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Rassegna Stampa
19.06.2011 E'in arrivo il nuovo impero ottomano
L'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Ottomani da Sarajevo a Damasco, il nuovo impero secondo Erdogan»

Che nei progetti futuri di Erdogan possa esserci la restaurazione in qualche forma dell'impero ottomano non è una idea campata in aria, prima o poi arriveranno ad accorgersene anche i sapientoni analisti nostrani. E la via per arrivarci passerà per l'accelerazione delle caratteristiche islamiste dello stato, esattemente ciò che sta realizzazzando il governo Erdoga.
Lo analizza oggi, 19/06/2011, sul GIORNALE, a pag. 15, Fiamma Nirenstein, in un pezzo dal titolo " Ottomani da Sarajevo a Damasco, il nuovo impero secondo Erdogan "
Ecco l'articolo:

Era immenso, era poten­tissimo, è il fantasma che an­cora oggi ci perseguita: il pote­re islamico sul mondo intero. Ed era qui solo l'altro ieri l'Im­pero Ottomano che, svanito dalla mappa alla fine della pri­ma guerra mondiale, glorio­samente si impossessò dell' orbeterracqueo nel 14˚ seco­lo, diramandosi dalla Tur­chia e espandendosi dalla co­sta atlantica del Marocco al Volga in Russia, dal confine austroungarico allo Yemen e persino all'Etiopia. Poi, nel 18˚ secolo cominciò a perde­re i pezzi: prima il Mar Nero e ilCaucaso; nel19˚ seneanda­rono i Balcani insieme alla Grecia; perse nel ventesimo le terre arabe, tutte quante, di cui era padrone. Gran parte del mondo musulmano ri­pensa all'Impero Ottomano come alla indispensabile sor­te di potenza che il mondo islamico merita e deve rinno­vare. E adesso Recep Tayyip Erdogan non solo ci pensa, ma, dopo la vittoria elettorale con 325 seggi su 550,non rie­sce a contenere l'ambizione e, sia pure alla sua maniera astuta lo annuncia: torna l'Impero.
Il discorso successivo alla vit­toria dell'AKP, la seconda do­po quella del 2002 per il parti­to islamico che ha rivelato lentamente, con cautela, la sua decisione di tagliare con la Turchia secolare fondata nel 1920 da Kemal Atatürk e diventata nel 1950 una demo­crazia multipartitica. Non è andato per il sottile: giornali­sti, giudici, militari in galera, condizione della donna peg­giorata, leggi limitative per In­ternet.
Adesso Erdogan, nel discor­so delle vittoria del 12 giu­gno, ha spiegato a che serve tutto questo: «Credetemi, Sa­rajevo oggi ha vinto altrettan­to quanto Istanbul, Beirut tanto quanto Smirne, Dama­sco quanto Ankara; Ramal­lah, Nablus, Jenin, la Cisgior­dania, Gerusalemme, hanno vinto altrettanto quanto Di­yarbakir ». Tutte le città che rappresentano il secondo ter­mine di paragone sono tur­che. Tutte le prime, sono poli dell'Impero Ottomano.
Sarajevo è stata un emblema della conquista ottomana, tanto che i turchi la usarono come capitale dalla metà del quindicesimo al tardo dicias­settesimo secolo. Anche do­po la loro sconfitta sotto le mura di Vienna nel 1697, fa notare la studiosa ed ex don­na di intelligence americana
Il fulcro è l'Iran, che la Tur­chia ha difeso dalle sanzioni all'ONU nel 2010.
Erdogan, anche in risposta al­la politica di rifiuto da parte eu­ropea e in ragione della sua ispirazione islamica, ha in que­sti anni spostato l'asse della sua azione internazionale dall' Occidente al mondo islamico. Il suo eccitato odio per Israele, bandiera di un cambiamento totale dato che la Turchia era amica dello Stato ebraico, è la migliore propaganda del nuo­vo asse turco. Erdogan la gesti­sce con calcolo e astuzia: ha in­sultato Shimon Peres a
Davos, ha spedito a Gaza la prima flot­­tiglia, ancora non è chiaro co­sa farà con la seconda, cerca di riabilitare Hamas… Oggi la sua politica non attraversa un momento felice. È in difficoltà a causa della pressione dei pro­fughi siriani ai­confini e alla cru­deltà del suo partner Assad; ve­de che la rivolta che si allarga anche al Libano, dove gli hezbollah, padroni del nuovo governo e primi sostenitori del­la Siria e del suo sodale irania­no, vengono in queste ore con­­testati dalla folla. Erdogan ha scelto un giuoco in bilico, e conta sulla consueta ambigui­tà fra il ruolo 'moderato' della Turchia cui tutto il mondo guarda con patetico fideismo, e la sua muova mercuriale lea­dership islamica. Unico mem­bro islamico della Nato, amico della nuclearizzazione dell' Iran, nemico giurato di Israele. Insomma, un suo impero otto­mano numero due sarebbe peggio di quello originale.

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