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Italia Oggi Rassegna Stampa
21.12.2021 Fëdor Dostoevskij, Isaac Bashevis Singer, Craig Whitlock
Tre recensioni di Diego Gabutti

Testata: Italia Oggi
Data: 21 dicembre 2021
Pagina: 11
Autore: Diego Gabutti
Titolo: «Dostoevskij nell'abisso umano»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 21/12/2021, a pag.11 con il titolo "Dostoevskij nell'abisso umano", il commento di Diego Gabutti.

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Diego Gabutti

La Bellezza Salverà Il Mondo. Pensieri, Aforismi. Polemiche. Ediz. Critica  - Dostoevskij Fëdor | Libro De Piante Editore 11/2021 - HOEPLI.it
Fëdor Dostoevskij, La bellezza salverà il mondo. Pensieri, aforismi, polemiche, De Piante Editore 2021, pp. 192, 16,00 euro

Dostoevskij fu insieme uno scrittore realista e uno scrittore fantastico. Aveva preso in prestito i suoi cattivi iperbolici e i suoi buoni sopra le righe dal feuilleton francese, e anche un po' da Dickens, ma soprattutto da Balzac («Balzac è grande», scrisse, «e i suoi personaggi sono le creazioni d'una mente universale! Non lo spirito del tempo ma interi millenni hanno preparato con la loro lotta un simile epilogo nell'anima umana»). Era da questo scontro metafisico tra opposte e titaniche visioni del mondo (i Demoni da una parte e L'idiota dall'altra, il bene e il male eternamente in guerra, eppure stranamente mescolati tra loro) che Dostoevskiji derivava la sua idea di bellezza, anzi il suo «ideale di bellezza umana», che identificava col «popolo russo» («integro e in salute. Urrà!») nelle cui fila, in alto co- me in basso, «non esiste canaglia e mascalzone, il quale non sappia d'essere infame e abbietto». Era una «bellezza», quella di cui Dostoevskij si proclamò alfiere, che abbracciava la condizione umana per intero, i buoni come i malvagi, anzi i malvagi in particolare, e che a tutti offriva la stessa via di fuga dal sottosuolo: il Cristo russo, l'ortodossia, cioè un cristianesimo a misura dei «mistici» e dei «sognatori» ai quali la Madre Russia, o meglio Pietroburgo, «è sempre sembrata piena di mistero». Sarebbe stata la letteratura (che alcuni chiamano religione) a salvare il mondo dal nichilismo. A raccogliere il testimone dell'estetica (e dell'etica) dostoevskiana, un secolo di Madre Russia e di Misteri di San Pietroburgo più tardi, sarebbe stato Iosif Broskij, Premio Nobel per la letteratura nel 1987: «Se scegliessimo i nostri governanti sulla base della loro esperienza di lettori, e non sulla base dei loro programmi politici, ci sarebbe assai meno sofferenza sulla terra. Credo che a un potenziale padrone dei nostri destini si dovrebbe domandare, prima d'ogni altra cosa, non già quali siano le sue idee in fatto di politica estera, bensì che cosa pensi di Dostoevskij, Dickens e Stendhal».

Zlateh la capra e altre storie - Isaac Bashevis Singer - Libro - Adelphi -  I cavoli a merenda | IBS
Isaac Bashevis Singer, Zlateh la capra e altre storie, illustrazioni di Maurice Sendak, Adelphi 2021, pp. 102, 18,00 euro


Ashkenazita in un villaggio della vecchia Polonia, giovane in un mondo nel quale ai bambini non era negata «la possibilità di diventare grandi a causa di stupide guerre e persecuzioni crudeli», il giovane Atzel pensa d'essere morto e, per guarirlo da questa cupa ossessione, lo confinano in una stanza arredata come ci si immagina possa essere il paradiso: cibi squisiti, camerieri con ali angeliche posticce, pareti tinteggiate d'azzurro, ma per il resto niente da fare — gli spiegano — per l'eternità, nessuna visita e, quanto ai suoi parenti più cari, non lo raggiungeranno prima di vent'anni (la sua fidanzata, poi, non prima di cinquant'anni, sempre che non si sposi, nel frattempo, con qualche altro «giovanotto»). Atzel, alla fine, chiede di poter tornare in vita, bandito dal «paradiso degli sciocchi», di cui è stato ospite per pochi, noiosissimi e terrificanti giorni. È una delle sedici storie che Isaac Bashevic Singer, Premio Nobel per la letteratura nel 1978, scrive per i bambini. Illustrazioni del grande Maurice Sendak.

Dossier Afghanistan - Whitlock Craig | Libro Newton Compton Editori 09/2021  - HOEPLI.it
Craig Whitlock, Dossier Afghanistan, Newton Compton 2021, pp. 350, 12,00 euro, eBook 4,99 euro

Giornalista al Washington Post, come Bob Woodward e Carl Bernstein ai tempi del Watergate e di Deep Throat, Gola profonda, anche Craig Whitlock è uno di questi fratelli della filibusta: punta all'archivio dei top secret come i pirati alla cassa del tesoro. Ha fortuna (forse l'archivio è incustodito, forse lui è un giornalista da action film) e mette le mani su documenti che illustrano e comprovano le bugie di tre amministrazioni americane che hanno scatenato (e perso, ma anche un po' vinto) la guerra afghana contro al Qaeda e il fondamentalismo islamista. Brutta storia, quella della guerra al terrorismo. C'erano dubbi, ai piani alti delle amministrazioni americane, persino sull'identità dei cattivi (e su chi fosse peggio tra Osama bin Laden e i signori della guerra con i quali l'America aveva stretto un fragile e precario patto d'alleanza contro gli Studenti Islamici o Talebani guidati a distanza dal Paidstan). Che menzogna, propaganda e falso storico siano armi di guerra è cosa risaputa, naturalmente. Non è un'invenzione moderna, nata nell'età delle televisioni e di Internet. Se la guerra è la prosecuzione della politica, l'informazione (o meglio la deformazione, anzi la disinformazione) ne è l'anima. In qualche modo ciò che oggi chiamiamo fake news è la sostanza della politica anche in tempo di pace. Gli stessi strumenti che hanno montato lo spettacolo bellico (i giornali, le tivù) poi lo smontano con inchieste, rivelazioni e denunce. È così che vanno (e sono sempre andate) le cose. Di qui la genesi, dopo i «Pentagon Papers» del 1967 e l'affaire Watergate nel 1974, anche degliAfghanistan Papers del 2021: «Inedite e senza filtri, tali carte danno voce alla gente, dai politici di Washington a chi ha combattuto sulle montagne e nei deserti dell'Afghanistan, persone che sapevano che la versione ufficiale della guerra data in pasto al popolo americano era falsa o, nel migliore dei casi, parecchio edulcorata. Eppure, quasi nessun alto funzionario del governo ha avuto il coraggio di ammettere in pubblico che gli Stati Uniti stavano lentamente perdendo una guerra che un tempo il popolo aveva caldamente sostenuto. Grazie all'omertà, i leader militari e politici hanno evitato di assumersi le proprie responsabilità e schivato opportuni riesami che avrebbero potuto cambiare il risultato del conflitto o abbreviarne la durata. Hanno preferito insabbiare i loro errori e lasciare che la guerra andasse alla deriva».


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