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Corriere del Veneto Rassegna Stampa
14.04.2015 Il disegnatore italiano che partecipa al festival negazionista e antisemita in Iran: il tempo delle scuse ipocrite è finito
Ottima analisi di Marco Bonet

Testata: Corriere del Veneto
Data: 14 aprile 2015
Pagina: 8
Autore: Marco Bonet
Titolo: «Vignetta sull'Olocausto, artista veneto nella bufera: 'Né pentito né negazionista'»

Riprrendiamo dal CORRIERE del VENETO di oggi, 14/04/2015, a pag. 8, con il titolo "Vignetta sull'Olocausto, artista veneto nella bufera: 'Né pentito né negazionista' ", l'analisi di Marco Bonet.


La vignetta antisemita e negazionista di Alessandro Gatto, presentata al festival della vignetta sulla Shoah di Teheran (Iran) nel 2006.

L’accusa, certo, è di quelle infamanti: sghignazzare sull’Olocausto. Irridere gli ebrei, «sputazzare sulle vittime della Shoah», elevare le vignette «a strumento di un negazionismo e antisemitismo deliranti».

Alessandro Gatto, pittore, grafico ed illustratore umoristico di Castelfranco, una lunga serie di riconoscimenti internazionali (più di duecento, dal Portogallo alla Cina), risponde con la concitazione di chi si sente tirato nel mezzo ingiustamente, vittima (e non carnefice) di una storia che «mi perseguita ormai dal 2006». Una storia nata da una vignetta presentata quell’anno all’Holocaust International Cartoon Contest di Teheran, in Iran, che lui non rinnega affatto, anzi: «Rivendico, in qualità di essere pensante prima ancora che di artista, il diritto di esprimere un giudizio su ciò che sta facendo Israele in Palestina. Liberamente».

La vicenda nasce da un articolo pubblicato sabato sul Foglio, a firma Giulio Meotti, in cui si racconta della seconda edizione del «concorso internazionale per le vignette che sbeffeggiano l’Olocausto» (così scrive Meotti) organizzato in Iran su idea dell’ex presidente Ahmadinejad. La descrizione che ne fa il Foglio è sconcertante, tra gigantografie di Khomeini (l’imam che voleva cancellare «il regime di Gerusalemme» dalla storia) e antologie con immagini di ebrei che varcano le camere a gas, e colpisce leggere tra i nomi dei 312 artisti che saranno esposti a Teheran il nome di Gatto, accanto a quelli di Achille Superbi e dell’italo-albanese Agim Sulaj.

Meotti spiega che la seconda edizione del concorso, in agenda per il 9 maggio, è stata decisa dopo la strage di Charlie Hebdo a Parigi «per evidenziare il doppio standard mondiale nella difesa delle caricature di Maometto» e «per chiedersi perché i palestinesi siano “oppressi in compensazione" per l’Olocausto». Parole del segretario della rassegna, Masoud Shojaei-Tabatabaei, che ha voluto anche una sezione dedicata al paragone fra Israele e il nazismo, «Benjamin Hitler e Adolf Netanyahu».

La notizia è stata ripresa ieri da Pierluigi Battista nella sua rubrica sul Corriere «Particelle elementari», con una dura polemica dal titolo «Quei vignettisti italiani alla fiera antisemita in Iran», subito rilanciata su Twitter, su Facebook, oltre che su alcuni siti, su tutti quello dell’Osservatorio antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.

«L’automatismo per cui chi critica il governo di Israele per ciò che sta accadendo a Gaza è un antisemita ed un negazionista “a prescindere "è una forzatura frutto di un’ideologia oltranzista e malata - replica Gatto -. Io non ho partecipato alla seconda edizione della rassegna di Teheran, per ragioni organizzative non politiche sia chiaro, dunque la notizia del Foglio è falsa. E’ vero, invece, che partecipai all’edizione del 2006 e venni premiato per una vignetta che raffigura la giacca di un internato in un campo di concentramento le cui strisce diventano le sbarre della prigione di un palestinese. E’ il dolore degli ebrei che si intreccia con quello dei palestinesi per mano, paradossalmente, dello stesso Stato d’Israele. Questo significa essere negazionisti? Antisemiti? La verità è che la parola Olocausto è tabù, non se ne può parlare. E poco importa che mio padre sia un ex internato o che io abbia decine di amici ebrei».

Come sono amici di Gatto Superbi («Un eccellente caricaturista») e Sulaj («Un disegnatore superbo»). E però mica si può prescindere dal contesto in cui le vignette vengono pubblicate o dal come poi queste vengono riutilizzate... «Guardi, io le ho detto com’è nata quell’immagine, quale pensiero ci sta dietro. Se poi in Iran viene strumentalizzata da non so chi, non è affar mio».

Gatto, peraltro, frequenta da tempo l’Iran: vi era già stato nel 2005 e vi è poi tornato dal 2007 al 2010 per vari concorsi. «Non si ride sull’Olocausto, mai, l’antisemitismo no, punto ribatte Battista -. Gatto è un orribile antisemita, un personaggio spregevole che ha preso parte ad una parata disgustosa, organizzata da chi vuole distruggere Israele. E così facendo ha aderito idealmente a quel progetto, dando il suo contributo. Glielo ricorderemo ogni anno, nella speranza che ciò arrechi il peggior danno possibile alla sua carriera, perché riconosciamo il suo diritto di disegnare ciò che vuole ma al contempo rivendichiamo il nostro di criticarlo aspramente».

E Shaul Bassi, professore di Ca’ Foscari e presidente di Beit, la casa della cultura ebraica di Venezia, commenta amaro: «Dire che non si può fare dell’ironia sull’Olocausto è una stupidaggine clamorosa, provinciale e ignorante. Invito Gatto a leggersi Il mio Olocausto di Tova Reich, che fu tra le vittime di quella tragica pagina di storia. Il parallelismo tra l’Olocausto e la causa palestinese, poi, ricorre a sproposito. Chi lo fa non fa del bene agli ebrei e neppure ai palestinesi».

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