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ANSA Rassegna Stampa
05.08.2014 Un' israeliana di origine italiana racconta come si vive al fronte sotto i razzi di Hamas
Reportage di Massimo Lomonaco

Testata: ANSA
Data: 05 agosto 2014
Pagina: 1
Autore: Massimo Lomonaco
Titolo: «Italiana su linea fronte,15 secondi per fuggire Vive in kibbutz confine,'prima di Hamas armonia con palestinesi'»

Riprendiamo da ANSA il lancio di Massimo Lomonaco del 04/08/2014 dal titolo:  "Italiana su linea fronte,15 secondi per fuggire Vive in kibbutz confine,'prima di Hamas armonia con palestinesi"



Massimo Lomonaco


Nel kibbutz di Tkuma

TEL AVIV, 4 AGO - ''Sono la signora 15 secondi: questo e' il tempo che ho da quando scatta l'allarme per andare nei rifugi. Ma quello che forse ora fa piu' paura sono i tunnel''. Paola Cantori, genovese, due figli, e' uno dei circa 150 italiani che, trasferitisi negli anni in Israele, vivono sul fronte della guerra nei kibbutz o nelle moshav a ridosso della Striscia. La comunita' piu' numerosa è Ruhama, un kibbutz storico dell'emigrazione italiana da queste parti. 56 anni, dal 1981 in Israele, Cantori abita a Tkuma (Resurrezione, in ebraico), una fattoria agricola - anzi ''un immenso giardino'' - che in linea d'aria dista 7 chilometri dal nord di Gaza. La zona ora e' zona militare presidiata strettamente dall'esercito israeliano. ''Non abbiamo il rifugio dentro casa. Quelli che abbiamo sono tutti sotto terra. Ma la notte non ci andiamo e di solito - racconta ancora la signora, sposata ad un medico che lavora a Beersheva, anche lui genovese - ci raduniamo tutti nella parte dell'edificio che consideriamo piu' sicura. E speriamo che vada bene. Anzi preghiamo''. Per tutti la sensazione peggiore e' quella quella ''di non sapere dove il razzo cada''. Ma ora cio' che teme di piu' sono i tunnel da Gaza scoperti dall'esercito. ''Qui da noi per ora non ne hanno trovati, ma nel kibbutz vicino ad Alumim - spiega - ne hanno scoperti due. Ed e' terribile pensare che esci nel giardino di casa tua e uomini armati arrivano e uccidono te e tutta la tua famiglia''. Cantori sei anni fa si e' salvata per miracolo da un razzo mentre era a Sderot, cittadina non distante da Tkuma, bersagliata dalla Striscia: ''Sono anni che viviamo sotto i missili, anche quando non c'erano guerre come questa. Quattro mesi fa in un giorno ne sono caduti dieci, uno dopo l'altro. Non facevamo in tempo a scappare''. Da quando Israele ha lasciato Gaza ed ''e' arrivata Hamas al potere'', Cantori ne ha contati quasi mille. ''Per anni Israele non ha risposto, nonostante le nostre invocazioni di fare qualche cosa, perche' non vivevamo piu'. Intendiamoci bene: qui - dice - non vogliamo e non amiamo la guerra. Ci fanno profonda compassione le immagini che vediamo da Gaza, ma e' la stessa che proviamo per i nostri bambini e figli quando siamo sotto attacco dei missili. E poi cosa dovremmo fare? Dovremmo spegnere il sistema antimissili Iron Dome cosi' il mondo proverebbe compassione anche nel vedere i nostri morti sotto tutti questi razzi? No, questo non lo vogliamo e Israele protegge i suoi cittadini''. Per Cantori ora la speranza e' affidata ad un ''accordo diplomatico che li fermi. Perche' per ora questo ping pong non e' servito a nulla. Ma bisogna avere un'altra parte con cui trattare. E Israele non ce l'ha''. Eppure nei suoi ricordi c'e' un tempo felice: ''qui - racconta - vivevamo in armonia con i palestinesi: si andava a Gaza al mare, a comprare le stoffe e il resto perche' costava di meno. Molti palestinesi lavoravano qui con noi. E vivevano bene. Ed alcuni sono rimasti e stanno ancora tra noi. Poi e' arrivata Hamas... Tutto - conclude - e' cambiato''.

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