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Rassegna Stampa
17.10.2011 L'esempio di Israele, anche l'opposizione ha il senso dello Stato
L'analisi di Magdi Cristiano Allam

Testata:
Autore: Magdi Cristiano Allam
Titolo: «L'esempio di Israele, anche l'opposizione ha il senso dello Stato»

Magdi Cristiano Allam analizza sul GIORNALE di oggi, 17/10/2011 a pag.14, con il titolo "L'esempio di Israele, anche l'opposizione ha il senso dello Stato" un fenomeno politico che si registra solo in Italia. E prende come esempio Israele, con osservazioni acute, che sottoponiamo ai nostri lettori.

Potrebbe mai accadere che Bersani, Di Pietro, Vendola o an­che Fini e Casini, trovandosi in vi­sita ufficiale all'estero, difendano la politica estera del governo Ber­lusconi? È semplicemente incon­ce­pibile in questa nostra Italia do­ve manca del tutto il senso dello Stato e la cultura dell'interesse na­zionale. Eppure guardandoci at­torno scopriamo che, nell'ambito dei Paesi occidentali e democrati­ci, siamo pressoché un'eccezio­ne, purtroppo in negativo.
Ce lo testimonia anche Israele, l'unica democrazia sostanziale dell'insieme del Medio Oriente. L'11 ottobre il presidente della Knesset (Parlamento israeliano), Reuven Rivlin, esponente del Likud, il partito di destra capeggia­to dall'attuale capo del governo Benjamin Netanyahu, è stato in vi­sita nella sede del Parlamento Eu­ropeo a Bruxelles. Ho avuto mo­do, nella mia veste di vice-presi­dente vicario della Delegazione del Parlamento Europeo con lo Stato di Israele, di condividere la prima colazione con Nachman Shai, capo della Delegazione del­la-Knesset per i rapporti con il Par­lamento Europeo. Shai è un depu­tato del partito centrista Kadima, il principale rivale del Likud gui­dato da Tzipi Livni. E' un brillante politico con un passato da giorna­li­sta e portavoce dell'Esercito. Po­liglotta e affabile, ha una straordi­naria capacità comunicativa.
Nel suo intervento mattutino in un'aula riservata del ristorante del Parlamento, Shai ci ha detto chiaramente che come esponen­te dell'opposizione auspica la ca­duta del governo Netanyahu e la sua sostituzione con il suo partito. Ma nella sua veste di rappresen­tante della Knesset, dell'insieme del Parlamento israeliano, Shai ha difeso senza alcuna esitazione la politica del governo Netanyahu su tutti i fronti, dal conflitto con i palestinesi specie la guerra con­tro il terrorismo di Hamas, alla ge­stione dei rapporti con l'Egitto, la Giordania, la Turchia e l'Iran. Per circa un'ora Shai ha parlato in per­fe­tto inglese facendo proprie la po­litica del governo d'Israele. Ha condannato l'iniziativa del presi­den­te palestinese Abu Mazen di ri­chiedere al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la proclamazione unila­terale dello Stato della Palestina; ha denunciato l'atteggiamento ol­tranzista del premier turco Erdo­ga­n che ha cacciato l'ambasciato­re israeliano e rotto tutti i rapporti con Israele per il rifiuto di Netan­yahu di porgere delle scuse ufficia­li per l'uccisione di 9 attivisti tur­chi pro-Hamas che il 31 maggio 2010 tentarono a bordo della nave Marmara di rompere il blocco na­vale per approdare a Gaza; ha con­diviso la preoccupazione del suo governo per il deterioramento dei rapporti con l'Egitto dopo il vio­l­ento assalto di migliaia di manife­stanti all'ambasciata israeliana al Cairo lo scorso 10 settembre, oc­cupandola, saccheggiandola e is­sando la bandiera egiziana al po­sto di quella con la stella di David, costringendo l'ambasciatore e i di­plomatici alla fuga.
Se Shai fosse stato un esponente del Likud e persino il portavoce uf­ficiale del governo Netanyahu, non avrebbe probabilmente usa­to parole diverse per sostenere la politica ufficiale dello Stato. Pur
sottolineando in alcuni passaggi che lui è all'opposizione, ha sem­pre prevalso un solido senso dello Stato, un indubbio spirito di unità nazionale quando si tratta di pre­sentare al resto del mondo la real­tà di Israele, facendoci toccare con mano l'assoluta preminenza dell'interesse supremo dello Sta­to sopra qualsiasi altra considera­zione partitica o ideologica.
La difesa di Shai della politica di Netanyahu di fronte ad un'assise internazionale è ancor più singo­lare se si tiene conto che Israele è notoriamente una nazione più che vivace sul piano della dialetti­ca politica,
al punto che è diffuso il detto che se due israeliani s'incon­trano danno vita a tre partiti. Shai a Bruxelles capeggiava una dele­gazione della Knesset di cui fanno parte esponenti di vari partiti e lui ha parlato con lo spirito dello stati­sta che si ele­va al di sopra delle ris­sosità e delle contingenze, focaliz­zando l'interesse esclusivamente sul bene comune degli israeliani.
Ebbene questo senso dello Stato
in Italia manca del tutto! Ammettiamolo che la cultura politica prevalente è quello dello scontro fron­tale tra i parti­ti, dove la vit­toria dell'uno deve tradursi inesorabilmen­te nell'annienta­m­ento dell'avversa­rio e la conquista del potere corrisponde automati­camente all'azzeramento di tutto ciò che era stato precedentemen­te fatto. La nostra visuale è miope, partitica, faziosa, siamo eterna­mente in campagna elettorale. Non abbiamo il respiro lungo che ci consentirebbe di elaborare del­le st­rategie finalizzate al consegui­mento del bene dei nostri figli e dei nostri nipoti. Tutto deve poter­si monetizza­re al più presto possi­bile nella crescita dei voti per rove­sciare chi sta al governo e poterlo rimpiazzare costi quel che costi, indipendentemente dal consen­so popolare, indifferenti alle veri­fiche parlamentari e insensibili all'interesse supremo della nazio­ne.
Questo nostro comportamento tradisce un male profondo e diffu­so che evidenzia la perdita dei va­lori fondanti della civile conviven­za, il disprezzo del buon senso, la rinuncia alla ragione e il venir meno del sano amor proprio. As­s­umerne la con­sapevolezza è già molto. Conquistare il senso dello stato e acqui­sire la cultura dell'interesse supremo della nazione deve rap­presentare il percorso formativo che ci veda tutti partecipi con lo spirito costrutti­vo di chi ha veramente a cuore il
bene degli italiani.

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