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La Repubblica Rassegna Stampa
01.04.2008 Una musica in memoria di Daniel Pearl
composta da Steve Reich

Testata: La Repubblica
Data: 01 aprile 2008
Pagina: 54
Autore: Federico Capitoni
Titolo: «Il mio canto per Pearl contro gli integralisti»
Da REPUBBLICA del 1 aprile 2008, un'intervista al compositore americano Steve Reich, la cui ultima opera  "Daniel Variations" è stata scritta "in memoria di Daniel Pearl, reporter del Wall Street Journal assassinato in Pakistan dai fondamentalisti islamici nel 2002".
Ecco il testo :

«La parola minimalismo non mi appartiene, l´avete inventata voi. Chi sarebbe mai andato a chiedere a Debussy se fosse un impressionista? Io scrivo musica. Lo facevo nel 1965, lo faccio nel 2008... insomma faccio quello che riesco a fare». L´Auditorium di Roma, per la rassegna "Contemporanea" nel festival "Re-Play", dedica fino a venerdì un omaggio a Steve Reich, 72 anni, considerato da molti il maggior compositore americano vivente. Reich, che in questa occasione si occuperà della regia del suono, ha affidato l´esecuzione di Tehillim e Proverb, due capolavori del 1981 e del 1995, all´Ars Ludi; Different Trains per archi e nastro magnetico (1988) verrà invece eseguita dal Quartetto Prometeo. E la coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker chiuderà il festival. Il 4 aprile, poi, uscirà un nuovo album contenente Daniel Variations, che rimarca la devozione del compositore nei confronti della tradizione ebraica.
Esiste relazione tra due brani come Tehillim e Different Trains?
«Sono entrambi rapportabili politicamente e socialmente alla mia condizione di ebreo americano. Tehillim è la parola ebraica per "salmi", ma non è un canto tradizionale, anzi ha un´impronta occidentale molto forte. Different Trains parla della mia vita, della mia fortuna di essere un ebreo nato in America. Se fossi nato a Roma, o in Germania, non avremmo avuto questa conversazione. Io viaggiavo in treno alla fine degli anni 30 e in quello stesso periodo in Europa viaggiavano molti altri ebrei, ma non per andare a trovare i genitori. Ho cercato di dare voce ai treni nella misura in cui essi "parlano". Il testo in entrambi i casi è importante, per questo mi sono accertato che durante il concerto ci sia una traduzione in italiano».
Quale direzione, secondo lei, sta prendendo oggi la musica?
«Quando ero studente c´era una sola strada per scrivere la musica: quella di Stockhausen, Boulez e Berio, mio maestro e meravigliosa persona. Ma io scrivevo in maniera diversa. Io faccio parte di una generazione che ha rotto quelle regole: Riley, Young, Adams, Glass, Pärt. Ma oggi non c´è più alcuna regola da rompere, ovvero puoi fare ciò che vuoi».
Come nasce la sua nuova composizione Daniel Variations?
«L´ho scritto nel 2006 in memoria di Daniel Pearl, reporter del Wall Street Journal assassinato in Pakistan dai fondamentalisti islamici nel 2002. Il nome Daniel mi ha riportato alla mente il libro di Daniele della Bibbia ebraica, che frequento da osservante: racconta la storia di Nabucodonosor, re di Babilonia, il quale chiede a Daniele di decifrare il sogno della disfatta del suo regno. Due versi del capitolo quarto li ho usati, nella traduzione cristiana, per il primo e terzo movimento. Per gli altri due movimenti ho usato invece una frase pronunciata da Pearl quando i sequestratori lo hanno filmato, e il titolo di un brano di Stuff Smith, il violinista jazz amato da Daniel. Il brano è un po´ la fotografia dell´oscurità del periodo drammatico in cui viviamo, che poi non è così diversa da quella narrata appunto nella Bibbia».
Quali sono state le fonti della sua musica?
«Fin da bambino ero innamorato del jazz, pur crescendo con la musica classica. Studiavo con Berio il giorno e ascoltavo John Coltrane la notte. Coltrane mi ha insegnato molto per quanto riguarda l´armonia: per molti versi il padre del minimalismo è Coltrane. Amavo Bartók, Bach, allo stesso modo di Miles Davis e Kenny Clarke. Poi ho incontrato Brian Eno, poi David Bowie, Pat Metheny. Ciò che cerco di dire che è che mi piacciono i Beatles, ma anche i Radiohead. L´energia della mia musica parte da ciò che sono, e io sono tutto quello che musicalmente ho coltivato. E credo di essere davvero fortunato nel poter vivere della musica che faccio».

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