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La Repubblica Rassegna Stampa
03.07.2006 Processo a Israele
le cronache scorrette di Fabio Scuto e Alberto Stabile, l'abile arringa del pubblico ministero Sandro Viola

Testata: La Repubblica
Data: 03 luglio 2006
Pagina: 8
Autore: Fabio Scuto - Alberto Stabile - Sandro Viola
Titolo: «Hamas: colpiremo le scuole Israele prepara l'attacco - Gaza nella morsa dell sete emergenza nei campi profughi - Sequestri e rappresaglie La forza supera la politica»

La REPUBBLICA del 3 luglio 2006 dedica  due intere pagine a suscitare nei lettori condanna e riprovazione per le operazioni israeliane a Gaza.
Di seguito, la cronaca di Fabio Scuto.
Complessivamente il pezzo più corretto, che rivela comunque faziosità e distorsioni in non pochi passaggi
:

GERUSALEMME - Le trattative per la liberazione del soldato Shalit, rapito otto giorni fa da un commando integralista, si sono impantanate e la crisi di Gaza si aggrava. In risposta alla forte pressione militare israeliana nella Striscia,

Che le minacce di Hamas giungano "in risposta" alla pressione militare israeliana sarebbe difficile da sostenere  se venissero ricordati, oltre al  rapimento di Ghilad  Shalit, i continui lanci di razzi kassam che l'avevano preceduto
Hamas non "risponde" a nulla: dà semplicemente corso alla sua strategia di aggressione terroristica.


ieri notte un bombardamento ha semi-distrutto l´ufficio del premier Ismail Haniyeh, il braccio armato di Hamas minaccia rappresaglie contro scuole, istituzioni e centrali elettriche in Israele se proseguiranno i raid contro le infrastrutture civili di Gaza.

I raid israeliani non sono diretti "contro le infrastrutture civili di Gaza", ma piuttosto, come è stato spiegato, a impedire ai terroristi di spostare il soldato sequestrato. D'altro canto, i precedenti di Hamas fanno immaginare che le sue minacce non siano rivolte semplicemente contro gli edifici, ma anche contro coloro che ne fanno uso

Hamas, tramite il suo braccio armato, le Brigate Ezzedine al Qassam, ha annunciato di essere pronto a prendere di mira «obiettivi che fino ad ora aveva evitato di colpire» se non cesserà l´offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

La frase è stata pronunciata con l'intento di presentarsi come "moderati", trascinati ad azioni senza precedenti dall'"aggressione" israeliana.
Collocata a questo punto, senza un commento, può davvero suscitare questa impressione nel lettore.
Vale allora la pena di ricordare che Hamas non ha mai esitato a colpire civili israeliani inclusi donne, vecchi e bambini.
  

 La minaccia degli integralisti non ha spostato di un millimetro la posizione israeliana: Hamas sarà colpito fino a che il soldato rapito non verrà liberato. «Non siamo disposti a cedere a ricatti di alcun tipo. Una nostra resa oggi significherebbe propiziare nuovi attacchi terroristici in futuro», ha detto ieri mattina il premier israeliano Ehud Olmert aprendo la riunione del Consiglio dei ministri. «Ho dato istruzione alle forze armate e alle forze di sicurezza - ha proseguito Olmert - di colpire chiunque si sia reso responsabile di atti terroristici. Non c´è immunità per nessuno». Citato da un suo stretto collaboratore, Olmert ha anche ordinato ai vertici delle Forze armate di tenere alta la pressione militare e di «fare in modo che nessuno dorma la notte a Gaza», ma anche di essere pronto a dare subito lo stop alle operazioni militari se il soldato Shalit sarà liberato. Un monito a non affrettare i tempi è venuto da Yuval Diskin, capo dello Shin Bet.
«Dobbiamo tirare un profondo respiro», ha detto il capo della sicurezza interna, «potrebbero volerci settimane o mesi. Non c´è una bacchetta magica». E il capo di stato maggiore Dan Halutz, presente alla stessa riunione con il premier Olmert, ha affermato che le operazioni militari da sole non saranno sufficienti per assicurare la liberazione di Shalit.
Durissima la condanna del presidente palestinese Abu Mazen del raid aereo contro l´ufficio di Haniyeh, un attacco «sporco e criminale»

qui è scomparsa la locuzione (ch sarebbe stato lecito aspettarsi) "che ha definito", prima di "un attacco   «sporco e criminale»", solo un caso o un sostanziale assenso per le parole di Abu Mazen?

 e Haniyeh, che era al suo fianco, ha affermato che quella di Israele è «la politica della giungla e dell´arroganza». Anche il segretario generale dell´Onu Kofi Annan non ha usato mezzi termini definendo il bombardamento un gesto «sconsiderato».

Annan "non ha usato mezzi termini". L'espressione non é neutrale. Presuppone che il raid fosse in sé da condannare e che per farlo si potessero usare "mezzi termini" (più lontani dal vero), oppure parlare con franchezza. Come ha fatto (l'elogio è implicito) Annan.

La porta alla trattativa, anche se finora sterile, non è stata chiusa. Il lavoro dei mediatori egiziani, il presidente Mubarak si è molto speso in questi giorni per disinnescare la crisi, è «vicina a un punto morto», nelle parole del portavoce del presidente palestinese Abu Mazen, per dissidi interni ad Hamas sulla liberazione del soldato Shalit.

Perché non riportare le indicazioni egiziane sulla responsabilità di Hamas (vedi il FOGLIO di sabato 1 luglio) e unire le dichiarazioni di Mubarak a quelle di Abu Mazen volte a scagionare Haniye ?

Di seguito il reportage di Alberto Stabile da "Gaza nella morsa della sete"


Una sorta di ultimatum che i mediatori egiziani avevano dato ad Hamas è slittato di altre 24 ore. E se la Radio militare israeliana ieri mattina aveva accennato alla possibilità che il militare potesse essere scambiato con i 64 esponenti di Hamas arrestati mercoledì scorso, fra loro 8 ministri e 24 deputati, ieri sera il vice-premier Shimon Peres ha annunciato che invece saranno processati per «complicità in atti di terrorismo». La Siria, che ospita alcuni leader integralisti palestinesi a Damasco,

perché non fare il nome del leader di Hamas, capo terrorista dall'apocalittica retorica antisemita, Khaled Meshal?

 ha fatto sapere che non intercederà su Hamas per arrivare a una rapida soluzione del sequestro, a meno che Israele non sospenda l´offensiva.
Crescono le pressioni internazionali per il degrado delle condizioni di vita del milione e mezzo di abitanti della Striscia, mentre l´Onu avverte che l´offensiva terrestre per ora «congelata» provocherebbe altri 25 mila sfollati nella zona. Rispondendo agli appelli internazionali ieri mattina è stato riaperto alle merci il valico di Karni e sono transitati verso Gaza dopo una settimana i primi rifornimenti di carburante, di derrate alimentari e medicinali.

Israele non ha comunque mai avuto alcuna intenzione di creare una crisi umanitaria. Olmert lo ha dichiarato e  ha cercato di spiegarlo all'Onu, che denuncia una crisi che ancora non c'é(vedi l'articolo di Davide Frattini). Perché non riportare le sue parole?

Di seguito, il reportage di Alberto Stabile da "Gaza nella morsa della sete" (il "conto alla rovescia" per la futura "crisi idrica"  sarebbe iniziato il 28  giugno, con il  bombardamento di una centrale elettrica, il 3 luglio, per evitare che la situazione diventi davvero grave, Israele apre il valico di Karni, nel frattemp aveva aumentato le sue forniture di elttricità alla striscia: la storia, va detto, ha conosciuto "assedi" peggiori. E anche la cronaca ne conoscerebbe, se qualcuno se ne occupasse, pensiamo ai profughi del Darfur)
Ecco il testo:

GAZA - «I miei bambini puzzano», dice Mahmud Mgary sulla soglia della sua casa nel campo profughi di Nusseirat, senza nascondere la vergogna provata nel pronunciare queste parole. Il conto è presto fatto: 250 litri d´acqua ogni tre giorni per 48 persone, quante ne conta la famiglia dei Mgary, fa un litro e mezzo d´acqua il giorno a testa. «Appena sufficiente per bere e per cucinare», spiega Sadja, 67 anni, madre di Mahmud e matrona del clan. «Per lavarsi bisogna andare alla spiaggia».
Da quando, mercoledì scorso, gli aerei israeliani hanno bombardato la centrale elettrica di Nusseirat, a un paio di chilometri dal campo, più o meno a metà strada tra Gaza e Khan Yunis, le organizzazioni internazionali hanno subito evocato il rischio di una grave crisi umanitaria. Ma è solo in questi giorni che si coglie l´effetto ritardato dell´improvviso black-out. Acqua col contagocce, sotto una temperatura media di 30-35 gradi. Luce, quando va bene, per otto ore al giorno. Riserve di benzina e gasolio, ormai finite.
In questo dramma collettivo, che Sadja descrive come «i giorni peggiori della nostra vita», il giornale americano Boston Globe ha scoperto un retroscena che potrebbe pesino indurre a qualche ironia. Succede, o meglio succederà, che a pagare per i danni subiti dalla centrale di Nusseirat, sarà la US Private Overseas Investment Corporation (Opic), l´agenzia d´assicurazione destinata (dalla stessa Amministrazione Usa) a coprire i rischi in cui incorrono le compagnie americane che operano all´estero.
La centrale di Nusseirat, che è un´azienda privata e, nello sfacelo generale di Gaza, per molti versi un´azienda esemplare, è stata, infatti, costruita nei primi anni dopo il 2000 dalla Enron Corporation, assieme all´industriale Said Khuri, un imprenditore palestinese che ha il centro dei suoi interessi all´estero ma molte attività a Gaza e nei Territori.
Nel 2002, il Gruppo Morganti, guidato da Khury, ha rilevato la maggioranza azionaria della Centrale capace di una potenza di 150 Megawatt e, per tutelarsi dai rischi immanenti del conflitto, ha in parte assicurato l´impianto con Opic, per 48 milioni di dollari. In pratica, con quella stessa Amministrazione americana che ha dato il suo nulla osta all´operazione israeliana «Piogge d´estate», senza sapere, né sospettare quali erano gli obiettivi dell´attacco lanciato per liberare il soldato Shalit preso in ostaggio.
Solo dopo che sei missili israeliani, con precisione stavolta chirurgica,

Stabile, con quel "stavolta" allude evidentemente a precedenti errori che sono costati la vita a civili.
In questo contesto suggerisce che gli israeliani siano chirurgici quando si tratta di "assetare" i palestinesi, ma siano molto meno attenti quando si tratta di non fare vittime civili.
Ma a parte il fatto che l'azione israeliana aveva un preciso fine militare,  é ovvio che colpire con precisione una centrale elettrica è molto più agevole che colpire dei terroristi che si muovono tra la folla senza provocare vittime civili. 


hanno distrutto i sei trasformatori della centrale di Nusseirat, gettando nel buio 850 mila persone, con la giustificazione a posteriori che al buio i miliziani avrebbero avuto difficoltà a muoversi,

perché "giustificazione a posteriori"? quali elementi ha Stabile per suggerire che l'esercito israeliano mente? 

la Casa Bianca, evidente informata del coinvolgimento economico americano nella centrale, ha chiesto a Israele di evitare la «non necessaria distruzione di beni e di infrastrutture». Oggi a frittata fatta, la stessa Amministrazione si dice disposta pagare i danni attraverso l´assicurazione, ma senza spiegare se ne chiederà il rimborso al governo israeliano.
I danni maggiori, e per giunta non rimborsabili, li sta tuttavia subendo la popolazione civile. Ai primi posti nella scala della sofferenza sono i centri più affollati, quartieri poveri e campi profughi, in una Striscia di Gaza che presenta, mediamente, una delle densità abitative più alte del mondo: 2.350 persone per chilometro quadrato. Ma anche al centro di Gaza città la penuria d´acqua e d´energia s´è fatta sentire.
Perché «niente elettricità - spiegano i Mgary - significa niente acqua». E´ l´energia elettrica, infatti, che spinge l´acqua nelle taniche sistemate nelle terrazze, permettendo di creare quelle riserve essenziali alle famiglie. Ora non coincide mai, né mai può coincidere, che quando per qualche ora al giorno torna la luce, nelle stesse ore ci sia anche l´acqua nelle condotte, perché l´acqua, a Nusseirat, anche prima del bombardamento della centrale e dei ponti, come succede spesso nel Sud del mondo, veniva distribuita ogni tre giorni, per quattro o cinque ore.
Di notte, la gente fugge dalle case infuocate. «Mettiamo i materassi qui sul marciapiede - mostra Mahmud Mgary - e cerchiamo di approfittare della frescura per dormire qualche ora, fino a quando non arrivano a svegliarci i "bang" degli aerei israeliani».
L´indomani, ricomincia l´attesa dell´acqua. I bambini da lavare, le case da pulire. «Siamo sei fratelli - racconta Mahmud - ognuno di noi è sposato e padre di sei figli. Questa casa l´ha costruita nostro padre cinquanta anni fa, dopo che era arrivato da Ashkelon. Sessanta metri quadrati per ogni famiglia di otto persone». Promiscuità senza igiene, avvertono le Nazioni Unite, implica il rischio d´epidemie. Ma non è solo questo ad accrescere il rischio.
Per un prevedibile effetto domino, si vanno spegnendo anche i sistemi per l´irrigazione alimentati dai generatori a nafta e, soprattutto, rischiano di spegnersi i motori dei pozzi che drenano i rifiuti liquidi prodotti da città, villaggi e campi profughi.
Da ieri, le stazioni di servizio hanno esaurito le ultime riserve di benzina. Lunghe code, liti, tensioni, davanti agli unici due distributori aperti di Gaza città. E´ davanti allo spettro di una crisi senza precedenti che Israele ha deciso di riaprire per quattro giorni il passaggio commerciale di Karni per permettere almeno il trasferimento di generi alimentari, medicine, benzina.

Dunque la crisi fin qui paventata (per ora concretizzatasi in disagi) verrà  presumibilmente (  e terroristi permettendo: Karni è da tempo un loro obiettivo)fermata proprio da una decisione di Israele. II quale, comunque, monitora costantemente le scorte di generi di prima necessità a Gaza, ed ha negato che al momento si sia in una situazione di rischio. (vedi israele.net)Strano articolo: dall'inizio alla fine annuncia terribili eventi a venire per poi, in una mezza riga, quasi in chiusura, dare una notizia che rende tali previsioni del tutto irrealistiche.
Non era il caso di anticiparla?
 

Fermo restando l´ordine impartito da Olmert, per risposta ai Kassam che continuano a cadere nel Negev che «nessuno a Gaza possa di notte dormire tranquillo».

Tanto per ribadire che Israele è cattivo ecco la finale citazione di Olmert, che non intendeva ovviamente minaccciare bombardamenti diretti contro la popolazione civile palestinese e che, pronunciata dopo l'attacco all'ufficio di Haniyeh intendeva soprattutto notificare che nessun dirigente di Hamas deve sentirsi al sicuro in virtù del suo ruolo nel governo dell'Autorità palestinese.

Infine, l'editoriale di Sadro Viola, che inizia in prima pagina, con un titolo programmatico che equipara il terrorismo palestinese alle reazioni israeliane "Tra sequestri e rappresaglie".
Viola segue in questo articolo una strategia retorica ormai collaudata, sistematicamente ripercorsa in quasi tutti i suoi recenti interventi sul conflitto israelo-palestinese.
Le prime righe del pezzo sono dedicate a dichiarare comprensione per le ragioni di Israele, in questo caso anche partecipazione umana per la sorte ancora incerta del soldato rapito. Segue, immancabile, l'espressione di una riserva, una congiunzione avversativa che introduce la parte più consistente dell'articolo, dedicata a una sintesi sempre faziosa e talora (come in questo caso) molto imprecisa di quelli che la parte maggioritaria della stampa italiana considera i capi d'imputazione del momento contro Israele. Immancabili, in questo passaggio, citazioni tratte dai giornali  israeliani ( o da conversazioni private dell'autore con liberal locali ) selezionate con il prevedibile criterio di omettere tutte quelle che difendono le buone ragioni dell'autodifesa di un paese aggredito e di enfattizzare quelle più intrise di utopie pacifiste o  di odio di sè o semplicemente di  illusioni destinate prima o poi a dissolversi .
A questo punto il nostro, generalmente, getta la maschera dell'osservatore imparziale e si abbandona ai toni di livorosa denigrazione di Israele che gli sono più congeniali.

Non sarà difficile per i nostri lettori, crediamo, individuare nell'articolo odierno i passaggi corrispondenti a quelli da noi descritti in generale.

Ecco il testo:

Quando guardiamo sui giornali la foto di Gilad Shalit, il caporale israeliano sequestrato sette giorni fa da un gruppo terroristico palestinese, lo facciamo provando un sentimento di compassione. Gilad Shalit ha appena diciott´anni, e con i suoi grandi occhiali, l´aria d´un adolescente che tarda a crescere, non ha certo l´aria del "miles gloriosus". Anzi: è l´esatto contrario dell´immagine che mezzo mondo s´è fatta negli ultimi decenni del militare israeliano, perfettamente addestrato, armato con quel che di più moderno esiste negli eserciti contemporanei, in pratica invincibile.
Oggi il caporale Shalit è infatti solo, spaurito, fragile, e forse in pericolo di vita. Perché altre volte, lo sappiamo, i terroristi hanno ammazzato i loro prigionieri.
Si può quindi capire l´emozione d´Israele, e si può anche condividere la decisione del governo Olmert di non trattare con gli integralisti palestinesi il rilascio di Gilad Shalit. C´è una logica, infatti, una logica robusta, nella posizione del governo israeliano. Una trattativa con i terroristi (basata per esempio sulla liberazione d´un certo numero di prigionieri palestinesi - ce ne sono circa 7.000 nelle carceri israeliane - in cambio del giovane militare) rischierebbe d´incoraggiare nuovi sequestri. Significherebbe compensare l´azione terroristica.
Sì, tutto questo lo si capisce. Ma come capire, accettare, ciò che l´esercito israeliano sta facendo da una settimana a Gaza e in Cisgiordania? Non so quanti abbiano seguito, in questi giorni dominati dal campionato mondiale di calcio, gli avvenimenti che si stanno succedendo in Palestina. Quanti abbiano letto, su questo giornale, i reportage di Alberto Stabile e Fabio Scuto da Gerusalemme e da Gaza, quanti abbiano ascoltato le cronache televisive della Cnn. Ma se sono stati, come temo, in pochi, conviene riassumere quegli avvenimenti.
A Gaza 750.000 palestinesi sono senza elettricità e senza acqua nelle case, dopo il bombardamento della maggiore centrale elettrica della zona. 20.000 persone (ma l´Onu calcola che potrebbero essere molte di più) hanno dovuto lasciare le loro abitazioni su ordine dello Stato maggiore d´Israele,

L'Onu prevede 20.000 profughi, che ancora non ci sono. Israele ha invece solo avvertito gli abitanti di Khan Younis si abbandonare le zone più pericolose, cioé quelle dalle quali vengono lanciati i razzi qassam
 
e in queste ore hanno bisogno di tutto: d´un riparo, di cibo, d´acqua e di medicinali. 

Israele ha riaperto il valico di Karni perché se ne riforniscano, ma sostiene che a Gaza vi sono ancora scorte consistenti di beni primari

In Cisgiordania, mezzo governo e un quarto del parlamento palestinesi sono stati tradotti nelle prigioni militari israeliane, configurando una specie di presa d´ostaggi da parte d´uno Stato democratico.

Configurando l'arresto, da parte di un paese democratico, dei capi di un gruppo terroristico

Si tratta di ministri e parlamentari appartenenti ad Hamas, movimento integralista che non riconosce l´esistenza d´Israele? E´ vero: ma la misura appare lo stesso madornale, esattamente quel che serve per rafforzare - adesso che s´andava indebolendo - il rapporto tra la popolazione palestinese e gli uomini da essa liberamente eletti lo scorso febbraio.
Vari giorni di bombardamenti a tappeto

Non vi è stato nessun bombardamento a tappeto, ma bombardamenti mirati


 dell´artiglieria (adesso gli americani sono riusciti a farli interrompere), micidiali incursioni di carri armati, ponti abbattuti, raccolti agricoli distrutti, vittime civili,

Certo, chi legge i quotidiani italiani può scoprire che un terrorista del Jihad ucciso in un'azione israeliana è diventato un "palestinese", ma la realtà è un altra cosa. "PIoggia d'estate" , a quanto ci risulta, non ha fatto vittime civili.
Se sbagliamo, vorremmo che Viola indicasse con precisione le circostanze di fatti che non hanno trovato spazio nell'informazione italiana.

 e ieri a Nablus l´assalto ad un ospedale dove gli israeliani pensavano si trovasse un ricercato, concluso con cinque feriti tra le urla dei degenti terrorizzati. Se questo è il quadro, e lo è, come non allinearsi a quel che ha scritto ieri su Haaretz Gideon Levy?
«Ciò che stiamo facendo a Gaza», argomentava infatti Levy, «non ha nulla a che fare con la liberazione di Gilad Shalit. Si tratta d´una vendetta su larga scala», scaturita dalla frustrazione dei comandi militari che non sono riusciti a fermare - come avevano più volte assicurato - il lancio dei missili Qassam sul Negev e gli sporadici attacchi dei gruppi armati palestinesi.
Levy metteva in luce anche i nessi politici della violenza operata in tutta la scorsa settimana dall´esercito d´Israele. Vale a dire la debolezza del premier Ehud Olmert e del ministro della Difesa Amir Peretz, ambedue senza un importante passato militare (il che costituisce un caso pressoché unico, per ambedue le cariche, in Israele), nei confronti dello Stato maggiore. Uno squilibrio tra potere politico e forze armate che sta a volte inceppando, a volte forzando, la condotta del governo.
In effetti, un Olmert che vede sempre più impantanato il suo piano di ritiri unilaterali dalla Cisgiordania, e un Peretz che i sondaggi rivelano ogni giorno più impopolare, appaiono al momento incapaci di dare un disegno politico - e quindi una misura calcolata, una moderazione - alla inevitabile rappresaglia innescata dall´attacco di Hamas ad un avamposto israeliano, che sette giorni fa aveva provocato due morti e il sequestro del caporale Shalit.
Ed è dalla debolezza di Olmert e di Peretz, scriveva Levy, che è scaturita la decisione dell´establishment militare di mettere Gaza a ferro e a fuoco.
Ma quella del liberale Haaretz non è la sola voce che si sia levata in Israele contro la violenza del proprio esercito. S´è levata anche la voce di Noam Shalit, il padre del ragazzo sequestrato dai terroristi palestinesi, un ebreo religioso, un uomo pio: che ha pubblicamente chiesto di fare sì il possibile per la liberazione del suo ragazzo, ma senza altro sangue, senza nuove vittime civili. Un appello che è superfluo definire nobile - anche se tale è - rimasto purtroppo inascoltato dal governo di Gerusalemme. Il quale governo ascolta solo sé stesso e i comandi militari.
Per tutta la giornata di ieri si sono infatti succeduti alle radio e alle televisioni israeliane, gli esperti (accademici, ex dirigenti dei servizi di sicurezza) che spiegavano le loro obbiezioni alla condotta del governo. Obbiezioni che si possono riassumere in poche parole: questo tipo di rappresaglie non ha mai avuto esiti positivi; il solo risultato che ci si può aspettare dai disastri compiuti a Gaza e dagli arresti dei politici di Hamas, è una reazione sempre più rabbiosa da parte palestinese, il furore dei disperati, e forse anche il superamento delle divisioni tra i vari «partiti».
Un´ultima considerazione. Come sono vacui, retorici sino al ridicolo, gli appelli alla moderazione che la comunità internazionale rivolge in questi casi ad Israele. La verità, oggi, è che se ci fossero cento o duecento morti palestinesi in seguito ad una rappresaglia militare israeliana, le cancellerie dell´Occidente masticherebbero soltanto qualche parola d´occasione, e magari esporrebbero un cartello con su scritto: «Business as usual». 

"Se ci fossero cento o duecento morti palestinesi ": per attaccare Israele Viola ricorre anche alla fantapolitica.
Teniamo  a mente, intanto, che quei morti non ci sono,  e  che le reazioni della comunità internazionale alle operazioni israeliane, sono ben più rumorose e indignate di quelle suscitate dalle ripetute aggressioni palestinesi (reazioni  che in realtà, semplicemente, non ci sono state)


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