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L'Opinione Rassegna Stampa
04.12.2009 Chavez, Al Qaeda e le Farc insieme nel business della cocaina
Quando le rivoluzioni spacciano. Analisi di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 04 dicembre 2009
Pagina: 9
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Chavez, Al Qaeda e le Farc adesso sono insieme nel business della cocaina»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 04/12/2009, l'articolo di Dimitri Buffa fal titolo " Chavez, Al Qaeda e le Farc adesso sono insieme nel business della cocaina ".

Ogni giorno che Dio manda in terra gli esempi degli effetti negativi del proibizionismo Onu sul mercato degli stupefacenti producono un nuovo clamoroso e tragico esempio. Da tempo l’Africa occidentale era stata scelta come porto di attracco e come aereoporto per cargo e aerei, anche Boeing, per il traffico della cocaina dal Sud America. Da tempo si sa che buona parte di questo commercio è gestito dai gueriglieri narco terroristi di sinistra, delle Farc colombiane le quali sono appoggiate dal presidente venezuelano Hugo Chavez, anche lui sicuramente legato a interessi del settore. Tutto ciò ad esempio venne fuori quando i soldati colombiani di Uribe sconfinando in Equador scoprirono il quartier generale delle Farc e fecero uno storico blitz nell’Amazzonia sequestrando computer dei guerriglieri che erano pieni di mail che provavano rapporti con Chavez. Ora però il rapporto tra vendita di droga e terrorismo si è arricchito di un nuovo pericoloso tassello: la gestione da parte di “Al Qaida nel Maghreb” di tutto il traffico nell’Africa dell’ovest sub sahariana. E le cointeressenze anche di ricchi cittadini libanesi che finanziano l’hezbollah e che risiedono nei paesi costieri del Nord Africa e che si curerebbero di allestire la parte finale dello smercio, quella che porta quasi ogni anno circa 250 tonnellate di “neve” in Europa. “Neve” che viene dall’Africa dunque e nonostante il clima. Di tutto ciò hanno recentemente parlato due articoli, uno su “The Guardian” e l’altro su “The observer” che hanno anche sentito alcuni degli esperti Usa sul drug trafficking. Per capire meglio il tutto bisogna citare l’unico fatto finora certo: poco tempo prima in una remota pista d’atterraggio proprio in mezzo al Sahara è stato trovato nientemeno che un Boeing 727. Il territorio era quello del Mali che, insieme alla Guinea Bissau, è una delle nazioni cardine nel traffico di cocaina verso l’Europa. Questo aereo era ormai ridotto a una carcassa d’acciaio arroventata dal sole ma preentava tracce evidenti del proprio carico: cocaina purissima, probabilmente a pieno carico non meno di 50 tonnellate. Dentro c’erano ancora i sacchi di juta che contenevano tracce di coca base. Già, perché ormai i narcos sudamericani hanno allestito laboratori in loco capaci di trasformare il prodotto grezzo in cloridrato di cocaina correndo molti meno rischi che all’interno della giungla amazzonica. Se in quest’ultima infatti può sempre capitare di venire beccati dagli elicotteri dei “gringos” americani, nel deserto sub saharino, tra villaggi poverissimi dove manca l’acqua a volte ma non le parabole satellitari, è molto più facile corrompere tutte le auorità locali le quali in cambio delle migliaia di dollari e di euro che produce il business della cocaina non solo sono dispostissime a chiudere non un occhio ma due, ma sono capacissime di vendersi anche la madre per molto meno. E’ una realtà, la povertà e un’altra è la corruzione. E un’altra ancora che il proibizionismo le alimenta entrambe e che non c’è programma Onu o G 8 che tenga in quelle zone: lì comandano i narcos con un controllo del territorio che la camorra e la mafia nostrane non possono che invidiare. Ora, come se il panorama descritto non bastasse, gli esperti anti droga Usa e della Gran Bretagna sospettano che il traffico di coca sia portetto dai terroristi islamici di Al Qaida nel Maghreb, già “gruppo salafita per la preghiera e il combattimento”, quello che negli anni ’90 fece migliaia di morti in Algeria. Pare che molti agenti segreti anti droga delle due nazioni su citate si siano infiltrati nelle gang locali che gestiscono gli ultimi passaggi di questo traffico. Ma i pericoli che questi agenti corrono in loco sono molto più grandi che quelli che si possono correre nell’ infiltrarsi a Medellin. O persino nei territori delle Farc. Se uno di loro venisse riconosciuto e smascherato dai terroristi islamici la cosa più simpatica che gli potrebbe capitare sarebbe di venire sgozzato come un montone nella festa islamica del sacrificio. Fare la guerra al terrorismo è già difficile di per sé, ma se i terroristi cominciano anche a maneggiare la droga, nella fattispecie la coca che è quella più venduta nel mondo, la faccenda rischia di complicarsi maledettamente in quanto potrebbero venire coperti e protetti dalla popolazione locale non solo per paura ma anche per un diretto interesse nel traffico. Non poche briciole infatti rimangano in quei paesi e il risultato si nota dato che è sempre più facile vedere piccoli boss stanziali girare con macchinoni occidentali, magari comprati al mercato nero. Il professor Stephen Ellis della libera università di Amsterdam sostiene che parecchi rapporti di intelligence e di polizia ormai suggeriscon che questa joint venture tra gli interessi di Chavez e delle Farc da una parte e quelli del franchising maghrebino di Al Qaida, dall’altra, sarebbero una realtà. E anche i morti ammazzati nella regione suggeriscono il profilarsi di una situazione simile a quella messicana. Il proibizionismo, che è una specie particolare del sonno della ragione, come al solito genera mostri.

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