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Corriere di Roma Rassegna Stampa
01.07.2017 Da Tripoli a Roma, senza più nulla ma salvi
Cronaca di Marco Nese

Testata: Corriere di Roma
Data: 01 luglio 2017
Pagina: 1
Autore: Marco Nese
Titolo: «Gli ebrei fuggiti da Tripoli e le loro storie a Roma»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA ed.romana di oggi, 01/07/2017, a pag.1, con il titolo "Gli ebrei fuggiti da Tripoli e le loro storie a Roma" il pezzo di Marco Nese.

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Marco Nese

Gli ebrei libici si sono ritrovati al teatro Argentina a rivivere i bei tempi in cui erano felici nella Tripoli piena di suoni e di deliziosi odori di spezie. Sono passati 5o anni dalla grande persecuzione che li costrinse a fuggire dalla Libia. Accadde nel giugno del 1967. Lo Stato di Israele si trovò sotto attacco di Siria ed Egitto e reagì con un'azione fulminea che mise fuori combattimento i mezzi aerei degli avversari. La famosa guerra dei Sei giorni. Fu un'umiliazione per tutto il mondo arabo che si vendicò ovunque assaltando le case degli ebrei. Viveva allora a Tripoli una comunità ebraica di circa 4 mila anime, che in passato era cresciuta fino a contare 4o mila persone. Fu aggredita, derubata e costretta a scappare dalla Libia. «A Tripoli - ricorda Walter Arbib - si scatenò una feroce caccia all'ebreo. La nostra casa fu incendiata, io e mia madre fummo assaliti, ci sputarono addosso». Arbib aveva poco più di vent'anni. È poi diventato imprenditore di successo e filantropo, recentemente ha raccontato la sua vita in un libro pubblicato in Canada e negli Stati Uniti col titolo «I am the good guy». Fra gli stucchi dorati dell'Argentina sono echeggiati i ricordi struggenti di chi era riuscito a salire su un aereo e volava verso la salvezza. Su quell'aereo, racconta la signora Rachele Bentura, «non avevamo nulla, tutto ci era stato portato via, ma eravamo liberi e per questo lanciai un urlo di gioia con tutta la mia forza». Su un altro aereo appena decollato, a Vittorio Halfon si stringeva il cuore. Si rivolse alla moglie dicendo: «Guarda dal finestrino per l'ultima volta il lungomare di Tripoli. Non lo vedrai mai più». Moris Baranes era un bambino. Vide il padre piangere davanti al cimitero ebraico completamente distrutto per costruirci sopra tre grattacieli. Sul filo della nostalgia, risuonano canzoni e ritmi dei vecchi tempi, uno spettacolo organizzato da Hamos Guetta, intervallato dalla lettura di pezzi di vecchi diari recitati dall'attore Roberto Attias. È tutta una rievocazione dei sapori, delle feste e dell'epoca in cui la gente viveva in pace con le altre comunità. Ma non c'è tristezza, è come leggere una storia del passato per ricordare com'era una volta la vita. E alla fine, quando irrompe sul palco la cantante israeliana Liora Simon Fadlon, con la sua splendida voce e con la sua vitalità, trascina tutti in un festoso battimani ritmato. Almeno la metà dei 4 mila ebrei costretti a fuggire da Tripoli approdarono in Italia. Molti di loro hanno poi costruito nel nostro Paese una storia di successo. Tanto per fare qualche nome, si può ricordare l'economista Roger Abravanel, il deputato Alessandro Ruben, e poi l'imprenditore dello spettacolo David Zard che ha portato in Italia grandi artisti come Michael Jackson, Cat Stevens, Tina Trner. A Wicky Hassan si deve il lancio nel campo della moda dei marchi Energie, Murfy and Nye e Ssixty. Mentre Roberto Haggiag è stato il creatore della Dear film. Ma forse il più famoso degli ebrei libici risponde al nome di Herbert Pagani, nato a Tripoli nel 1944, cantautore e scrittore, persona di grande umanità, stroncato dalla leucemia a soli 44 anni.

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redazione@corrierediroma.it

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