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Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
09.04.2014 Naor Gilon, ambasciatore israeliano in Italia, spiega lo stallo del processo di pace
Intervista di Stefano Citati e Roberta Zunini

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 09 aprile 2014
Pagina: 16
Autore: Stefano Citati- Roberta Zunini
Titolo: «I palestinesi devono accettare il prezzo della pace»

Riportiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 09/04/2014, a pag. 16, l'intervista di Stefano Citati e Roberta Zunini all'ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon, dal titolo "I palestinesi devono accettare il prezzo della pace".


 
Stefano Citati  Roberta Zunini     Naor Gilon

Naor Gilon, ambasciatore israeliano a Roma, parla al Fatto nel giorno in cui Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese, è volato in Egitto dopo aver chiesto una riunione urgente della Lega araba per ottenere soprattutto finanziamenti "alla luce delle minacce di Israele di trattenere le tasse" come reazione al pessimo andamento dei colloqui di pace.
È d'accordo con lo scrittore Avraham Yehoshua circa il fatto che l'espressione "processo di pace" è divenuta un ostacolo alla pace stessa perché si è trasformato in una sorta di entità diplomatica indipendente, la cui retorica morale e politica appare più importante dei fatti?
In un certo senso è così. Entrambi, israeliani e palestinesi hanno un forte desiderio di raggiungere la pace ma i negoziati che ci sono stati finora, da Oslo in poi, non hanno portato i palestinesi a capire che bisogna pagare un prezzo per raggiungere la pace. Che devono essere disponibili a negoziare, mettendo nero su bianco ciò su cui bisogna confrontarsi. Prima di tutto che tipo di entità statuale debba essere la Palestina, poi questioni dirimenti come i confini, lo scambio di territori, il ritorno dei profughi e le colonie. La dirigenza palestinese non è mai stata in grado di dire alla sua gente che gli accordi sottendono compromessi, intesi come venirsi incontro. Poi nella zona controllata da Abu Mazen (la Cisgiordania, ndr) vengono continuamente posticipate le elezioni, ma dei Territori fa parte anche Gaza, che definirei Hamastan, da dove partono razzi contro i civili israeliani, nonostante il nostro ritiro nel 2005 con la chiusura delle colonie.
Però l'Anp dovrebbe accettare l'allargamento delle colonie ebraiche che occupano parte della già esigua porzione di territorio.
Il problema è molto complesso, ma anche semplice: i coloni sono lì da tanto, alcune città cisgiordane sono luoghi da sempre abitati dagli ebrei, ma se vogliamo guardare solo alla storia recente è naturale che le famiglie generino figli, perciò si ha bisogno di nuove scuole, di ospedali, di strade, di posti di lavoro e acqua. Certo, tra i coloni ci sono degli estremisti violenti, ma sono una ristretta minoranza.
Ha parlato della questione idrica, che peraltro coinvolge in parte anche l'Italia visto che l'Atea, società che rifornisce d'acqua i cittadini del Lazio, ha fatto un accordo con la vostra Mekorot. Come rispondete alla petizione lanciata contro tale accordo?
Mekorot è una società a partecipazione statale. Le sue attività locali, inclusa la Cisgiordania, sono legate alla politica del governo: fornire acqua di alta qua-lita all'Autorità palestinese, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. In base all'accordo firmato nel 1995 con l'Anp, Israele ha riconosciuto i diritti sulle forniture idriche, stabilendo in conformità la quantità d'acqua che ognuno disporrà attraverso l'uso di falde acquifere condivise.
I palestinesi lamentano che i coloni impediscono loro l'accesso.
Noi diamo quasi il doppio dell'ammontare d'acqua stabilito, inoltre la vendiamo a prezzo agevolato. Il problema vero è il cattivo stato delle infrastrutture idriche palestinesi a causa della scarsa manutenzione.
A proposito di accordi tra Israele e Italia, cosa pensa del nostro neo premier? È davvero pieno di energia. Penso che aiuterà l'Italia, che è un nostro importantissimo partner economico, a uscire dalla crisi.
Lei è stato a lungo a Washington, come consigliere per gli affari politici, poi il suo nome è rientrato in un presunto caso di spionaggio, in cui sembrava inizialmente coinvolto lo storico Michael Leeden legato a sua volta a Marco Carrai, amico e consigliere di Renzi, nonché businessman con investimenti anche in Israele.
Dall'inchiesta sono usciti tutti puliti.
Lo conosce Carrai?
So chi è, conosco il suo ruolo, è un privato cittadino, ma non lo conosco direttamente.
Conosce invece bene gli ungheresi, nell'occhio del ciclone per la vittoria del fronte anti-europeo e xenofobo alle elezioni di domenica.
Quando ero a Budapest più di vent'anni fa gli ungheresi erano diversi da quelli di oggi. L'antisemitismo purtroppo sta tornando, non solo in Ungheria. L'Europa deve prendere provvedimenti così come interessarsi di più alla questione medio-rientale, dopo le primavere arabe, con l'ecatombe siriana in corso e l'Iran che sta costruendo l'atomica. Perché se il Medio Oriente collassa, ci saranno ripercussioni anche in Europa. A partire dall'immigrazione.

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