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Riportiamo da SETTE del CORRIERE della SERA di oggi, 06/12/2013, a pag. 18, l'articolo di Jean-Marie Colombani, dal titolo "Il punto debole dell'asse Usa-Iran".
Nella prima parte dell'articolo, Colombani mette in luce tutti i punti deboli dell'accordo con l'Iran nucleare.
L'annuncio dell'accordo sul nucleare tra l'Iran e i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (più la Germania) ha suscitato in tutto il mondo un enorme sollievo. Gli Stati Uniti infatti erano così determinati a raggiungere un accordo per evitare tra l'altro un'operazione armata da parte di Israele contro gli impianti nucleari iraniani. Ma visto che la Storia è li ad ammonirci di essere prudenti, la questione per i prossimi sei mesi - periodo nel quale sarà in vigore l'accordo ad interim - è la seguente: trovare Il modo di evitare che questo sollievo sia vile. In altre parole, gli israeliani hanno ragione a protestare mentre tutti chiedono loro di cambiare opinione e atteggiamento? Israele non è l'unico Paese a sollevare qualche dubbio. Anche l'Arabia Saudita e i Paesi dell'arco sunnita temono - a torto - un cambiamento di direzione da parte degli Stati Uniti. E non vedono di buon occhio - sicuramente a ragione - l'obiettivo rafforzamento della posizione strategica dell'Iran. Perché al di là dei termini dell'accordo, che possono sempre essere contestati visto che si tratta di un ambito molto preciso dal punto di vista tecnico, e che possono in qualsiasi momento essere rivisti, l'evento politico sul quale è bene porsi delle domande è la reintegrazione dell'Iran, come viene definita, nel consesso internazionale. Dalla creazione del regime dei Mullah, e da quando questi ultimi hanno basato la loro visione su propositi fortemente antisemiti e sulla costruzione di un arsenale militare nucleare, I'Iran ha rappresentato la principale minaccia strategica nei confronti del Vicino Oriente e dell'Europa. Oggi gli viene permesso di reintegrare la comunità internazionale nelle vesti di attore ragionevole. Senza dubbio è questo il vero punto debole delle misure che statunitensi ed europei hanno accettato. Perché in questo momento l'Iran, insieme a un Iraq ormai reso satellite, è il principale sostenitore politico e soprattutto militare del regime di Bashar al-Assad e mantiene, attraverso Hezbollah, e in misura ormai minore attraverso Hamas, i due bracci armati che costituiscono la minaccia permanente per la sicurezza della regione. Il ribaltamento militare in favore di Bashar al-Assad, la cui situazione un anno fa sembrava disperata, è sicuramente legato all'approvvigionamento militare russo, ma ancor di più al reclutamento sul terreno dei Pasdaran e delle truppe di Hezbollah. Senza l'Iran, oggi Assad non sarebbe più al potere. Per inviare la propria opinione a Sette, cliccare sull'e-mail sottostante sette@corriere.it |
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