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Da L'OPINIONE dell'8 gennaio 2009, l'articolo di Aldo Torchiaro "Se Cosa Nostra fa affari con gli integralisti islamici " Qui entrano in gioco impronte digitali tutte italiane. Sono in molti a ritenere che dietro all incredibile impunità con cui i traffici di materiali bellici si svolgono tra le sponde a sud del Mediterraneo si nasconda la mano della nostra criminalità organizzata. Per la studiosa italiana di terrorismo islamico Loretta Napoleoni, è impensabile escludere la mafia da un ruolo attivo nel traffico delle armi verso Hamas. Nel suo recente saggio “Terrorismo SpA” Napoleoni punta l’indice contro Cosa Nostra e la criminalità organizzata. “Millecinquecento miliardi di dollari o, se si preferisce, il cinque percento del valore della produzione mondiale. Tale è l’ammontare dei capitali su cui possono contare le organizzazioni eversive di tutto il mondo. Un flusso di denaro enorme e in continua crescita, che viaggia lungo le arterie finanziarie del mercato globale, da Wall Street alla City di Londra, da Hong Kong ai mercati dell’Asia centrale”. Molta parte di questo confluisce nelle tasche dei fondamentalisti islamici che, dall’Iran alla Siria al Libano a Gaza usano quei soldi quasi esclusivamente per comprare testate missilistiche da puntare contro Israele. E senza l’input di Cosa Nostra si fa poco. Gli investigatori ipotizzano l’esistenza di una ‘cabina di regia’ che da Palermo monitora, controlla e autorizza l’import-export degli arsenali. L’istituto Eurispes ha presentato un dettagliato rapporto sui proventi del bilancio di Cosa Nostra: la voce degli armamenti pesanti è quella in più forte aumento. E mentre qualche leader della sinistra italiana si spertica nel sottolineare i “pari diritti” di Israele e Palestina, identificando quest’ultima con Hamas, i ricognitori israeliani fotografano e identificano al suolo gli arsenali in dotazione ai terroristi di Gaza. Missili e lanciamissili imbarcati – forse – nell’Adriatico e passati lungo tutta la costa siciliana. Non a caso la priorità di Tony Blair è questa. Dice l’ex premier britannico e inviato del Quartetto per il Medio Oriente: “Se ci sarà un’azione forte su questo fronte, in modo che Israele avverta di avere ottenuto qualcosa, in particolare la fine del contrabbando di armi e il finanziamento ad Hamas - allora io penso che sarà possibile risolvere la crisi in modo ragionevolmente veloce. Se questo non accadrà, allora continuerà”. Gli arsenali in mano ai fondamentalisti islamici sono – secondo una relazione della Cia al Congresso – a disposizione della rete di Al Qaeda per il tramite di un pulviscolo articolato di sigle che trova tra le maglie della criminalità organizzata un alleato strategico irrinunciabile. E la mafia italiana – neanche a dirlo – sa sempre ricavarsi in questo contesto il ruolo di indispensabile anello di congiunzione. diaconale@opinione.it |
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