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Rassegna Stampa
26.05.2013 Il terrorismo islamico attacca Parigi
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Militare pugnalato alla gola 'è stato un maghrebino' contagio dell'odio a Parigi»

Sul GIORNALE di oggi, 26/05/2013, a pag.15, con il titolo "Militare pugnalato alla gola 'è stato un maghrebino' contagio dell'odio a Parigi", Fiamma Nirenstein analizza l'attacco al militare francese da parte del terrorismo islamico.



Fiamma Nirenstein

Si chiama copy cat, effetto emulazione,ma qui sem­bra un’epidemia e ha il co­lore dell’aggressione islamista contro quel simulacro di socie­tà occidentale che i terroristi si figurano.Ieri,di nuovo,un mili­tare francese di guardia all’arco della Defense a Parigi è stato pu­gnalato alla gola da un uomo barbuto, di tipo nordafricano, di circa trent’anni, con indosso una jalabiah, ovvero la tradizio­nale tunica magrebina. Dopo aver tentato di tagliare la gola al soldato,l’uomo è riuscito a fug­gire. Per fortuna stavolta il mili­tare non è in pericolo di vita, è riuscito a difendersi.
Non si sa ancora molto della dinamica e del protagonista del­l’attentato (la polizia e il presi­dente Hollande non conferma­no nulla sull’origine del gesto). La società europea, la pubblica opinione europea e italiana, so­no garantiste, devono essere ga­rantiste, ma è molto difficile sot­trarsi all’idea­che il modello del­l’azione di questo ragazzo in ja­labiah
non sia il massacro del giovane cadetto inglese com­piuto da due convertiti al­l’islam nel quartiere londinese di Woolwich, e prima ancora non sia l’attentato di Boston da parte di due giovani ceceni ar­ruolati dal fondamentalismo islamico, e prima l’eccidio di bambini della sinagoga di Tolo­sa da parte di un altro islamista nordafricano, e prima.. e pri­ma... quanti attentati a Madrid, a Londra,un po’ dappertutto da quando la squilla è stata suona­ta l’11 settembre del 2001 con l’attentatoalle Twin Towers.La Francia è nel mirino dell’inte­gralismo islamico per ragioni demografiche e di difficile con­vivenza con una schiera im­mensa di immigrati che vivono innanzitutto nella banlieue di Parigi, ma ultimamente l’odio si è rinfocolato a causa dell’in­tervento armato in Mali al fian­co delle truppe di Bamako per ri­prendere il controllo del nord dove governavano gli islamisti. Ma la chiave degli attacchi in se­rie ha certamente un carattere più ideologico che storico. Lo prova un’intervista dell’imam Omar Bakri Mohammed che, espulso dall’Inghilterra, ha ap­pena dichiarato di considerare Adebolajo, l’assassino di Lon­dra, «molto coraggioso», che l’islam lo giustifica e che lo con­sidera un eroe. Un vero incita­mento a seguirlo. Bakri ha an­che aggiunto che forse è stato lui a suggestionarlo con le sue prediche. Non sappiamo se sia così, ma certo la suggestione ideologica islamista sta crean­do situazioni di violenza che si inseguono in tutta Europa, an­che nei luoghi più impensati, co­me la Svezia dove è in corso una rivolta che dura da sei giorni. Deve essere frustrante per i per­fettissimi svedesi trovarsi nella lista dei «travel warnings», le in­dicazioni del dipartimento di Stato circa i Paesi in cui è meglio «evitare o considerare il ri­schio » quando si decida di an­darci. Ci sono: Iran, Maurita­nia, Costa d’Avorio,Eritrea,Re­pubbliche del Centro Africa, Li­bia, Congo,Burundi,Sudan,Co­lombia, Pakistan, Libano... La li­sta comprende, grosso modo, terreni di guerra o jihadisti. La Svezia, ordinata, generosa nel welfare, intransigente sui diritti umani, aperta con gli immigra­ti, su poco più di 9 milioni di abi­tanti, all’ottavo posto al mondo per ricchezza procapite, ha il 27 per cento certificato di cittadini o figli di cittadini immigrati. E a Husby, sobborgo in cui ora si bruciano le auto, si menano le spranghe, si occupano le stra­de, l’80 per cento degli abitanti sono immigrati di seconda ge­nerazione. L’Iraq,l’Iran,il Liba­no, certi paesi africani, agglome­rano in v­ari quartieri di Stoccol­ma gruppi che non parlano sve­dese, schiavizzano le donne, contano un alto numero di abu­si sessuali, compiono mutilazio­ni genitali, e gli omicidi d’onore raggiungono cifre senza prece­denti. È il disprezzo per la socie­tà occidentale (che di fatto di­scrimina, con tutta la buona vo­lontà, perché non riesce a inte­grare a scuola e al lavoro questi immigrati difficili ideologica­mente) che porta alla violenza insieme agli insegnamenti del­l’imam. Un mio caro amico, lo scrittore Bruce Bawer, gay, deci­se di trasferirsi in Olanda col suo compagno sperando in una vita quieta. Il suo libro While Eu­rope slept («Mentre l’Europa dormiva»), ricorda che l’Euro­pa per lui era «Mozart e Beetho­ven, Matisse e Rembrandt, Dan­te e Carvantes». Ma Am­sterdam si è trasformata in un in­cubo di persecuzione antigay da parte degli immigrati. Con lui adesso soffre la Svezia, e ieri Parigi, Londra, Boston. Voglia­mo, finalmente prendere sul se­rio la questione «islam e immi­grazione »? O ci prenderanno per islamofobi per aver osato dirlo? In realtà qui non c’entra affatto l’islamofobia, ma il peso dell’ideologia nelle società mul­ticulturali e dominate dai me­dia moderni. È evidente che, ol­tre la nostra affettuosa remissi­vità multietnica, è tempo per un po’ di pensiero.

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