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La Gazzetta dello Sport Rassegna Stampa
16.10.2018 Ritratto di Arpad Weisz, il maestro di calcio ebreo assassinato nella Shoah
Commento di Andrea Schianchi

Testata: La Gazzetta dello Sport
Data: 16 ottobre 2018
Pagina: 11
Autore: Andrea Schianchi
Titolo: «Ottant'anni fa l'ultima partita in Italia di Weisz. Il maestro ebreo di calcio cacciato dai fascisti»

Riprendiamo dalla GAZZETTA dello SPORT di oggi, 16/10/2018, a pag. 11, con il titolo "Ottant'anni fa l'ultima partita in Italia di Weisz. Il maestro ebreo di calcio cacciato dai fascisti", il commento di Andrea Schianchi.

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Arpad Weisz

Era il 16 ottobre 1938, proprio ottant'anni fa. Una domenica d'autunno. Lo Stadio Littoriale di Bologna non era strapieno, soltanto 9000 spettatori: la gente cominciava a tirare la cinghia, i soldi erano pochi e mettere in tavola un piatto di minestra per moglie e figli era più importante che correre a vedere Bologna-Lazio, sfida valida per la quinta giornata del campionato di Serie A. Gli emiliani si schierarono con questa formazione: Ferrari; Pagotto, Ricci; Montesanto, Andreolo, Marchese; Biavati, Sansone, Puricelli, Fedullo, Reguzzoni. La Lazio rispose con: Blason; Monza, Allemandi; Zacconi, Ramella, Milano; Busani, Riccardi, Piola, Vettraino, Costa. L'arbitro era il signor Barlassina di Novara. Il 2-0 per i rossoblù fu deciso dai gol di Puricelli e Andreolo. Ma quella partita passerà alla storia perché fu l'ultima dell'allenatore ebreo Arpad Weisz, un illuminato ungherese che, guidando l'Inter, ebbe il merito di scoprire il talento di Giuseppe Meazza quand'era ancora un ragazzino.

DOLORE Weisz era arrivato a Bologna nel 1935 e aveva condotto i rossoblù a conquistare due scudetti (1936, 1937) e a battere addirittura i maestri inglesi del Chelsea nella finale del Trofeo dell'Esposizione a Parigi (una Champions League ante litteram). Aveva metodi innovativi: disegnava schemi sulla lavagna e li faceva applicare ai suoi giocatori durante gli allenamenti, in un'epoca in cui i tecnici non si mettevano nemmeno in tuta e dirigevano le operazioni a bordocampo in giacca e cravatta. Grazie a lui l'Italia conobbe il calcio danubiano, con tutti i suoi segreti e le sue bellezze. Ma non c'era più posto per lui, nell'Italia fascista. Il regime di Benito Mussolini aveva promulgato le leggi razziali. Weisz si dimise dalla carica di allenatore del Bologna il 22 ottobre, nel gennaio del 1939 scappò con tutta la famiglia a Parigi, e di lì in Olanda dove trovò un ingaggio come tecnico del Dordrecht. I nazisti lo scovarono il 2 agosto 1942: la Gestapo lo arrestò assieme a moglie e figli. Deportati in campo di concentramento. La moglie Elena e i piccoli Roberto e Clara finirono subito nelle camere a gas di Birkenau. Arpad Weisz, dopo essere stato inviato ai lavori forzati in Alta Slesia, stremato e denutrito, scomparve il 31 gennaio 1944. Una targa allo stadio di Bologna lo ricorda. Mai dimenticare l'orrore.

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andrea.monti@gazzetta.it

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