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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
28.03.2019 Incontrarsi a Gerusalemme grazie a un cartone animato
Commento di Rossella Tercatin

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 28 marzo 2019
Pagina: 8
Autore: Rossella Tercatin
Titolo: «Ebrei e musulmani possono capirsi con un cartone?»
Riprendiamo da SETTE di oggi, 28/03/2019, a pag. 8, con il titolo "Ebrei e musulmani possono capirsi con un cartone?", il commento di Rossella Tercatin.

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Rossella Tercatin

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Un'immagine del film di animazione "People of the Book"

SI PUÒ CONTRIBUIRE alla pace tra popoli con un cartone animato? Ne è convinto Elhanan Miller, giornalista israeliano, attivista, in procinto di completare gli studi per diventare rabbino nella sua città Gerusalemme. Proprio nel centro che più di ogni altro incarna la complessità dell'incontro tra le religioni, Elhanan ha fondato il progetto People of the Book (Popolo del Libro), una serie di video per spiegare l'ebraismo al mondo musulmano. L'obiettivo è raggiungere quei milioni di persone che vivono in Paesi più o meno formalmente ostili e dare una mano al sogno di pace un clic alla volta. Perché oltre alle tante differenze e diffidenze, le due religioni hanno molto in comune e raccontarlo per illustrazioni, con la giusta dose di umorismo, può fare parecchio per superare le barriere. Miller, 36 anni, si è innamorato della lingua araba sin dalla scuola media, vi si è specializzato negli studi liceali, nel periodo di leva militare obbligatoria che vige in Israele — per gli uomini tre anni — e infine durante la laurea in studi mediorientali. «Mi sono impegnato nel dialogo con i palestinesi sin da studente. Partecipando a un incontro un paio di anni fa, mi sono accorto che mancavano loro molte nozioni di base sull'ebraismo e mi sono detto che se quei cinque o sei si ponevano domande come "cosa mangiano gli ebrei?" o "come pregano?", forse lo stesso accade per centinaia di milioni di musulmani in giro per il mondo», racconta. Il giornalista ha notato come non esistessero risorse in arabo per raccontare l'ebraismo dal punto di vista ebraico. «L'islam ne è stato molto influenzato anche perché vi ha interagito alle sue origini, ma negli ultimi decenni, da quando gli ebrei hanno dovuto lasciare in massa i Paesi musulmani, le possibilità di contatto e apprendimento diretto sono venute a mancare. Con People of the Book il mio primo obiettivo dunque è educativo. II secondo invece è fare peace-building: il legame con la religione è qualcosa che abbiamo in comune, favorire la comprensione reciproca renderà più facile affrontare efficacemente le questioni politiche».

SI PUÒ CONTRIBUIRE alla pace tra popoli con un cartone animato? Ne è convinto Elhanan Miller, giornalista israeliano, attivista, in procinto di completare gli studi per diventare rabbino nella sua città Gerusalemme. Proprio nel centro che più di ogni altro incarna la complessità dell'incontro tra le religioni, Elhanan ha fondato il progetto People of the Book (Popolo del Libro), una serie di video per spiegare l'ebraismo al mondo musulmano. L'obiettivo è raggiungere quei milioni di persone che vivono in Paesi più o meno formalmente ostili e dare una mano al sogno di pace un clic alla volta. Perché oltre alle tante differenze e diffidenze, le due religioni hanno molto in comune e raccontarlo per illustrazioni, con la giusta dose di umorismo, può fare parecchio per superare le barriere. Miller, 36 anni, si è innamorato della lingua araba sin dalla scuola media, vi si è specializzato negli studi liceali, nel periodo di leva militare obbligatoria che vige in Israele — per gli uomini tre anni — e infine durante la laurea in studi mediorientali. «Mi sono impegnato nel dialogo con i palestinesi sin da studente. Partecipando a un incontro un paio di anni fa, mi sono accorto che mancavano loro molte nozioni di base sull'ebraismo e mi sono detto che se quei cinque o sei si ponevano domande come "cosa mangiano gli ebrei?" o "come pregano?", forse lo stesso accade per centinaia di milioni di musulmani in giro per il mondo», racconta. Il giornalista ha notato come non esistessero risorse in arabo per raccontare l'ebraismo dal punto di vista ebraico. «L'islam ne è stato molto influenzato anche perché vi ha interagito alle sue origini, ma negli ultimi decenni, da quando gli ebrei hanno dovuto lasciare in massa i Paesi musulmani, le possibilità di contatto e apprendimento diretto sono venute a mancare. Con People of the Book il mio primo obiettivo dunque è educativo. II secondo invece è fare peace-building: il legame con la religione è qualcosa che abbiamo in comune, favorire la comprensione reciproca renderà più facile affrontare efficacemente le questioni politiche».

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Alcuni degli organizzatori del programma "Kids for Peace"

LE REGOLE ALIMENTARI kasher e halal, la preghiera, lo Shabbat, sono alcuni degli argomenti trattati dai cartoni animati realizzati in arabo, inglese e francese. Sono proprio i primi ad aver riscosso maggiore successo, ottenendo milioni di visualizzazioni tra YouTube e Facebook. Miller scrive la sceneggiatura ed è una delle voci narranti insieme alla partner musulmana del progetto, Suha Halifa: a loro sono ispirati i due personaggi che interagiscono con domande e spiegazioni reciproche nelle animazioni firmate dallo Studio Dov Abramson. «Elhanan, il mio gelato è delizioso, lo vuoi assaggiare?», chiede Suha nel segmento dedicato ai giorni di astensione da cibo e bevande. «Mi spiace Suha, non stavolta. Sono a digiuno» è la risposta di un Elhanan dall'aria affamata, che prosegue poi a illustrare le varie ricorrenze che nel calendario ebraico commemorano eventi di grave lutto o momenti di purificazione. Come Yom Kippur, un giorno dedicato all'espiazione che presenta punti in comune con il Ramadan, mese sacro dell'Islam.

A RENDERE POSSIBILE il successo dell'impresa ovviamente è la rivoluzione di interne e dei social media. «Oggi possiamo raggiungere milioni di case, mentre in precedenza vi entravano solo le stazioni radiotelevisive controllate dai governi», nota Elhanan. Così circa il 30 per cento degli utenti YouTube di People of the Book si trovano in Arabia Saudita, un Paese che, nonostante recenti segnali di disgelo, con Israele non ha relazioni diplomatiche e proibisce l'ingresso non solo ai suoi cittadini, ma addirittura a tutti coloro sul cui passaporto permangono tracce di una visita. Le altre nazioni più presenti sono Egitto e Iraq, con rispettivamente l' 11 e il 10%, e poi a seguire varie località del Nord Africa. Dopo il successo dei video animati, People of the Book ha lanciato la fase due: raccontare l'islam al pubblico ebraico, e in particolare israeliano. «Sin dall'inizio non volevo che l'approccio fosse unidirezionale, perché anche la mia comunità ha tanto da imparare», sottolinea Elhanan.

COSÌ È ARRIVATA Thana Jawabreh, 31 anni, attivista femminista, coordinatrice per gli studenti arabi al laicissimo Shenkar College di Ramat Gan, sobborgo di Tel Aviv, e musulmana praticante. «Contribuire a sfatare i preconcetti sull'islam è una delle missioni a cui mi dedico nel quotidiano, cosi quando Elhanan mi ha proposto di partecipare al progetto ho accettato», spiega. Questa volta niente disegni: Thana ed Elhanan hanno girato insieme sedici brevi filmati, otto in ebraico e otto in arabo, discutendo i temi salienti nelle due fedi e toccando anche aspetti più intimi, come le relazioni romantiche o l'identità di minoranza delle due comunità (gli ebrei nel mondo e gli arabi in Israele, dove costituiscono circa il 20% della popolazione). E sfide personali, come quella di Thana nei confronti dell'hijab, il velo con cui solitamente le donne musulmane osservanti coprono capelli e collo. Nel video Thana lo indossa, ma spiega che dopo averlo portato sin da bambina nella vita di tutti giorni ultimamente ha smesso, anche perché stufa di misurarsi con una serie di preconcetti. «Dovevo spiegare in continuazione che non sono una donna primitiva né debole», rivela nell'episodio dedicato all'abbigliamento, in cui dal canto suo Elhanan condivide la sua esperienza nell'indossare la kippah, lo zucchetto, la sensazione di essere osservato quando si trova all'estero e come invece in Israele da forma, colori e materiali sia spesso possibile identificare le idee politiche di chi la indossa.

PER QUESTA SERIE il maggior riscontro di pubblico è arrivato in lingua ebraica. «Scalda il cuore vedere le reazioni degli utenti e dei media. Penso sia apprezzato anche il fatto che il mio approccio è quello di raccontare la mia religione da un punto di vista critico, sottolineando cosa dovremmo cambiare nell'ambito della nostra comunità», sottolinea Thana. «Non abbiamo avuto altrettanto successo nella società araba, dove forse le questioni politiche si sono messe di traverso». Attualmente la sfida è quella di trovare i fondi per proseguire e incrementare il lavoro: finora sono arrivati da una filantropa ebrea inglese, Celia Atkin, e dalla Atkin Foundation. «La mia speranza però, poiché questo progetto si rivolge anche a un pubblico non ebraico, è di trovare donatori pure in questo ambito», dice Elhanan.

LA STRADA DA PERCORRERE è ancora lunga. Se i numeri sono incoraggianti, le reazioni pubblico non sono sempre positive. «Apprendere concetti nuovi che contrastano con pregiudizi coltivati per anni non è semplice. Tanti apprezzano l'opportunità, altri invece reagiscono insultando. Ma la mia speranza è che sia solo una prima fase», confessa Elhanan. C'è un altro aspetto che attualmente caratterizza People of the Book: provare a unire piuttosto che allontanare e quindi concentrarsi su tematiche percepite come non divisive, lasciando fuori gli argomenti dove il dialogo è più difficile, primo fra tutti Israele. «Una volta costruito un rapporto di fiducia con gli utenti, l'obiettivo è affrontare anche i temi più controversi. Spero che andando avanti il nostro pubblico possa capire - al di là dei problemi politici, spesso giustificati, che il mondo arabo ha con Israele - anche il profondo legame del popolo ebraico con questo Paese, una parte fondamentale della fede e ancora di più della nostra identità, e cominci a considerarlo come parte integrante del tessuto culturale del Medio Oriente».

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