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L'Opinione Rassegna Stampa
11.03.2009 Il ' piano B ' per sconfiggere Israele
L'analisi di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 11 marzo 2009
Pagina: 9
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Basta guerre con Israele. Facciamoci pace e poi cerchiamo di vincere con l'arma demografica»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Basta guerre con Israele. Facciamoci pace e poi cerchiamo di vincere con l'arma demografica ". Ecco l'articolo:

Esistono ormai due scuole di pensiero, chiamiamole così, nel mondo arabo-islamico su come rapportarsi al non particolarmente amato stato di Israele. La prima che potremmo chiamare “iraniana” è ben nota: guerra, morte e odio “in saecula saeculorum” e amen. Si avvale del terrorismo, dell’arma nucleare se e quando ci sarà, e propaga la disinformazione e la menzogna sulla causa palestinese attraverso il lavaggio del cervello.
La seconda, che potremmo chiamare sunnita e saudita, da un po’ di tempo a questa parte va predicando la concordia e il ristabilimento di rapporti umani con lo stato ebraico. E magari, perché no, il riconoscimento di Israele se e quando si farà l’accordo di pace con i palestinesi che finalmente potranno avere la nazione tanto agognata. Anche per paura dell’asse tra Iran, Siria e sunniti di hamas. Tanto, è il pensiero recondito, alla fine la guerra etnico religiosa sarà vinta grazie all’arma demografica. Un po’ come dicevano gli algerini all’epoca della guerra di liberazione dal colonialismo francese; vinceremo con il ventre delle nostre donne.
Di quest’ultima scuola fanno parte anche i “pensatori” del quotidiano saudita, stampato a Londra, “Al-Sharq Al-Awsat” che altro non significa in arabo che Medio Oriente.
Proprio “Al-Sharq Al-Awsat” ha recentemente pubblicato un articolo del filosofo siriano Hashem Saleh, che risiede a Parigi, intitolato “Verso una riconciliazione fra arabi ed ebrei”.
Nell’articolo sottotitolato “Voglio che questa a Gaza sia l’ultima guerra”, Saleh argomenta che è venuto il tempo che gli arabi facciano la pace con Israele e che si concentrino sullo sviluppo dei loro paesi e che il problema palestinese si risolverà attraverso la naturale superiorità demografica dei palestinesi sugli israeliani.
Eccone qualche stralcio: “Questo sorprendente titolo causerà forti reazioni. La gente dirà: ‘Il sangue sparso a Gaza si è appena seccato, e lui sta già parlando di sconfitta e di riconciliazione con il nemico!’. Ciò nonostante, dopo avere pensato a lungo su questa faccenda, sono determinato a difendere la mia posizione.”
Dopo la prolusione Saleh passa al sodo: “Confesso di essere rimasto sorpreso dalle mie stesse conclusioni. Non mi aspettavo di giungere a queste conclusioni dopo avere studiato per molti anni ogni aspetto di questo dilemma. Ho passato molte ore in isolamento, leggendo tantissimo su questo conflitto infernale, prima di arrivare a definire la mia posizione attuale.”

Ergo? “Allo stato delle cose, credo fermamente che sarebbe assurdo e privo di significato continuare questo conflitto, perché soffoca la nostra rinascita e la nostra libertà. È diventato un fardello inutile. È diventato un inutile spreco di tempo, di energie, di denaro e di vite umane.”
Poi la tesi accettabile anche nell’ottica dell’ “islamically correct” anti israeliano: “Voglio che quella di Gaza sia l’ultima guerra. Cominciamo da capo una nuova era nella regione e usiamo tutte le energie finora sprecate e le occasioni mancate per la ricostruzione e per lo sviluppo, invece che per la distruzione e la devastazione. Investiamo le nostre energie per costruire scuole, università, ospedali e per parchi gioco per i bambini.”
E questo soprattutto perché, “..per consentire all’impresa culturale araba di mettersi veramente in cammino, non possiamo continuare a ritardarla con il pretesto di liberare la Palestina. Prima di tutto liberiamo il pensiero arabo, e la liberazione della Palestina seguirà da sola.”
Poi Saleh riconosce da dove ha tratto queste riflessioni: “Ammetto che per me la scintilla è stata la lettura dell’ultimo libro del pensatore palestinese Sari Nusseibeh, recentemente pubblicata in inglese e in francese con il titolo ‘C’era una volta un paese: la vita di un palestinese’. È stato questo libro che mi ha indotto a prendere la mia posizione attuale, che mi creerà certamente dei problemi e mi farà litigare con i demagoghi arabi, che riempiono i programmi televisivi e i giornali con i loro strilli e i loro guaiti”.
Poi l’articolo prosegue con il colpo di scena finale, come a dire, “non temete che neanche noi amiamo Israele”, né riconosciamo il suo diritto a essietre e né tantomeno siamo dei pacifisti: “Dico con sicurezza che possiamo vincere questa battaglia senza tirare un solo colpo. Ma usando una tattica differente, cioè attraverso il nostro tasso di natalità e la demografia. I palestinesi sopraffarranno gli israeliani e li influenzeranno per una questione di numeri.”

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