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Rassegna Stampa
27.06.2014 Così l'Anp stipendia i terroristi: la denuncia di Benjamyn Netanyahu
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Super stipendi ai terroristi palestinesi in cella»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 27/06/2014, a pag.12, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Super stipendi ai terroristi palestinesi in cella".
Mentre l'Anp sussidia il terrorismo, anche, come ricorda Fiamma Nirenstein, con i soldi dei contribuenti italiani ed europei, l'Ue e l'Italia aderiscono al boicottaggio antisraeliano delle attività economiche basate nelle "colonie", ipocritamente indicate come vero ostacolo alla pace:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=53938


Benjamyn Netanyahu

A destra, in alto, Abu Mazen festeggia la liberazione di detenuti palestinesi

Di seguito, l'articolo:


Fiamma Nirenstein

I prigionieri nelle carceri israeliane sono per Abu Mazen e per Hamas un fine e un mezzo primario, un faro che orienta la loro politica: più li aiuti, più riesci a tirarli fuori da dietro le sbarre, più mostri di occupartene, più la società palestinese ti ammira, ti attribuisce consenso. Anche l'ultimo terribile rapimento di tre ragazzini israeliani che tornavano da scuola è finalizzato a uno scambio tipo quello di Gilad Shalit,1.000 prigionieri fra terroristi con ergastoli multipli, contro quel soldato semplice. Proprio per questo ultimo episodio forse gli israeliani si sono risvegliati a una realtà conturbante, e mercoledì sera Benyamin Netanyahu ha presieduto un Gabinetto in cui è stato presentato un rapporto sui regolari stipendi che l'Autorità Palestinesi paga ai terroristi in carcere, naturalmente chiamati prigionieri politici, mese dopo mese. Questo costume, sia per l'entità sia per i criteri, stupisce e spaventa. Il ministero per i Prigionieri fra il 2011 e il 2012 ha trasferito un miliardo di shekel, ovvero 150 milioni di dollari a palestinesi imprigionati e alle loro famiglie. I singoli prigionieri ricevono mensilmente uno stipendio che arriva fino a 3.500 dollari, cifra molto significativa. Secondo i dati presentati dall'ufficio di Netanyahu, il governo di Ramallah codifica lo stipendio secondo gli anni cui un prigioniero è condannato. Bisogna pensare che in maggioranza non si tratta di crimini comuni, ma di attacchi terroristi, tentativi di rapimenti, bombe. Secondo il rapporto chi è condannato da uno a tre anni, riceve 1.500 dollari, e lo stipendio può arrivare a 3.500, e in casi speciali anche di più, se gli anni di condanna sono di più. Se hai preso trent'anni o l'ergastolo non importa se, come successo millevolte nella storia recente, le vittime degli attacchi sono civili, donne e bambini. Lo stipendio cresce con l'entità della condanna. Nel momento della liberazione, oltre a un tripudio di gioia che si può vedere in tutte le foto in cui Abu Mazen accoglie i prigionieri liberati sia dopo accordi con lo Stato d'Israele, sia che si tratti del ricatto dei rapimenti, attendono il reduce ingenti somme e alti gradi civili e militari. Chi ha fatto 5 o 6 anni riceve la posizione di ufficiale, chi ha completato trent'anni diventa generale, o ministro nel governo. I prigionieri liberati ricevono anche una liquidazione fino a 60miladollari, e tutti, se non ci sono posizioni disponibili, vengono sussidiati. Al di là della completa negazione quindi di ogni logica di rispetto per le vittime e per la lotta al terrore, per i giovani palestinesi si crea un incentivo economico a unirsi alle schiere del terrorismo. La soddisfazione sociale è tanta, perché i terroristi sono gli idoli locali, i ritratti degli shahid, imartiri, sono esposti ovunque; e il loro ethos, la loro ideologia, le loro gesta celebrate con canzoni, nomi delle piazze, corsi educativi. Fermare questo flusso di denaro è difficile. Intanto, i soldi raggiungono le famiglie tramite inarrestabili banche, e gran parte vengono da aiuti e Ong europee, italiane, regionali, cittadine che sotto l'etichetta umanitaria o del controllo dei diritti dei prigionieri versano fondi anche al ministero per i prigionieri o organizzazioni collaterali. L'Italia in dieci anni ha versato almeno 220 milioni di euro a Ong che finanziano progetti umanitari, alcuni certo utili, ma molti non controllati e trasparenti. Spesso i progetti sono generici. Quanti soldi del contribuente potrebbero essere finiti nel fiume di denaro convogliato verso le carceri?

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