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Italia Oggi Rassegna Stampa
22.08.2020 Ai confini della realtà: Vita di Rod Serling
Commento di Diego Gabutti

Testata: Italia Oggi
Data: 22 agosto 2020
Pagina: 9
Autore: Diego Gabutti
Titolo: «Viaggio tra la luce e l'oscurità»

Riprendiamo da ITALIA OGGI del 22/08/2020, a pag.9 con il titolo "Viaggio tra la luce e l'oscurità" la recensione di Diego Gabutti.

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Diego Gabutti

Edizioni BD presenta: Ai Confini Della Realtà: La Vita Di Rod ...
Koren Shadmi, Ai confini della realtà. Vita di Rod Serling, Edizioni BD 2020, pp. 176, 18,00 euro; Rod Serling, Ai confini della realtà, Fanucci 2020, 20,00 euro, eBook 4,99 euro.

Ogni episodio di Twilight Zone, da noi Ai confini della realtà, cominciava così: la voce fuori campo di Rod Serling, autore della serie, e la musica in sottofondo di Bernard Herrmann (già autore della colonna sonora di Citizen Kane nel 1941, poi di quasi tutti i film di Alfred Hithcock, su su fino a Fahrenheit 451 di Francois Truffaut e a Taxi driver di Martin Scorsese). -C'è una quinta dimensione oltre a quelle che l'uomo conosce», diceva Serling con voce divertita, ma anche un po' da oltretomba. «E senza limiti come l'infinito. È senza tempo come l'eternità. È la regione dell'immaginazione, è la regione intermedia tra luce e oscurità, tra scienza e superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere. È la regione dell'immaginazione, una regione che si trova... ai confini della realtà». E poi via con le storie, tutte memorabili, ancora originali e freschissime sessant'anni dopo la messa in onda del primo episodio, intitolato Where's everybody? (da noi La barriera della solitudine). Era il 2 ottobre del 1959: l'età, televisivamente parlando, di Raymond Burr nella parte di Perry Mason, di I Love Lucy (da noi Lucy e io) e di Alfred Hitchcock Presents. Scritto da Serling, al pari (rare le eccezioni, e tutte d'eccellenza) di quasi ogni altro episodio della prima stagione, Where's everybody? era la storia d'un ufficiale d'aviazione abbandonato, senza memoria, in una città incomprensibilmente disabitata, dove squilla il telefono d'una cabina pubblica e a parlare è una voce registrata che invita a rifare il numero. C'era la classica sorpresa finale (il vero e proprio segno di Zorro di Twilight Zone) quando si scopriva che l'ufficiale partecipava a un esperimento estremo della Nasa e c'era, più immancabile ancora, il pistolotto fuori campo che tirava (grossolanamente, ma con le migliori intenzioni) le fila del racconto (era sempre Serling in persona a spiegare la morale della favola): «La barriera della solitudine. Il palpabile, disperato bisogno dell'uomo di stare insieme ai suoi simili». In tv non c'era ancora mai stato niente di simile. Era l'inizio d'una nuova era. Negli episodi successivi si sarebbero viste invasioni aliene rese possibili dall'homo homini lupus che vige tra i terrestri e aerei di linea perduti nel tempo che sorvolano giungle popolate di dinosauri.

Ci sarebbero stati patti col diavolo, rendez-vous con streghe e marziani, incontri bergmaniani con la morte. Ci sarebbe persino stata una caduta dell'Unione sovietica con quarant'anni d'anticipo sui tempi storici causa una vecchia Ford Modello T stregata che costringe chi la possiede (in questo caso Nikita Krusciov) a dire sempre la verità. E poi manichini viventi, mostri in agguato sulle ali degli aerei in volo, autostoppisti misteriosi, androidi femminili da compagnia, inquietanti liaison tra fiction televisiva e vita quotidiana, sogni a occhi aperti che diventano realtà, ex dive del cinema che cercano scampo trasferendosi anima e corpo in un vecchio film, giocatori di baseball robot. Storie così, non soltanto stravaganti, ma stravaganti e moralistiche, anzi «sociologiche», come ci si esaltava in quegli anni - si leggevano soltanto nelle riviste di fantascienza e fantasy più engagée e liberal: Galaxy Science Fiction, Worlds of If, The Magazine of Fantasy and Science Fiction (e qualche numero sparso di Playboy, dove il fantastico era di casa). Non era fantascienza à la Flash Gordon o fantasy tipo Conan il Barbara. Erano piuttosto apologhi à la Jonathan Swift (qualcuno riuscito, la maggior parte no). Serling, nella tivù commerciale e pionieristica degli anni cinquanta, agì come una sorta di Voltaire in guerra contro intolleranza e ancien régime hollywoodiano. Portò questa speciale versione illuminista della letteratura fantastica negli studios cinematografici e televisivi. Non fu un successo immediato, ma rapidamente (nel giro di qualche mese, non appena le platee televisive entrarono nello spirito del serial) Ai confini della realtà diventò un fenomeno culturale di massa, e ancora non se ne è spenta l'eco. Classiche le prime due stagioni, più fiacche le ultime due, tra il 1959 e il 1964 uscirono 156 episodi. Serling ne scrisse moltissimi, altrettanti ne scrissero Charles Beaumont (stretto collaboratore del regista e produttore indipendente Roger Corman) e il grande Richard Matheson (autore di lo sono leggenda, più volte portato sullo schermo).

Diventato oggetto di culto, il serial televisivo di Serling è tuttora trasmesso in mezzo mondo, e ogni tanto qualcuno, per esempio Steven Spielberg negli anni Ottanta, prova a rifarlo, sempre senza neanche avvicinarsi all'originale (l'ultimo, inguardabile tentativo d'imitazione è dell'anno scorso, il 2019). Koren Shadmi, bravissimo disegnatore israeliano, racconta l'avventura umana e letteraria di Sterling in una bella graphic novel - Ai confini della realtà. Vita di Rod Serling - che non è solo una biografia ma anche un viaggio «nella regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere». In volo nella «zona del crepuscolo», a bordo d'un aereo che non accenna ad atterrare, Sterling racconta la storia della sua vita a una ragazza che gli siede accanto: il giovane ebreo newyorchese, la guerra da paracadutista nel Pacifico, il matrimonio, l'università, i primi passi come scrittore creativo, l'esordio come autore di radio e teledrammi, gli Emmy vinti per le sue opere più apprezzate da pubblico e critico, finalmente Twilight Zone e la sua guerra (sub specie fantastico) contro xenofobia e razzismo, poi la sceneggiatura del primo Pianeta delle scimmie, qualche incidente creativo di percorso e infine la morte, nel 1975, appena cinquantunenne. Esce in edizione Fanucci, sempre in questi giorni d'agosto, anche la raccolta completa dei suoi racconti per Twilight Zone. Perfetti sulla carta come nel bianco e nero espressionista dei vecchi telefilm.

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