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Left Rassegna Stampa
05.10.2018 Corbyn l'odiatore antisemita di Israele e il Labour che lo segue
La disinformazione di Daniele Cerabona

Testata: Left
Data: 05 ottobre 2018
Pagina: 40
Autore: Daniele Cerabona
Titolo: «Il Labour compatto con Corbyn»

Riprendiamo oggi, 05/10/2018, da LEFT, a pag. 40, con il titolo "Il Labour compatto con Corbyn", il commento di Daniele Cerabona.

Secondo Daniele Cerabona - il cui articolo è un totale omaggio alla proposta politica di Jeremy Corbyn - il Labour inglese è compatto dietro il suo capo. Cerabona riporta anche con enfasi la posizione anti-Israele di Corbyn  e l'entusiastico schieramento con i terroristi arabi palestinesi, e li ritiene indispensabili per la "liberazione del popolo palestinese". Un pessimo articolo, che consente però di capire che le posizioni di Corbyn sono ultra condivise all'interno del Labour. D'altronde, è stato scelto come segretario, chiaro segno di una condivisione degli strumenti e degli obiettivi.

Ecco l'articolo:

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Al centro Jeremy Corbyn

Un appuntamento molto atteso la conference annuale del Partito laburista a Liverpool. Per due motivi. II primo è che il Labour ha passato un'estate infernale in cui è stato vittima di una campagna mediatica ferocissima con accuse di antisemitismo che hanno raggiunto tanto Jeremy Corbyn quanto il partito stesso, dipinto come razzista e antisemita. II secondo è che, in un partito che vota formalmente decine e decine di mozioni che vengono n sottoposte alla conference dai partiti locali e dai sindacati affiliati, c'era molta preoccupazione per il voto circa la linea da tenere sulla Brexit. Molti temevano (altri speravano) che il Labour si sarebbe spaccato tra chi sostiene che la Brexit sia un processo inarrestabile che va gestito da sinistra e coloro che vogliono proporre un secondo referendum con l'obiettivo di interrompere l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Da Liverpool, però, il messaggio che è arrivato al Paese è stato incredibilmente forte e chiaro: vogliamo nuove elezioni anticipate. L'entusiasmo della base del partito era palpabile, così come lo era la determinazione della classe dirigente che si è susseguita sul palco della cinque giorni laburista. La sfida ai Tories è stata aperta e senza tentennamenti: non siete in grado di svolgere in maniera efficace le trattative per la Brexit, fate posto a noi, siamo pronti a farlo. Ciò che più ha colpito della conference laburista, tuttavia, è stata la radicalità del linguaggio "medio" del discorso. Certo, Corbyn e McDonnell sono i due principali esponenti del Labour ormai da settembre 2015, ma questa è forse la prima conference in cui dimostrano di controllare in tutto e per tutto il partito e la sua "narrazione». Persino l'anno scorso, dopo l'inaspettato 40% alle elezioni anticipate, il clima era diverso, il messaggio radicale di Corbyn e McDonnell non sembrava l'unica voce del Labour. Oggi invece Corbyn e McDonnell hanno ormai stabilmente portato il partito a sinistra, con proposte radicali provenienti non solo da loro due, ma da tutti i membri del governo ombra e aspiranti ministri del futuro governo laburista. Gli avversari interni, che fino alla primavera del 2017 sembravano sull'orlo di disarcionare il leader socialista, oggi sono privi di armi, soprattutto alla luce di una straordinaria salute del partito, che può contare su oltre 550mila iscritti e di un appoggio quasi incondizionato dei sindacati come non accadeva almeno dal 1983. Questa rinnovata radicalità del Labour si è potuta riscontrare nelle mozioni votate: rinazionalizzazione dei servizi essenziali, investimenti pubblici, smantellamento della privatizzazione degli ospedali. Tutti temi in cui nel passato recente il Labour era stato timidissimo e che oggi vengono affrontanti con una radicalità del tutto nuova. E d'altronde, lo ha spiegato John McDonnell - ministro ombra dell'Economia - nel suo ispiratissimo e applauditissimo intervento, «più la situazione diventa caotica e complicata, più ci dicono che non ci sono risorse per trovare una soluzione, più dobbiamo essere coraggiosi e radicali nelle nostre proposte». E così nasce la proposta di una legislazione che obblighi le grandi aziende a cedere un terzo dei posti nei consigli di amministrazione a rappresentanti dei lavoratori, per favorire la democrazia aziendale. O ancora l'obbligo di reinvestire una parte degli utili in un fondo aziendale sociale, per finanziare investimenti pubblici. I sindacati sono stati grandi protagonisti di questa conference. Sono innanzitutto stati fondamentali, grazie al peso dei loro voti, per la mediazione trovata sulla mozione circa la Brexit. L'idea, sostanzialmente, di prediligere la richiesta di nuove elezioni salvo lasciare aperte tutte le altre possibili soluzioni (compresa quella della richiesta di un nuovo referendum) ha trovato l'accordo della conference grazie al ruolo svolto dai sindacati nella mediazione tra le varie anime degli iscritti del Labour. Non è un caso che il primo firmatario della mozione poi approvata sia stato lo Unite, il sindacato più grosso e potente della Gran Bretagna. I sindacati sono stati però anche grandi protagonisti perché nelle proposte programmatiche, a differenza di quanto avvenuto in passato, Labour e Union sono oggi sulla stessa identica linea. A già diventato virale, a questo proposito, l'intervento del presidente dell'Aslef (il sindacato dei macchinisti) che oltre ad aver dichiarato che odiava la Thatcher talmente tanto da puntare la sveglia un'ora prima solo per avere il tempo di odiarla per un'ora in più, ha anche dichiarato che l'attuale governo ombra laburista è il migliore che lui abbia visto nella sua vita. Una discussione molto tesa è stata quella sulla politica estera ed in particolare su una mozione a sostegno del popolo palestinese. In un dibattito sul quale aleggiavano pesanti le accuse di antisemitismo di cui si parlava in apertura e dominato dalla paura che qualcuno trascendesse nei toni, è tuttavia emersa una coraggiosa presa di posizione del Labour a sostegno della battaglia per la liberazione del popolo palestinese dalle terribili condizioni in cui versa e in particolare una condanna all'operato del governo israeliano. La mozione, approvata da una sala in cui sventolavano centinaia di bandiere palestinesi, conteneva inoltre la richiesta al governo britannico di interrompere la vendita di armi all'esercito palestinese. Insomma su tutti i temi che tratteggiano chiaramente la collocazione di un partito, il Labour si posiziona a sinistra, con un radicalismo però che non è di facciata, ma ricco di contenuti e proposte programmatiche concrete. Proposte che non sono improvvisate ma che, al contrario sono frutto di un lavoro di lunga lena che Corbyn e McDonnell fanno - faticosamente - da molti anni. Un lavoro che però continua costantemente, anche grazie a Momentum che ormai da tre anni, durante la conference laburista, organizza una "contro conference" chiamata The world transformed, in cui per tre giorni si elaborano proposte programmatiche nuove e, se possibile, ancora più radicali e innovative di quelle del Labour. Per dirla con le parole di uno dei militanti di Momentum con cui ho chiacchierato a Liverpool, quello di Momentum è l'appuntamento in cui la leadership laburista trova le proposte nuove che poi trasforma e riporta all'interno del dibattito del Labour. Momentum non si limita a produrre idee nuove, ma forma anche la classe dirigente del futuro, tanto è vero che gli astri nascenti del governo ombra sono tutti militanti e attivisti di Momentum, da Richard Burgon a Rebecca Long-Baley: a dimostrazione che la sinistra del Labour non ha intenzione di essere una "meteora" ma, al contrario, vuole mantenere il controllo del partito anche e soprattutto una volta che si saranno vinte le elezioni. Per assicurarsi di avere alla guida della Gran Bretagna un governo socialista.

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