Max e Hélène in una calle fuori dal tempo, a due passi da Campo Santi Giovanni e Paolo, invaso dai bambini. Recitano in inglese, in un silenzio irreale, lui le prende le mani, è sconvolto, il dolore si scioglie in un abbraccio. Il film per la tv (che andrà in onda su RaiUno il 27 gennaio per il Giorno della Memoria) è liberamente tratto da un racconto di Simon Wiesenthal basato su una storia vera. Hélène Blondel (Carolina Crescentini), figlia del console onorario francese a Venezia durante l'occupazione nazista, fa una scelta estrema: si fa passare per ebrea e si fa catturare per stare con l'uomo che ama, Max Sereni (Alessandro Averone). Insieme, è il 1943, riescono a fuggire dal treno che li sta deportando in un campo di concentramento in Polonia. «Nel film» racconta Battiato, che firma la sceneggiatura «ho sviluppato la storia d'amore, rendendola più centrale. Wiesenthal, il cacciatore di nazisti, di questa vicenda — vera — è testimone, incontra i personaggi e la racconta, ma fa un passo indietro. La morale è che non si può fare giustizia se a pagare sono degli innocenti. Non vale solo per la Shoah ma anche per l'attuale politica. Il tema forte di questo racconto è "giustizia non vendetta", perché la vendetta porta sempre al ripetersi del male. La giustizia invece diventa Storia e testimonianza». Girato in inglese per mercato internazionale, prodotto da Matteo Levi con RaiFiction e il contributo di BLS, la film Commission del Trentino Alto Adige, Max e Hélène— che procede per flashback come The reader di Daldry con Kate Winslet — mette al centro della storia un personaggio femminile straordinario, unico. «È il ruolo più forte e difficile che mi sia capitato» racconta la Crescentini «Hélène si fa deportare per amore, è vittima del mostro, è testimone di violenze indicibili ma non perde la speranza, resta una donna proiettata verso il futuro. È generosa e umana, ha il coraggio di crescere un figlio. Quando hai a che fare con la verità tutto assume un altro significato, non puoi solo recitare. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita sopraffatta dall'emozione, la scena del matrimonio con Max celebrato nel vagone che ci porta ai campi è stata molto commovente, ma anche tanti dialoghi: sai che stai vivendo la vita di tante persone che non ci sono più». «Quello che colpisce sempre» aggiunge Averone, pluripremiato attore teatrale «è la crudeltà gratuita e pensare che in qualche parte del mondo quella crudeltà si ripeta perché c'è qualcuno che perseguita il "diverso", ci sono tante forme subdole di nazismo, di violenza. Max cerca Koeller per tutto il film, la ricerca diventa la sua ragione di vita. Porta una pistola in tasca. Quando ritrova Hélène, lei ha fatto ancora una volta una scelta d'amore. Il destino l'ha condannata a essere vittima ma lei, anche se non potrà mai dimenticare, va incontro alla vita: solo le donne sanno guardare avanti». Per inviare la propria opinione a Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante rubrica.lettere@repubblica.it |
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