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La Repubblica Rassegna Stampa
15.05.2008 Sandro Viola non discute con gli ignoranti che odiano Israele
quindi deve prendersela con chi la difende

Testata: La Repubblica
Data: 15 maggio 2008
Pagina: 37
Autore: Sandro Viola
Titolo: «Le bandiere bruciate a Torino»
Sandro Viola scrive, per La REPUBBLICA del 15 maggio 2008 un articolo sulla Fiera del libro di Torino e sullo "scontro impari tra gli imbecilli che bruciano le bandiere con la stella di David e i pugnaci difensori dello Stato ebraico".
Lo scontro, sostiene Viola è "impari, perché i difensori d´Israele parlano e scrivono un buon italiano, usano argomenti che in parte sono condivisibili, mentre dagli slogan dei bruciatori di bandiere emerge in modo chiaro una sola cosa: l´abissale ignoranza, da parte di chi li grida nelle strade, di quanto accade tra Israele e Palestina".
Dato che lo scontro è impari, Viola si esime dal replicare agli odiatori di Israele: "Discutere con gli ignoranti non ha senso, e quindi è inutile parlare delle manifestazioni anti-israeliane. Mentre tenterò ancora una volta di discutere con i più tetragoni difensori d´Israele"
Incidentalmente, notiamo che personaggi come Gianni Vattimo, Angelo D'Orsi e Dario Fo, guide intellettuali degli odiatori di Israele,  sono sicuramente e conclamatamente ignoranti sul conflitto israelo-palestinese, ma "scrivono un buon italiano" pure loro e, ciò che più conta, godono di un certo prestigio e di una certa influenza culturale. Polemizzare con loro potrebbe, dunque, avere un senso. Quello di combattere la menzogna che mira a isolare e delegittimare Israele.
Viola ritiene però più importante cercare di convincere
"i più tetragoni difensori d´Israele" che le loro "arringhe di difesa" sono  "troppo parziali sul piano politico, e moralmente discutibili". Questo  perché   i tetragoni difensori non hanno "mai voluto ammettere una responsabilità dei governi israeliani".
Più nel dettaglio: non hanno mai condannato "
la colonizzazione della Cisgiordania, per esempio. O la violenza distruttrice delle rappresaglie agli attentati palestinesi, descritta da tutti i "media" del mondo civile, ormai da molti anni, come troppo e inutilmente spietata".
Ora, è sicuramente possibile e legittimo avere opinioni critiche sugli insediamenti israeliani, ma una cosa dovrebbe essere ormai chiara: essi non sono la causa del conflitto. La rimozione di tutti gli insediamenti israeliani da Gaza non ha fermato i razzi kassam contro il sud di Israele. Questo perché quei razzi non avevano di mira la "colonizzazione" di Gaza, ma l'esistenza di Israele. Lo stesso vale per la Cisgiordania. Non sono gli insediamenti ad armare la mano dei terroristi, ma il sogno di distruggere Israele.  La questione degli insediamenti è risolvibile nel quadro di un accordo di pace, ma finora questo accordo è mancato perché gli interlocutori di Israele non erano interessati ad esso o erano troppo deboli per stipularlo. Questa è la verità sul conflitto che andrebbe resa nota all'opinione pubblica. Finché ciò non sarà fatto le discussioni sugli insediamenti non sono che "specchietti per le allodole" che nascondono i veri problemi.
Per quanto riguarda la  "violenza distruttrice delle rappresaglie agli attentati palestinesi", invece, non si può che constatare che Viola, nella miglire delle ipotesi,  su questo punto si lascia disinformare. Quelle di Israele non sono rappresaglie, ma risposte militari mirate. Condotte in modo tale da limitare il più possibile le vittime innocenti. Il più possibile, in in una situazione nella quale i terroristi si nascondono tra i civili e se ne fanno scudo. Per fare meglio nella protezione dei civili palestinesi  e avere migliore stampa, Israele dovrebbe semplicemente rinunciare a difendere la vita e la sicurezza dei suoi civili. Una scelta illegittima e moralmente condannabile da parte di qualsiasi stato.
Il fatto che
"i giornalisti dei maggiori quotidiani, settimanali e catene televisive d´Occidente, le organizzazioni per il rispetto dei diritti umani, intellettuali famosi, le agenzie dell´Onu e i pacifisti israeliani" siano in prima linea nel denunciare le colpe di Israele non è decisivo. Viola non vede la disinformazione sistematica operata dai media su Israele, l'agenda politica e non umanitaria delle ong e delle agenzie dell'Onu,  il conformismo degli intellettuali, il velleitarismo ideologico di quella parte del pacifismo israeliano che trascura sistematicamente la reale situazione del paese.

Ecco il testo completo:



A Torino è andata bene, alla Fiera del libro non ci sono stati roghi di bandiere israeliane. Ma lo scontro impari tra gli imbecilli che bruciano le bandiere con la stella di David e i pugnaci difensori dello Stato ebraico, non è chiuso. Presto o tardi, sempre identico a come s´è presentato in questi anni, lo vedremo riproporsi. Da una parte, chi attribuisce agli israeliani la colpa di tutte le convulsioni e carneficine che punteggiano la contesa per la Palestina: dall´altra, coloro che negano senza mai un dubbio o ripensamento qualsiasi responsabilità d´Israele. Uno scontro impari, perché i difensori d´Israele parlano e scrivono un buon italiano, usano argomenti che in parte sono condivisibili, mentre dagli slogan dei bruciatori di bandiere emerge in modo chiaro una sola cosa: l´abissale ignoranza, da parte di chi li grida nelle strade, di quanto accade tra Israele e Palestina.
Discutere con gli ignoranti non ha senso, e quindi è inutile parlare delle manifestazioni anti-israeliane. Mentre tenterò ancora una volta di discutere con i più tetragoni difensori d´Israele. Ho detto che alcuni dei loro argomenti sono condivisibili. Israele è in effetti, come essi sostengono, l´unica democrazia nella regione, e lo vediamo in questi giorni dalla grandine di inchieste giudiziarie che sta piovendo sulla testa del primo ministro Olmert. Ed è anche vero che Israele appare sempre più minacciato: Hezbollah a nord, Hamas a sud, e un po´ più discosto il truce burattinaio di Hezbollah e Hamas, l´Iran di Ahmadinejad. Avversari che a differenza dei palestinesi di Arafat prima, e adesso di Abu Mazen, non hanno nulla da negoziare con gli israeliani. Perché il loro unico obbiettivo è quello di far sparire lo Stato degli ebrei dalla carta del Medio Oriente.
Questi argomenti pesano, e il fatto che Israele sia oggi più vulnerabile di quanto non sia stato da quasi mezzo secolo, dalla guerra di Suez in poi, giustifica a volte la foga dei suoi difensori italiani. Ma quel che rende troppo parziali sul piano politico, e moralmente discutibili, le loro arringhe di difesa, è che essi non abbiano mai voluto ammettere una responsabilità dei governi israeliani. La colonizzazione della Cisgiordania, per esempio. O la violenza distruttrice delle rappresaglie agli attentati palestinesi, descritta da tutti i "media" del mondo civile, ormai da molti anni, come troppo e inutilmente spietata. Le ragioni, cioè, che hanno portato ad una rottura in termini di "questione morale" tra il meglio dell´intellighenzia israeliana (scrittori, artisti, intellettuali) e la classe politica del paese.
Possibile che in quattro decenni d´occupazione israeliana in Palestina nessuno dei difensori d´Israele abbia avuto qualcosa da dire sulle terre confiscate senza risarcimenti, sull´ininterrotto proliferare delle colonie ebraiche, sul dirottamento delle poche acque della zona verso i rubinetti e le piscine delle suddette colonie? Possibile che ai loro occhi siano parsi ogni volta accettabili, e pertanto da non sottoporre ad alcuna critica, i cosiddetti "danni collaterali" provocati dalle rappresaglie israeliane, migliaia di morti in tutti questi anni, civili inermi che hanno perso la vita solo perché si trovavano ad abitare vicino agli obbiettivi militari dell´esercito d´Israele, o a costeggiarli una mattina per puro caso? Se tutti, anche chi da tempo appoggia le ragioni palestinesi, hanno condannato e condannano gli attentati dei kamikaze di Hamas e della Jihad islamica, come mai non s´è letto un solo articolo dei difensori d´Israele da cui affiori un biasimo, un senso d´orrore per le stragi provocate dai "raids" dell´esercito israeliano a Gaza?
La discussione sarebbe diversa, oggi, molto più sensata e civile, se si potesse dire che sì, una volta, almeno una volta, questi difensori abbiano avuto qualcosa da rimproverare ad Israele. Reagan aveva rimproverato l´invasione del Libano, Bush padre la testarda, fanatica estensione degli insediamenti in Palestina, Clinton i trucchi di Nethanyau, e almeno cinque o sei segretari di Stato hanno fatto capire negli anni quanta parte abbia avuto, nel fallimento d´ogni tentativo di compromesso della contesa, la classe politica israeliana. Stiamo parlando di governanti americani, del Paese cioè che ha più a cuore lo Stato ebraico, e più è pronto a battersi per difenderlo. Mentre da noi i difensori d´Israele non hanno mai nulla da eccepire. Silenzio, salvo a levarsi contro chi denuncia il troppo sangue che si versa in Palestina: anno dopo anno una media di quasi quattro vittime palestinesi per ogni vittima israeliana.
I difensori d´Israele fanno notare che la condotta d´Israele viene criticata con «una radicalità di linguaggio impossibile da usare verso qualsiasi altra nazione»: ed è vero, certe censure anti-israeliane hanno ormai una veemenza inquietante. Ma attenzione: tali censure, quella veemenza non vengono dagli analfabeti che bruciano le bandiere d´Israele. Vengono dal giornalismo occidentale, americano ed europeo, da tutti i cronisti in loco: da chi ha visto e vede quel che accade nella Palestina palestinese. Oppure vengono dal migliore giornalismo israeliano, da Haaretz e anche da Maariv, proprio perché Israele è una democrazia, e in una democrazia non si tacciono le responsabilità dei governanti.
È triste e preoccupante che «contro Israele», come sostengono i suoi difensori, «si possa dire tutto». Ma chi può credere si sia arrivati a tanto solo per i supposti legami di chi critica i governi d´Israele con la "sinistra internazionale" – come sostiene uno dei difensori, Piero Ostellino – o con gli ambienti antisemiti? È necessario ricordare ancora una volta che a denunciare gli effetti catastrofici della colonizzazione nella Palestina palestinese sono i giornalisti dei maggiori quotidiani, settimanali e catene televisive d´Occidente, le organizzazioni per il rispetto dei diritti umani, intellettuali famosi, le agenzie dell´Onu e i pacifisti israeliani? Non ci saranno altri solidi motivi per spiegarsi gli eccessi del linguaggio nei confronti d´Israele, per esempio la stanchezza, lo sdegno, la rivolta morale alla vista di quel che subiscono da quarant´anni, sulle loro terre, i palestinesi?
Si dirà che sinchè durano i roghi di bandiere israeliane, sinchè i fossili della sinistra marxista manderanno i loro giovani a manifestare con la "keffiah" sulla testa, sarà difficile a coloro che negano qualsiasi responsabilità israeliana nel dramma che si svolge in Palestina, d´essere più misurati, più obbiettivi. Bene: speriamo che per un po´ gli imbecilli se ne stiano quieti, che il clima si svelenisca, e che a un certo punto i suoi difensori comincino a difendere Israele in modo meno fazioso, più equilibrato e veritiero.

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