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Rassegna Stampa
19.09.2017 Trump all'Onu: chiuderla o riformarla
Commenti di Gian Micalessin

Testata:
Autore: Gian Micalessin - Valeria Robecco
Titolo: «Un carrozzone inutile, è ora di chiuderlo - L'esordio di Trump all'Onu: 'Sono qui per riformarla'»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 19/09/2017, a pag. 15, con il titolo "Un carrozzone inutile, è ora di chiuderlo" il commento di Gian Micalessin; con il titolo "L'esordio di Trump all'Onu: 'Sono qui per riformarla' ", il commento di Valeria Robecco.

Bene fa Gian Micalessin a chiedere la chiusura di quell'inutile carrozzone che è l'Onu, una organizzazione ostaggio di decine di Paesi non democratici né liberi che ne fanno parte, come quelli arabo-musulmani. Un'arma in più dei regimi criminali contro lo Stato ebraico.

Ecco gli articoli:

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Donald Trump

Gian Micalessin: "Un carrozzone inutile, è ora di chiuderlo"

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Gian Micalessin

 

Ci risiamo. A New York si è rialzato - come ogni settembre - il sipario dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E come ogni anno a questa parata di capi di stato e dittatori fa da cornice una prolissa discussione sullo stato del mondo che non contribuirà assolutamente a migliorarlo. L'unico risultato sarà quello d'impoverire ulteriormente la vecchia Europa e la povera Italia costrette, al pari degli Stati Uniti, a sobbarcarsi gran parte delle spese di questo esoso carrozzone. Un carrozzone di cui nessuno conosce i costi reali. Al bilancio ordinario - pari per il 2017 a circa 5,6 miliardi di dollari - vanno infatti aggiunte le spese di decine di agenzie che spesso portano il consultivo reale ben oltre i 12 miliardi. Prendiamo i contributi per circa 94,5 milioni versati dall'Italia nel 2017. Quel versamento ci garantisce ancora una volta un posto tra i primi dieci finanziatori dell'Organizzazione, ma è relativo solo al bilancio ordinario del Palazzo di Vetro. Ad esso va aggiunta una quota da quattro milioni di dollari indispensabile per far funzionare i vari tribunali internazionali e un'ulteriore addizionale da 28,5 milioni per saldare i costi generati solo nel primo semestre 2017 dalle missioni di peacekeeping. Il tutto senza dimenticare che le missioni di mantenimento della pace, come quella al confine libanese israeliano in cui ricopriamo dal 2006 un ruolo guida, hanno ulteriori costi di cui si fanno carico direttamente le nazioni partecipanti. Ma questo sarebbe il meno se l'Onu e le sue missioni servissero a qualcosa. Invece da 72 anni le Nazioni Unite non riescono neppure a sfiorare l'obiettivo per cui sono state create: garantire l'ordine mondiale. Per capirlo buttate un occhio al mappamondo.

Le maggiori crisi affidate alla soluzione dell'Onu, come la partizione della Palestina o il conflitto delle due Coree, si sono trasformate in piaghe bibliche ancor oggi largamente irrisolte. E il programma dell'Assemblea Generale di quest'anno - con ai primi quattro posti la Libia, la crisi nord coreana, il terrorismo e il cambiamento climatico - sembra fatto apposta per confermare la consuetudine. Nella questione coreana il Palazzo di Vetro conta meno di zero. E l'unica speranza d'una soluzione è lasciata alla mediazione di Pechino o Mosca. Per cancellare gli accordi sul cambiamento climatico - su cui l'Onu investiva da decenni - è bastato l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Quanto al terrorismo c'è da ringraziare il cielo che la lotta all'Isis sia stata lasciata agli americani in Irak e ai russi in Siria perché altrimenti il Califfato sarebbe ancora in piedi. Quanto alla Libia difficile scordare che dal 2014 i funzionari dell'Onu lautamente pagati per affrontare il problema dei migranti preferiscono soggiornare nei più sicuri alberghi di Tunisi anziché affrontare le incertezze libiche. A partire dall'inviato speciale per la Libia Ghassan Salamé che alla domanda se risieda nel Paese risponde di passarci la notte quando proprio deve. Del resto i predecessori hanno fatto anche di peggio lasciando che a soccorrere i migranti alla deriva nel Mediterraneo fossero l'Italia, l'Ue o un branco di Ong fuori controllo. Insomma all'indomani dell'apertura dell'Assemblea Generale l'unico augurio è che si arrivi ben presto alla sua chiusura. E, intendiamoci, non dell'Assemblea Generale soltanto, ma dell'intero Palazzo di Vetro e di tutte le sue dispendiose succursali.

Valeria Robecco: "L'esordio di Trump all'Onu: 'Sono qui per riformarla' "

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Valeria Robecco

New York Donald Trump sbarca al Palazzo di Vetro di New York presentando un biglietto da visita che la dice tutta sul suo rapporto con le Nazioni Unite. La riforma dell'organizzazione internazionale è infatti il primo degli argomenti affrontati dal presidente americano nel suo debutto all'Assemblea Generale. Una proposta da lui fortemente voluta per un'istituzione che in passato ha definito «obsoleta», un «club di gente che si riunisce, parla e si diverte». Questa volta invece, pur tornando a bacchettare il Palazzo di Vetro per la cattiva gestione, ha trovato un'inusuale intesa con il segretario generale Antonio Guterres. «L'Onu è stata fondata su principi molto nobili, come la dignità di tutte le persone e la pace internazionale, e ha aiutato a portare avanti questi obiettivi, ma negli ultimi anni non è riuscita a raggiungere il suo pieno potenziale a causa della burocrazia e della cattiva gestione», ha esordito Trump all'evento sulla riforma organizzato proprio dagli Usa, e che ha già incassato il supporto di 128 Paesi membri. Sottolineando che a proposito dei finanziamenti «nessun Paese dovrebbe accollarsi un peso troppo grande». «Il budget delle Nazioni Unite è aumentato del 140 per cento ma il suo staff è raddoppiato dal 2000, non vediamo risultati in linea con questo investimento», ha avvertito. Però, sotto Guterres, questo «sta cambiando, e velocemente».

Il commander in chief ha plaudito agli sforzi del segretario generale per rendere l'organizzazione più efficiente, e proprio sulla lotta alla burocrazia tra i due si è instaurata un'intesa. «Qualcuno mi chiede cosa mi tiene sveglio la notte? È la burocrazia», ha detto Guterres: «Non dimentichiamo che siamo qui per servire le persone, la riforma è per loro, per i contribuenti che lavorano sodo». «Insieme - ha continuato - stiamo facendo progressi su un'audace agenda di riforme e il nostro obiettivo è una Onu del 21° secolo concentrata più sui risultati che sulla burocrazia, come ha detto giustamente il presidente». D'altronde The Donald ha anticipato che il suo messaggio in mattinata dal podio dell'Assemblea Generale sarà proprio «make the United Nations great», fare le Nazioni Unite grandi. Ma «non di nuovo», ha precisato, sottolineando la differenza con il suo slogan «make America great again». In parallelo, il consigliere economico della Casa Bianca Gary Cohn ha affrontato il dossier caldo del clima in una colazione informale a Manhattan con una decina di ministri dell'Ambiente, tra cui l'italiano Gian Luca Galletti. Secondo Cohn è necessario lavorare insieme per promuovere un approccio equilibrato alla riduzione delle emissioni, che non sacrifichi tuttavia la sicurezza energetica e la crescita economica.

Quello di ieri mattina, ha riferito la Casa Bianca, è stato un incontro «utile, durante il quale si è discussa l'agenda energetica del presidente». Ma sull'accordo di Parigi «gli Usa rimangono sulla propria posizione, a meno che non possano rientrare con condizioni più favorevoli al Paese». Intanto Trump ha parlato al telefono con il collega cinese Xi Jinping, assente illustre a New York: i due leader hanno discusso nuovamente la situazione in Nord Corea, assicurando l'impegno a potenziare la pressione su Pyongyang attraverso un'applicazione vigorosa della risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu. E a margine del bilaterale con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, Trump ha rivelato che si «vedrà presto» anche il destino sul nucleare iraniano. Una eventuale uscita dall'intesa, però, «comporterebbe un alto costo per gli Stati Uniti», ha avvertito il presidente della Repubblica Islamica Hassan Rohani: «E non credo che gli americani sarebbero disposti a questo per qualcosa di inutile».

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