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israele.net Rassegna Stampa
21.08.2022 Il reiterato negazionismo di Abu Mazen è un serio problema (e servono a poco le insincere ritrattazioni)
Analisi di Herb Keinon

Testata: israele.net
Data: 21 agosto 2022
Pagina: 1
Autore: Herb Keinon
Titolo: «Il reiterato negazionismo di Abu Mazen è un serio problema (e servono a poco le insincere ritrattazioni)»
Il reiterato negazionismo di Abu Mazen è un serio problema (e servono a poco le insincere ritrattazioni)
Analisi di Herb Keinon

(da Israele.net)

Herb Keinon
Herb Keinon


Abu Mazen

Si consideri questa notizia tratta dal sito web della BBC: “Il leader palestinese Abu Mazen si è scusato per le osservazioni che ha fatto sul popolo ebraico e sull’Olocausto. In una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio… ha definito l’Olocausto come ‘il crimine più efferato della storia’.” Sembra l’esatto resoconto del “chiarimento” rilasciato da Abu Mazen circa le dichiarazioni che ha fatto martedì scorso in Germania (di tutti i luoghi possibili), quando ha sostenuto che Israele ha commesso “50 Olocausti” contro i palestinesi, giusto? Sbagliato. La citazione è tratta da una notizia diffusa della BBC il 4 maggio 2018. Anche allora Abu Mazen – l’autore di un libro che minimizza la Shoà, basato sulla sua tesi di dottorato in un’università sovietica – fu costretto dall’indignazione internazionale a ritrattare le proprie parole circa quell’evento unico nella storia. Quella volta Abu Mazen – di cui la BBC scrisse con splendido understatement britannico che in passato “ha suscitato polemiche con le sue opinioni sulla storia ebraica” – aveva detto che il genocidio contro gli ebrei in Europa era stato causato non dell’antisemitismo, ma dalle attività bancarie ebraiche. “Quindi la questione ebraica diffusa in tutta Europa – aveva detto Abu Mazen – non era contro la loro religione, ma contro la loro funzione sociale, che ha a che fare con l’usura, le banche e simili”. Attaccato per aver ripetuto quella che l’inviato speciale dell’Onu per il Medio Oriente Nickolay Mladenov definì “una delle più spregevoli calunnie antisemite”, Abu Mazen pronunciò la summenzionata frase sul “crimine più efferato della storia”, e la tempesta si calmò. Quindi mercoledì scorso i suggeritori nell’ufficio di Abu Mazen, dovendo raccapezzarsi su come quietare il furore per la sua ultima sconcezza sulla Shoà, non hanno avuto bisogno di essere molto creativi. Tutto quello che hanno dovuto fare è stato scartabellare il copione di Abu Mazen e tirar fuori la stessa citazione, praticamente parola per parola, e anche questa volta la tempesta si calmerà. “Il presidente Abu Mazen – ha riferito mercoledì l’agenzia di stampa palestinese WAFA – riafferma che l’Olocausto è il crimine più efferato nella storia umana moderna”. Dunque, tutto qua: se non ci sono conseguenze, non c’è alcun problema. E invece sì che è un problema, un bel problema. E a vari livelli. È un problema perché è una vile falsificazione della storia. È un problema perché banalizza la Shoà in modo indecente. È un problema perché è una diffamazione antisemita che serve per demonizzare lo stato ebraico. È un problema perché gioca sulla (falsa) convinzione, ancora dominante in gran parte del Medi Oriente, secondo cui l’Occidente avrebbe creato Israele come “risarcimento” per la Shoà. Ma se gli stessi ebrei hanno perpetrato “50 Olocausti”, come sostiene Abu Mazen, allora non c’è alcuna giustificazione al mondo per la creazione dello stato d’Israele come (presunto) risarcimento per “un solo Olocausto”. Abu Mazen ha già negato in passato che ci siamo mai stati Templi ebraici a Gerusalemme, negando così qualsiasi giustificazione storica o religiosa per uno stato ebraico in questa parte del mondo. Ora, con queste dichiarazioni cerca di minarne la giustificazione morale. È un problema anche perché inquina ogni possibilità di dialogo tra israeliani e palestinesi. CNN, BBC, New York Times & company riporteranno la frase di Abu Mazen e il suo “chiarimento” e passeranno oltre. La cosa verrà rapidamente dimenticata con la prossima tornata di notizie. Gli israeliani no. Loro la ricorderanno. Forse non le parole esatte, ma di certo il concetto di fondo. Ma – pensa un po’ – è con quegli israeliani che Abu Mazen dovrebbe fare la pace, non con Amnesty International e Human Rights Watch, due organizzazioni che sicuramente assolveranno subito Abu Mazen per i suoi strafalcioni sulla Shoà: strafalcioni che certo non alimentano molto la fiducia degli israeliani nel fatto che vi sia qualcuno dall’altra parte, in questo momento, con cui possano fare la pace. Cosa particolarmente vera questa settimana: solo due giorni prima delle frasi di Abu Mazen in Germania, Hamas e Jihad Islamica Palestinese hanno definito “eroico” l’atto di un terrorista palestinese che ha aperto il fuoco a Gerusalemme ferendo otto civili, tra cui in modo grave una donna incinta a cui ha sparato nella pancia. La pace inizia nei cuori e nelle menti. Questi commenti dalle due estremità dello spettro dirigente palestinese, Hamas da un lato e Fatah dall’altro, non stanno esattamente conquistando i cuori e le menti degli israeliani, che dovrebbero acconsentire a fare ogni concessione per la pace. “Per favore, aderite alla pace – ha esclamato Abu Mazen rivolgendosi agli israeliani in chiusura della sua conferenza stampa in Germania – Per favore, aderite alla sicurezza. Costruiamo la fiducia tra noi e voi”. Come come? Nella stessa conferenza stampa, Abu Mazen accusa Israele d’aver perpetrato “50 Olocausti” contro i palestinesi e poi parla di costruire fiducia? Ovviamente questa mistura non può funzionare e Abu Mazen lo sa bene. Come facciamo a sapere che lo sa? Perché nel marzo 2014, alla vigilia della giornata israeliana della Shoà, una settimana dopo aver firmato un (ennesimo) accordo di riconciliazione con Hamas e proprio mentre i colloqui di pace patrocinati da John Kerry stavano per essere affossati dai palestinesi, Abu Mazen cercò di fare appello al pubblico israeliano. E il modo che scelse per lanciare quell’appello fu affermare che l’Olocausto è stato “il crimine più efferato che si sia verificato contro l’umanità nell’era moderna”. Già sentita? E’ praticamente la stessa espressione, parola per parola, che ha usato mercoledì. E la frase venne lodata in molti ambienti come un riconoscimento rivoluzionario da parte del leader palestinese della sofferenza ebraica durante la Shoà. All’epoca, l’allora primo ministro Benjamin Netanyahu, a costo di risultare antipatico la commentò in modo diverso. In un’intervista alla CNN, disse: “Penso che ciò che il presidente Abu Mazen sta cercando di fare è rabbonire l’opinione pubblica occidentale, che capisce che ha appena sferrato un colpo micidiale al processo di pace”. Parole tragicamente vere oggi, come lo erano otto anni fa.
 (Da: Jerusalem Post)

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