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Rassegna Stampa
02.12.2012 Velo, persecuzioni e censura, i sogni infranti del nuovo Egitto
Analisi di Gian Micalessin

Testata:
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Velo, persecuzioni e censura, i sogni infranti del nuovo Egitto»


Le notizie che arrivano dall'Egitto smentiscono le valutazioni del Ministro Riccardi, tutte ottimiste. Dai molti articoli, usciti oggi sui giornali italiani, riprendiamo quello di Gian Micalessin, sul GIORNALE, a pag.16, dal titolo
" Velo, persecuzioni e censura, i sogni infranti del nuovo Egitto ".

Lo chiamavano Islam Poli­tico e doveva essere il frutto maturo delle «Pri­mavere arabe ». Dietro la defini­zione si nascondeva l'illusione di veder nascere un movimen­to islamico ispirato da principi liberali e capace di conciliare la fede musulmana con il rispetto dei diritti umani, la tolleranza religiosa, l'eguaglianza femmi­nile ed il libero mercato. L'Egit­to dei Fratelli Musulmani era­ a detta di molti - la serra migliore dove far maturare quel frutto esotico. A 22 mesi dalla deposi­zione di Hosni Mubarak di quel frutto non c’è l'ombra. Al suo posto, come accusano i dimo­stranti d'ispirazione liberale tornati in piazza Tahrir, aleggia il fantasma di una nuova tiran­nia guidata dal presidente Mohammed Morsi e alimenta­ta­dall'ideologia dei Fratelli Mu­sulmani. La costituzione ispira­ta alla «sharia» fatta approvare dal presidente egiziano dimo­stra da sola come il movimento dei Fratelli Musulmani non ten­ti neppure di misurarsi sul pia­no della politica. Assumere co­me fonte del diritto il Corano equivale a delegittimare quan­to non previsto dal libro sacro e quindi cancellare qualsiasi principio di libertà e democra­zia.
Più della teoria contano però i fatti. I più eclatanti riguardano i cittadini egiziani finiti sotto ac­cusa per aver offeso l'islam. A settembre il maestro cristiano Bisshoy Kamel è stato condan­nato a sei anni di galera per aver
caricato su Facebook dei fumet­ti in cui, a dar retta alle accuse, si diffamava la religione islami­ca, il profeta Maometto, il presi­dente Morsi e la sua famiglia. La paradossale quadruplice ac­cusa, capace di frullare in un so­lo calderone il presidente, la re­ligione e il profeta prefigura l'aspirazione ad unificare fede, istituzioni e potere dando vita ad un sistema unico e totaliz­zante. Un sistema altrimenti chiamato stato islamico.Ad ali­mentare i timori di un’ulteriore involuzione contribuisce la sen­tenza dall'Alt­a Corte per la Sicu­rezza del Cairo che condanna a morte in contumacia il pastore americano Terry Jones e i sette egiziani copti autori del film an­ti i­slamico The Innocence of Mu­slims . Una sentenza in puro sti­le integralista decisa senza alcu­no straccio di prova. Un'auten­tica fatwa basata sull'idea che chiunque non rispetti l'islam e il Profeta meriti la morte. Una fa­twa che non minaccia i condan­nati, tutti residenti negli Stati Uniti, ma pende come una spa­da di Damocle sulla testa di Al­ber Saber, un blogger arrestato per aver caricato su Facebook degli spezzoni di The Innocence of Muslims .
L'afflato religioso della presi­denza Morsi e dei Fratelli Mu­sul­mani non garantisce comun­que neppure i buoni musulma­ni.
Come evidenzia un recente rapporto dall'Eipr (Egyptian Initiative for Personal Right) «il livello di torture messe in atto dalla polizia nell'ultimo mese e mezzo equivale a quello degli ultimi 18 mesi». La spiegazione secondo l'osservatorio va ricer­cata nella connaturata diffiden­za del nuovo regime nei con­fronti di riforme e libertà indivi­duali. «Morsi e il suo governo ­scrive il rapporto - sono ancora convinti che una riforma delle forze di polizia non garantireb­be più il controllo del paese». Nel settore dei diritti femminili c'è da star ancor meno allegri. Ai primi di settembre la lettura del telegiornale della tv egizia­na è stata affidata - per la prima volta in 50 anni- d una giornali­sta d­i fede islamica con il capo ri­gorosamente coperto dal velo. Dietro la brusca svolta molti leg­go­no la volontà dei Fratelli Mu­sulmani d'imporre a tutto il mondo femminile regole socia­li e comportamentali rigorosa­mente allineate ai principi isla­mici. Sul piano dei rapporti in­ternazionali le prospettive so­no ancora più allarmanti. Co­me fa notare il parlamentare li­berale Amr Hamzawy, il nuovo presidente evita nei suoi discor­si e ne­gli atti ufficiali qualsiasi ri­ferimento diretto all'esistenza d'Israele. Un atteggiamento as­solutamente in linea con quel­lo del movimento fondamenta­lista di Hamas. Un movimento di cui Morsi è diventato, dopo l'ultima crisi di Gaza, il vero pa­drino politico.

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