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Rassegna Stampa
08.04.2012 Un Occidente senza visione abbocca ai trucchi della Siria
Analisi di Livio Caputo

Testata:
Autore: Livio Caputo
Titolo: «Un Occidente senza visione abbocca ai trucchi della Siria»

Sul GIORNALE di oggi, 08/04/2012, a pag.12, con il titolo " Un Occidente senza visione abbocca ai trucchi della Siria ", il commento di Livio Caputo sui compromessi che caratterizzano l'atteggiamento occidentale nei confronti della Siria.
Ecco il pezzo:

Dopo oltre un anno di rivolte, progressivamente degenerate in guerra civile, per la Siria sta per scoccare l'ora della verità: in base al cosiddetto piano Annan, appro­vato dal Consiglio di Sicurezza con l'assenso anche di Russia e Ci­na e accettato dal presidente As­sad, martedì 10 aprile il regime do­vrebbe completare il ritiro dell' esercito dalle principali città e nel­le 48 ore successive sia le truppe governative, sia i ribelli dovrebbe­ro cessare le ostilità. Sarebbe il pri­mo passo per tentare una soluzio­ne pacifica, in cui Assad aprireb­be prima alle opposizioni e dopo un periodo di transizione passe­rebbe la mano. Il problema è che nessuno si fida della sua parola: troppe volte ha già finto di acco­gliere gli inviti della comunità in­ternazionale a porre fine al massa­cro (quasi diecimila morti in un anno, di cui - per la verità - da due a tremila appartenenti alle forze di sicurezza) per continuare im­perterrito con le operazioni milita­ri contro quelli che definisce «ter­roristi al soldo di Paesi stranieri». Sebbene Damasco abbia fatto sa­pere di avere già tolto l'assedio a Deraa e Idlib, due degli epicentri della ribellione, anche ora le previ­sioni non sono ottimiste. L'amba­sciatore americano a Damasco Ford ha reso noto che, in base alle osservazioni satellitari, i movi­menti di truppe sono stati finora trascurabili e in buona parte fitti­zi. Il ministro degli Esteri francese Juppé ha dichiarato: «Come si fa a non essere pessimisti?» e lo stesso segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, principale promotore del piano Annan, ha condannato ancora poche ore fa il regime per­ché, nonostante gli impegni as­sunti, continua ad uccidere.
Secondo fonti dei rivoltosi, ci sa­rebbero stati 77 morti giovedì, 35 venerdì e oltre 80 ieri, e 3.000 per­sone hanno cercato rifugio nella
vicina Turchia. Ad ogni buon con­to, l'Onu si prepara a inviare in Si­ri­a da 200 a 250 osservatori per mo­nitorare il rispetto di un eventuale cessate il fuoco; e l'Italia darà, per finanziare questa operazione, un contributo di 650mila euro.
Su un punto sono tutti d'accordo: il piano Annan rappresenta l'ulti­ma speranza per mettere fine allo spargimento di sangue senza un intervento militare esterno, che solo la Lega Araba, con Arabia sau­dita e Qatar in testa, sponsorizza­no ma che l'Occidente ha già vir­tualmente escluso. In vista della possibilità che, ancora una volta, la mediazione internazionale falli­sca, lo scorso weekend i rappre­sentanti di oltre ottanta nazioni «amiche del popolo siriano» (tra
cui il Segretario di Stato america­no Hillary Clinton, ma né un rus­so, né un cinese) hanno incontra­to a Istanbul i principali esponen­ti del Consiglio nazionale siriano, sorta di governo provvisorio in esi­lio che afferma di coordinare la ri­volta. Obbiettivo della conferen­za era di esaminare come il mon­do esterno poteva aiutare a scon­figgere Assad, ma la montagna ha partorito un topolino: la promes­s­a da parte dei Paesi arabi interes­sati a sostenere una rivolta guida­ta da sunniti contro un regime alawita (setta di ambito sciita) di mettere a disposizione del Cns un centinaio di milioni di dollari da distribuire ai combattenti e l'im­pegno degli Usa a fornire aiuto umanitario e materiale di comuni­cazione.
La consegna diretta di ar­mi non è stata neppure presa in considerazione.
In attesa del 10 aprile, ci si doman­d­a quali fattori possano influenza­re le decisioni di Assad. Non c'è dubbio che le severe sanzioni comminate contro il regime e che, con la significativa eccezione di Russia e Cina, tutti rispettano, ab­bia già minato profondamente la solidità del regime, alienandogli buona parte della borghesia mer­cantile che lo aveva sempre soste­nuto.
Altrettanto certo è che, nell' ultimo mese, la ribellione si sia estesa da alcune province all'inte­ro Paese, comprese Damasco ed Aleppo, e che un numero crescen­te di soldati stia disertando per unirsi agli insorti, spesso portan­do loro in dotazione le armi. Infi­ne, sono cominciate le defezioni di ministri, alti funzionari e anche ufficiali delle forze armate, ansio­si di riposizionarsi per tempo.
Con la prospettiva di una fine cruenta del suo potere, in cui ri­schia di perdere la vita, il presiden­te potrebbe anche essere tentato da un piano che, almeno sulla car­ta, gli garantisce la sopravvivenza e gli lascia un po' di spazio di ma­novra. Ma è solo una speranza,
per non dire un'illusione.

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