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L'Opinione Rassegna Stampa
24.05.2010 Coop & Conad boicottano i prodotti d'Israele, ecco come reagire
La cronaca di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 24 maggio 2010
Pagina: 5
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «La Coop e la Conad non venderanno più prodotti agricoli israeliani»
L'OPINIONE pubblicherà domani l'articolo di Dimitri Buffa che qui anticipiamo:
La notizia è uscita ieri domenica 23 maggio nella rubrica "Lettere a IC"
Dopo i marchi delle due ditte, è possibile telefonare alla casa madre Coop tramite un numero verde. Per la sottomarca Conad purtroppo c'è solo indirizzo e numero di telefono. Si spende un po' ma vale la pena.
Intasiamogli la linea telefonica.

"LA COOP E LA CONAD NON VENDERANNO PIU’ PRODOTTI AGRICOLI ISRAELIANI "

Chi la fa, l'aspetti
per inviare i più cordiali saluti...
COOP NUMERO VERDE, chiamare subito !  800-80-55-80
CONAD: 
Soc. Coop. - Via Michelino, 59 40127 BOLOGNA - tel 051 508 111


La campagna di odio antiisraeliano di Forum Palestina, unita alla burocrazia del “politically correct” a ogni costo, tipica delle dirgenze della Coop e della Conad, sono riuscite a ottenere un brillante risultato: la fine dell’importazione di prodotti agricoli “made in Israel” . Che poi questi prodotti, distribuiti in Italia dalla Carmel -Agrexco, comprendano anche quelli prodotti in Giudea e Samaria, cioè territori definiti “occupati” (in realtà “contesi”, ndr) dai boicottatori anti israeliani di professione, solo per lo 0,4%, è cosa che poco importa chi promuove oggi le stesse campagne contro i commercianti ebrei che venivano fatte nell’Eurpa di Hitler.
Siccome le etichette non sono chiare, dicono i responsabili qualità e prodotto di Coop Italia, ‘abbiamo pensato bene’ di “sospendere del tutto gli approvvigionamenti di merci prodotte nei territori occupati e quindi valutare se esistano possibilità di specificare maggiormente l'origine del prodotto, al fine di consentire per il consumatore finale una reale distinzione tra i prodotti made in Israel e quelli eventualmente provenienti dai territori occupati.” Che poi questo sia un danno in primis ai non pochi arabi israeliani e palestinesi che lavorano i medesimi prodotti agricoli prodotti in Giudea e Samaria, ancorchè pari solo allo 0,4% dell’intero prodotto agricolo esportato verso l’Italia, è cosa che a Forum Palestina non importa.
Loro dovevano boiccotare i prodotti agricoli israeliani e Coop e Conad sono stati d’accordo.
La lettera della Coop è firmata dal direttore qualità Maurizio Zucchi, un burocrate che, si capisce anche da come scrive, relaziona in realtà decisioni non sue, e da Gianlugi Covili per la Nordiconad, che è il gruppo cooperativo con funzione di centro di acquisto e distribuzione di Conad che opera in nord Italia.
Incredibile proprio la lettera firmata da Zucchi per i luoghi comuni e le semplificazioni che descrive dettagliatamente in un testo che l’azienda ha spedito al gruppo di boicotattori internazionali dell’agricoltura isareliana che fanno capo alla associazione “Stop Agrexco Italia –
Coalizione italiana contro l'Agrexco”, con sede a
Casalecchio di Reno e che poi risultano essere uan sorta di terminale italiano della “Coalition Contre Agrexco”, locata in Francia.
Ci si lamenta tanto e giustamente delle scritte anti semite nelle grandi città come Roma. I cui insulti poi si estendono per proprietà transitiva a chi si è dimostrato, o semplicemente si dichiara, “amico di Israele”, persino al sindaco Gianni Alemanno (con quel po’ po’ di passato fascista che si ritrova), ma poi se le grandi aziende cooperative che distribuiscono in Italia i prodotti alimentari si comportano così, che cosa c’è da stupirsi?
Scrive tra l’altro Zucchi della Coop, rivolgendosi in maniera più che ossequiosa ai gruppi tra cui Forum Palestina che hanno prodotto questa ignobile campagna di boicottaggio: “In risposta alla Vostra lettera del 30 marzo 2010 ed a quanto da Voi manifestatoci nel corso dell’incontro del 6 maggio, siamo a comunicarVi quanto segue.
Vi ringraziamo della disponibilità al confronto e per le informazioni che ci avete reso disponibili in merito alla grave situazione esistente nei territori occupati, che ci confermano alcune segnalazioni pervenuteci anche dalla nostra base sociale.
Abbiamo ritenuto doveroso chiedere informazioni anche ad Agrexco, che ha accettato di
rispondere, pur non essendo un nostro fornitore e non avendo nei nostri confronti nessun
legame contrattuale.” Notare le maiuscole con cui si da del “voi”, tipiche delle lettere che si inviano ai fornitori o alle banche.
Zucchi riporta anche la risposta del distributore “boicottato”, la Agrexco, interpellato all’uopo con prontezza degna di miglior causa, e alla fine trae le proprie singolarissime conseguenze: “L’azienda interpellata ci ha così risposto: il 99,6% della merce esportata da noi, proviene dallo stato di Israele vero e proprio; lo 0,4% restante proviene invece dai coltivatori della Giudea e Samaria.
Tali prodotti sono contrassegnati nei documenti che accompagnano la merce, in modo da indicarne l'origine del luogo di provenienza così come richiesto dai regolamenti in vigore presso la Comunità Europea. La documentazione che accompagna la merce proveniente dalla Giudea e dalla Samaria indica il luogo di origine ed i dazi che si debbono pagare..”
Tuttavia questa trasparenza non basta e il pretesto per accodarsi alle richieste di boicottaggio viene dato dalla mancata indicazione tra gli ingredienti dei prodotti della loro origine esatta di coltivazione: “Abbiamo analizzato con attenzione questa comunicazione e se da un lato notiamo la distanza dei numeri in merito all’effettiva produzione nelle zone occupate, dall’altra tuttavia concordiamo con quanto da Voi segnalato, come cioè questa modalità di tracciabilità commerciale non risolva l'esigenza di un consumatore che voglia esercitare un legittimo
diritto di non acquistare prodotti di determinate provenienze, in quanto l'informazione -pur
seguendo il prodotto dal punto di vista doganale e fiscale- non è tuttavia presente in etichetta.”
Ergo? “Pertanto, proprio per salvaguardare il consumatore nella sua libertà di scelta rispetto a ciò che acquista”, arriva la decisione di aderire implicitamente alla campagna di boicottaggio.
Da notare che in tempo di crisi tutto ciò avrà un costo per i lavoratori. Che, sia in Israele, sia nei territori contesi, sia in quelli “occupati”, subiranno una forte ricaduta in termini occupazionali.
E anche in Italia il contraccolpo di questo stop alle esportazioni alimentari israeliane metterà a rischio molti posti di lavoro, almeno nel medio –lungo periodo.
 
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diaconale@opinione.it

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