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L'Opinione Rassegna Stampa
10.03.2009 La Siria vuole le dimissioni di Amr Moussa da rappresentante della Lega Araba
La cronaca di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 10 marzo 2009
Pagina: 9
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «La Siria vuole le dimissioni di Amr Moussa da rappresentante della Lega Araba: in ballo c'è la divisione politica sui rapporti con l'Iran»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " La Siria vuole le dimissioni di Amr Moussa da rappresentante della Lega Araba: in ballo c'è la divisione politica sui rapporti con l'Iran ". Ecco l'articolo:

Mentre il presidente Obama vorrebbe dialogare con l’Iran per convincerlo a non dotarsi di armi nucleari e per coinvolgerlo nella lotta al terrorismo dei talebani in Afghanistan, cercando in Teheran un’improbabile mediazione per uscire fuori da quel pantano, quasi tutti i più importanti stati islamo sunniti hanno rotto o stanno per rompere le relazioni diplomatiche con Teheran.
E’ la solita miopia della politica estera dei democrat amercani, che ebbe il punto culiminante nella parabola di Jimmy Carter: loro capiscono la realtà sempre qualche anno dopo.
Ora la vulgata vorrebbe che l’unico pericolo nella regione siano le scintille tra l’Iran e lo stato ebraico ripetutamene minacciato di distruzione da Ahmadinejad. Peccato che questo schema sia superato e che solo venerdì sera il Marocco abbia rotto ogni rapporto diplomatico con Teheran dopo l’ennesima dichiarazione di qualche esponente del pianeta degli ayatollah a favore dell’annessione all’Iran dello stato , fra l’altro sunnita, del Bahrein, Insomma la stessa cosa che aveva fatto Saddam con il Kuwait. Bene: ora dopo il Marocco saranno l’Egitto e l’Arabia Saudita a compiere lo stesso passo se l’Iran dovesse continuare con la propria politica degli annunci sul Bahrein. Così mentre tutti si aspettano un attacco preventivo d Tzahal e di Israele sulle centrali atomiche iraniane, la geurra potrebbe scoppiare tra i sauditi e Teheran. Nell’ambito di queste future drammatiche evoluzioni diplomatiche in Medio Oriente, evidentemente del tutto sconosciute tanto a Obama quanto a Hillary Clinton e al suo staff, ieri si è avuta notizia che la Siria, alleata di Teheran nell’egemonia sullo scacchiere Medio Orientale, ha chiesto la testa di Amr Moussa, storico e anche geografico rappresentante della Lega Araba, accusato per emsi dai quotidiani filogovernativi di Damasco di essere fedele solo all’Egitto e di fomentare e finanziare nei confini siriani il movimento progressista “al Mustaqbal”, quello di Hariri figlio, che poi in arabo significa “il futuro”.
Il primo incidente con Damasco è scoppiato quando il premier turco Recep Tayyip Erdogan aveva abbandonato il meeting annuale del World Economic Forum a Davos, in Svizzera, dopo la sceneggiata con il presidenet israeliano Shimon Peres. La stampa siriana aveva all’epoca chiesto le dimissioni del segretario generale della Lega Araba, ‘Amr Moussa, per non avere seguito l’esempio di Erdogan. Quest’ultimo ormai, alla faccia di chi ha fretta di fare entrare la Turchia in Europa, fa compagnia fissa con gli ayatollah e con la Ssiria, rompendo il fronte sunnita di contrapposizione all’Iran, capeggiato dall’Egitto e da Ryadh. Dopo quel casus belli adesso pare che la Siria chiederà ufficialmente la testa di Mussa nella prossima riunione della Lega araba.
Moussa è stato attaccato soprattutto per il ruolo che aveva avuto per far fallire i tentativi della Siria e del Qatar di organizzare un vertice arabo d’emergenza a Doha, per assistere Hamas durante la guerra di Gaza. Per questo, il quotidiano libanese Al-Akhbar aveva riferito che Moussa aveva ritardato la pubblicazione dei nomi dei paesi che appoggiavano il vertice per concedere all’Egitto e all’Arabia Saudita più tempo per esercitare pressioni affinché non partecipassero, e impedendo così alla Siria e al Qatar di raggiungere il quorum previsto dal regolamento della Lega Araba per riunire un vertice d’emergenza.
In un’intervista con Al-Jazeera TV, Moussa ha riconosciuto che le attuali divisioni nel mondo arabo gli avevano reso difficile il prosieguo del suo lavoro, e che qualcun altro avrebbe potuto svolgere meglio questo lavoro. Si è anche giustificato sul perchè era rimasto al meeting di Davos : voleva “rispondere alle bugie di Israele” e non mancare di rendere pubblica la posizione degli arabi da un pulpito così importante.
Di fatto però, gli editorialisti della maggior parte dei quotidiani arabi filo governativi della Siria all’epoca e ancora oggi si continuano a chiedergli perché mai non avesse seguito l’esempio di Erdogan andandosene o in alternativa perché non avesse tirato una scarpa a Peres.

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