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L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
22.05.2018 Pierbattista Pizzaballa: 'Pregare per cambiare il mondo'. E quando i terroristi attaccano?
Una domanda a cui OR non risponde

Testata: L'Osservatore Romano
Data: 22 maggio 2018
Pagina: 5
Autore: la redazione di OR
Titolo: «Per la pace a Gaza»

Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 22/05/2018, a pag.5, la breve "Per la pace a Gaza".

Padre Pizzaballa invita a pregare per la pace "per cambiare il mondo" e mostrare vicinanza alle "vittime innocenti". Quello che dimentica di dire è che un Paese, se attaccato dai terroristi, deve difendersi, anche a costo di impugnare le armi.

Ecco il pezzo:

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«Vogliamo una pace che sia accoglienza cordiale e sincera dell'altro, volontà tenace di ascolto e di dialogo, vogliamo che la paura e il sospetto cedano il passo alla conoscenza, all'incontro e alla fiducia, dove le differenze siano opportunità di compagnia e non pretesto per il rifiuto reciproco». E uno dei passaggi più significativi dell'omelia pronunciata dall'arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini, in occasione della veglia di preghiera per la pace a Gaza e nel Vicino oriente tenutasi sabato pomeriggio all'École biblique di Gerusalemme. «Siamo qui riuniti — ha esordito il presule — innanzitutto per stringerci intorno al dolore di quanti in questi ultimi giorni hanno perso la vita. Purtroppo, dobbiamo ancora una volta constatare che nella nostra Terra la violenza e la forza sono considerate l'unico linguaggio possibile e che parlare di dialogo è diventato solo uno slogan. Lo abbiamo già detto altre volte e rilevato troppo spesso: nella nostra Terra la vita umana ha poco valore. Davanti all'uccisione di persone inermi, al rifiuto ostinato a trovare soluzioni alternative alla violenza, ci sentiamo impotenti». Di fronte a queste tragedie «pensiamo sia meglio non parlare troppo ma stare in silenzio di fronte al Signore per intercedere, pregare e chiedere il dono della fiducia e della pace».

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Padre Pierbattista Pizzaballa

Dopo questi ennesimi episodi di violenza e di fronte alle minacce di guerra che ancora incombono, «dobbiamo attingere dalla preghiera la forza di credere ancora e avere fiducia che possiamo cambiare e che la nostra Terra possa un giorno conoscere la giustizia e la pace, per la quale vale ancora la pena di operare». Forse, ha continuato monsignor Pizzaballa, «non riusciremo a cambiare come vorremmo il mondo nel quale viviamo, ma possiamo e dobbiamo cominciare da noi, dalla nostra comunità e diventare per quanti vivono tra noi e attorno a noi attrazione alla verità e alla giustizia». Occorre operare come duemila anni fa, quando «un piccolo gruppo di discepoli, illetterati e impreparati a tutto, ha ricevuto in eredità il mandato di cambiare il mondo. Ci sono riusciti e lo hanno cambiato. Possiamo farlo dunque anche noi, piccolo gregge della Chiesa di Gerusalemme». Pizzaballa invita a guardare a quell'esempio: «Lo hanno fatto semplicemente testimoniando Cristo risorto. "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore": con queste parole di consolazione vogliamo in silenzio pregare e intercedere, cantare e implorare il dono della pace per noi e per i nostri popoli», ha concluso, citando i1l vangelo di Giovanni. In una dichiarazione rilasciata al Sir prima della veglia, il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, ha detto che «mai come ora non dobbiamo stancarci di tenere le braccia levate al cielo per chiedere a Dio il dono della pace e della riconciliazione». Pregare «non è inutile ma è la cosa più importante e necessaria per favorire una soluzione pacifica dei problemi». Chiedendo "giustizia e pace", per dirimere il contrasto «è necessario che dei protagonisti esterni aiutino quelli interni a trovare forme di dialogo e di negoziazione». Secondo Patton, il problema di Gaza è «risolvibile nella misura in cui anche la comunità internazionale faccia pressione sulle parti perché favoriscano, innanzitutto, condizioni di vita più dignitose. Resta da capire che genere di mediazione sarà possibile fare ora su Gaza». Una speciale missione nel Vicino oriente l'hanno i cristiani, nonostante il numero esiguo: a loro «spetta il compito di essere seme di presenza pacifica e di dialogo con tutti, nessuno escluso», ha spiegato il custode.

Per inviare all' Osservatore Romano la propria opinione, telefonare: 06/69883461, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


ornet@ossrom.va

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