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La Repubblica Rassegna Stampa
03.08.2014 'E' stata una dichiarazione di indipendenza' israeliana: l'analisi di Daniel Pipes
intervistato da Arturo Zampaglione

Testata: La Repubblica
Data: 03 agosto 2014
Pagina: 2
Autore: Arturo Zampaglione
Titolo: «'Bibi vuole vincere, non negozierà'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/08/2014, a pag. 2, l'intervista di Arturo Zampaglione a Daniel Pipes, dal titolo " 'Bibi vuole vincere, non negozierà' ".

La nostra naturale modestia ci impedisce di considerare nostro merito l'intervista a Daniel Pipes, anche se da diversi giorni non facciamo altro che rimproverare i giornaloni per la scelta unidirezionale degli intervistati.

Di seguito, l'articolo:




WASHINGTON .
«È stata una dichiarazione di indipendenza», dice Daniel Pipes, commentando a caldo le parole di Benjamin Netanyahu. «Israele — ha fatto capire il premier — si ritirerà da Gaza come e quando lo deciderà: non sulla base di un negoziato e non prima di aver distrutto completamente la rete di tunnel e aver neutralizzato Hamas». Presidente da vent’anni del Middle East Forum, un think-tank conservatore con forti legami con il Pentagono, considerato un “falco”, specie sulle questioni medio-orientali, Pipes analizza la strategia militare di Gerusalemme partendo da due “sorprese” del primo mese di combattimenti. La prima — spiega a Repubblica — è il grande successo dell’Iron Dome, lo scudo difensivo anti razzi. L’altra è l’ampiezza e sofisticazione della rete di tunnel scavata da Hamas. «Le forze armate israeliane dominano il cielo, il mare, il teatro di terra, ma si sono accorte che non controllavano il sottosuolo ». «Di qui l’offensiva, che assomiglia più a una gigantesca operazione di polizia che non a una guerra tradizionale».
Lei parla della sofisticazione dei tunnel, Pipes, ma dalle immagini sembrano dei cunicoli rudimentali.
«Sono invece lavori di ingegneria costosi e tecnologici: lunghi tunnel di cemento a venti metri di profondità, larghi abbastanza per trasportare uomini e munizioni, dotati di sensori e collegamenti elettronici. Si ipotizza che il Qatar abbia finanziato con 500 milioni di dollari questa rete sotterranea, anche perché il piccolo Emirato del Golfo, circondato da potenze come l’Iran e l’Arabia Saudita, punta proprio sugli stessi sistemi per difendersi da eventuali nemici».
Gerusalemme sembra molto preoccupata e infastidita dall’opinione pubblica mondiale.
«Questa è una guerra politica non militare. Mi spiego: non è una guerra normale, come quelle del 1948 o nel 1973, perché si sa già chi la vincerà. Assomiglia semmai a una operazione di polizia in cui alla fine contano i metodi usati. La vera arma di Hamas sono i cadaveri dei palestinesi, mentre il tallone d’Achille di Israele sono proprio quegli stessi cadaveri».
E’ la terza grande offensiva israeliana contro Gaza.
«Israele, che non ha mai avuto grandi idee su Gaza, ipotizza adesso una ricostruzione assieme al disarmo. E una nuova guerra sarà anche più difficile perché, a differenza dei predecessori Mubarak e Morsi, il presidente egiziano Sisi non permetterà di fare arrivare le armi ad Hamas. Di certo Gerusalemme non manderà più quel cemento che doveva servire per l’edilizia civile e invece è finito nei tunnel».

Per esprimere la propria opinione a Repubblica, telefonare al numero 06/49821 oppure cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

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