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Huffington Post Rassegna Stampa
25.02.2022 Ora Putin va colpito duramente. Abbiamo solo sbagliato a non farlo prima
Analisi di Gianni Vernetti

Testata: Huffington Post
Data: 25 febbraio 2022
Pagina: 1
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «Ora Putin va colpito duramente. Abbiamo solo sbagliato a non farlo prima»
Riprendiamo da HUFFINGTON POST l'articolo di Gianni Vernetti dal titolo "Ora Putin va colpito duramente. Abbiamo solo sbagliato a non farlo prima".

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Gianni Vernetti

Ucraina, la giornata: Putin riconosce il Donbass - Mondo - ANSA
Vladimir Putin

Alla fine è successo. La Russia ha lanciato un’invasione su larga scala dell’Ucraina. Aerei russi stanno bombardando in queste ore la capitale Kiev e le principali città dell’Ucraina: Lvov, Kharkov, Odessa, Mariupol, Ivano-Fransk, Dnipropetrovsk, Mykolaiv. Il Donbass è oramai sullo sfondo. Gli attacchi russi stanno colpendo le città ucraine al confine con l’Unione Europea, a pochi chilometri da Romania, Ungheria, Slovacchia e Polonia. Come Hitler con i Sudeti in Boemia e Moravia nel 1938, oggi Putin ha usato la scusa dell’inesistente minaccia alla popolazione di lingua russa del Donbass per scatenare una guerra nel cuore dell’Europa. Lo strumentale riconoscimento delle repubbliche fantasma del Donetsk e di Luhansk è durato solo qualche ora per coprire il vero motivo della folle invasione: colpire le aspirazioni europee ed atlantiche della libera e democratica Ucraina. L’Ucraina moderna è nata nell’estate del 2014 quando una rivolta popolare costrinse alla fuga il satrapo al soldo di Mosca Victor Yanukovich e nella Piazza Maidan, cuore delle manifestazioni popolari, veniva sventolata un’unica bandiera: quella blu con le stelle gialle dell’Unione Europea. E di fronte ad un Europa timida nel cogliere le aspirazione europee di Kiev, Vladimir Putin non esitò dopo poche settimane a lanciare una prima guerra contro l’Ucraina, occupando la Crimea e parte delle regioni orientali del paese Il prezzo di allora fu di quindicimila morti, un milione e mezzo di sfollati e una prima modifica di frontiere europee con l’uso della forza militare. Da allora in poi la Russia si è incamminata lungo una strada di progressiva riduzione delle libertà individuali unitamente ad una crescente assertività sul fronte esterno. La riforma costituzionale che permetterà a Putin di governare praticamente a vita, le migliaia di arresti di dissidenti, il tentato omicidio di Alexej Navalny, il leader più popolare dell’opposizione democratica russa, la costruzione di un’alleanza delle autocrazie con il progressivo avvicinarsi alla Cina autoritaria di Xi-Jinping, sono la cornice nella quale si colloca la scelta bellica di oggi. Il nemico non è soltanto l’Ucraina colpevole di voler diventare membro a pieno titolo del’Unione Europea ed in futuro un membro dell’Alleanza Atlantica, il nemico siamo noi: l’occidente democratico con i suoi valori di libertà e democrazia, la vera ossessione per ogni regime che ben sa come la libera scelta possa far cadere i tiranni. Ora l’Europa, gli Usa, la comunità delle democrazie non dovranno più commettere gli errori del passato. L’appeasment nei confronti delle dittature non serve a renderle più ragionevoli, anzi le legittima e le rafforza. Se c’era ancora bisogno di una conferma, i regimi dittatoriali e le autocrazie non solo rappresentano un vulnus costante per i milioni di esseri umani costretti a vivere senza libertà nei regimi stessi, ma la loro accresciuta assertività rappresenta sempre più un pericoloso fattore di instabilità globale. Per troppo la tempo la comunità delle democrazie si è illusa che la globalizzazione delle economie sarebbe stata una condizione sufficiente per diffondere pacificamente democrazia, libertà e diritti e che lo status quo dei regimi autoritari fosse immutabile e persino una garanzia di stabilità nelle relazioni internazionali Così non è stato. E a poco sono serviti decenni di appeasment, realpolitik e relativismo culturale nei confronti dei regimi. Avremmo dovuto ascoltare di più i molti dissidenti e le ultime voci libere della Russia che ci chiedevano di agire con più convinzione, imponendo sanzioni mirate agli oligarchi sul modello del Magnitsky Act, abbandonando l’ambiguità nei confronti di Mosca, che spesso è diventata complicità, come nel caso dei troppi sovranisti e populisti in Italia come in Europa. Ora abbiamo la guerra in casa e non c’è più tempo. Le sanzioni dovranno essere durissime ed in grado di colpire l’infrastruttura del potere di Putin, in mano ad una ristretta cerchia economica e militare. La cancellazione del Gasdotto Nord Stream 2 è la strada giusta: non si puo’ cedere al ricatto energetico di chi sta bombardando le case di un popolo che vuole soltanto essere libero ed europeo. La Russia ha violato in modo eclatante la legalità internazionale riportando la guerra in Europa dopo settant’anni e va dunque messa ai margini della comunità internazionale stessa. Questo è il quadro nel quale andrà collocata l’esclusione della Russia dal sistema Swift, insieme all’interruzione del trasferimento di tecnologia elevata, al delisting di molte aziende di stato dalle principali borse occidentali. Dovremo sostenere militarmente l’esercito ucraino e le forme di resistenza armata che anche in un paese occupato non smetteranno di esistere. Putin potrà anche ridurre in macerie l’Ucraina, ma non sarà in grado di occupare un paese grande il doppio dell’Italia per lungo tempo. Infine occorre anche promuovere un’azione politica coraggiosa offrendo subito all’Ucraina la possibilità di diventare un paese membro dell’Unione Europea. Avremmo dovuto farlo nel 2014, sbagliammo a non farlo allora e va fatto oggi.

mattia.feltri@huffpost.it

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