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Italia Oggi Rassegna Stampa
16.04.2019 Qatar: un Paese fondamentalista che appoggia il terrorismo e opprime milioni di lavoratori stranieri senza diritti
Commento di Tino Oldani

Testata: Italia Oggi
Data: 16 aprile 2019
Pagina: 6
Autore: Tino Oldani
Titolo: «Dietro la guerra in Libia, oltre al petrolio, c'è pure la profonda inimicizia tra Arabia Saudita e Qatar»

Riprendiamo da ITALIA OGGI del 16/04/2019 a pag.6 con il titolo "Dietro la guerra in Libia, oltre al petrolio, c'è pure la profonda inimicizia tra Arabia Saudita e Qatar" l'analisi di Tino Oldani.

Il Qatar è un Paese con circa 200.000 cittadini e un pil procapite tra i più alti del mondo. In Qatar vivono però anche oltre due milioni di persone senza alcun diritto: sono lavoratori stranieri - indiani, bengalesi, filippini - che vivono nella condizione di schiavi. L'organo di propaganda del regime è Al Jazeera. Per questo i media commettono l'errore di attribuire al Qatar una popolazione di 2.500.000 !!

Ecco l'articolo:

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Le cronache più recenti dicono che tra l'Italia e il Qatar, il ricco emirato del Golfo Persico, vi sono rapporti ottimi. Il 3 aprile scorso il premier Giuseppe Conte si è recato in Qatar, ricevuto con tutti gli onori dall'emiro, lo sceicco Tamin bin Hamad al Thani, 38 anni, dal 2013 uomo forte del piccolo emirato, che è grande come il Lazio, ha due milioni e mezzo di abitanti, ma è dotato di un Fondo sovrano tra i più ricchi al mondo grazie ai proventi del più grande giacimento di gas al mondo, sfruttato insieme al confinante Iran. Una visita ricambiata ieri dal ministro degli esteri qatariota, che è venuto a Roma con un'agenda piuttosto fitta, per parlare non più soltanto di affari economici, come è stato finora, ma anche della guerra in Libia, dove il Qatar appoggia il governo di Fayez al Sarraj, al pari dell'Italia. Uno scenario che soltanto 15 giorni fa nessuno poteva prevedere. A leggere le cronache politiche vicine al Palazzo romano, par di capire che il premier Conte, pur restando al fianco di al Serraj, voglia fare anche da mediatore tra tutte le parti in conflitto. Dunque, non solo tra il premier di Tripoli e generale Khalifa Haftar, che a Bengasi guida metà della Libia e ha scatenato l'offensiva militare. Ma anche tra i paesi arabi schierati a sostegno dell'uno e dell'altro: un puzzle non facile, se si considera che dietro Haftar, insieme all'Arabia Saudita e all'Egitto, ci sono la Francia e la Russia. Mentre al fianco di al Sarraj si sono schierati, oltre all'Onu e all'Italia, la Turchia e il Qatar. Il ruolo internazionale di quest'ultimo paese, per quanto piccolo, è tutt'altro che secondario. E ricostruirne le mosse degli ultimi anni aiuta a capire come quella in Libia stia diventando una «guerra per procura» proprio tra il Qatar e l'Arabia Saudita, una guerra che è poi il conflitto storico tra due grandi famiglie di sceicchi, gli al Thani e i Saud, con conseguenze profonde sul piano delle alleanze regionali e internazionali, sulla lotta al terrorismo islamico e perfino sulla religione.

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Doha, Qatar: fondamentalismo islamico e ricchezza

L'ostilità tra i Saud e gli al Thani risale al 1995, quando il padre dell'attuale emiro, Hamad bin Khalifa al Thani, prese il potere con un colpo di stato. In dissenso, l'Arabia Saudita, non volendo intervenire su uno stato vicino, chiese all'Egitto di Moubarak un intervento militare per cacciare l'usurpatore, ma al Cairo non mossero un dito. Da allora, tra gli sceicchi qatarioti e quelli di Ryad non c'è mai stata intesa su nulla. Anzi, mentre l'Arabia Saudita restava ancorata ai precetti più conservatori della religione islamica wahabita, il Qatar, pur professando lo stesso wahhabismo dei sauditi, non ha esitato a fare da megafono con la tv Al Jazeera alle «primavere arabe» e alle formazioni salafite dei Fratelli musulmani che ne sono state protagoniste, da sempre schierate contro la casta dei Saud, con l'intento dichiarato di abbatterla. Non solo. Dovendo condividere con l'Iran il più grande giacimento di gas al mondo, il Qatar ha sempre conservato rapporti cordiali con Teheran e i suoi capi di religione sciita, di cui Ryad è nemico giurato. Il culmine della crisi tra Qatar e Arabia Saudita arriva nel 2017, subito dopo una visita di Donald Trump a Ryad, in cui il presidente Usa annuncia la nascita di una sorta di Nato araba contro il terrorismo, di cui avrebbero dovuto fare parte i paesi arabi del Golfo Persico, escluso l'Iran. Ma neppure due settimane dopo l'annuncio, il 5 giugno, la Nato araba va in pezzi: Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi e Barhein accusano il Qatar di «sostenere il terrorismo», interrompono i rapporti diplomatici con Doha e impongono un blocco navale e aereo per fiaccare l'economia del piccolo emirato. Quest'ultimo obiettivo, però, a distanza di due anni risulta del tutto mancato: anzi, grazie ai colossali profitti accumulati con l'esportazione di gas, il Qatar ha continuato a fare shopping in Europa, comprando importanti quote azionarie di primarie industrie e banche, tra cui il 6% di Deutsche Bank e il 17% della Volkswagen in Germania, guadagnandosi un occhio di riguardo da parte di Angela Merkel, alla quale sono stati promessi 10 miliardi di investimenti nei prossimi anni. Lo shopping qatariota ha investito anche l'Italia, dove il fondo sovrano di Doha detiene il 49% di Air in Italy (ex Meridiana), ha rilevato il marchio di moda Valentino, ha investito sui grattacieli di Porta Nuova a Milano, e possiede gli alberghi Excelsior di Roma, Gallia di Milano e Costa Smeralda in Sardegna. Benché le acquisizioni qatariote si muovano di solito in chiave anti-saudita, non si può dire che lo siano quelle compiute in Italia, dove le porte sono aperte anche ai sauditi. Diverso è il caso della Turchia, dove l'emiro qatariota, durante una visita nello scorso agosto, ha promesso aiuti pari a 15 miliardi di dollari, da investire in progetti ancora da definire. Una generosità che è servita a rinsaldare l'alleanza con la Turchia, con un duplice riflesso. Prima firmando un patto con Turchia e Iran per aiutare Teheran a superare l'embargo voluto da Trump. Poi stringendo un'alleanza Qatar-Turchia sulla Libia, in difesa delle milizie islamiche di Misurata, che non a caso sono andate in soccorso di Al Serraj. Da non sottovalutare, infine, il fatto che Ryad, in accordo con Trump, si è schierata con Israele, mentre il Qatar è contro Tel Aviv, anzi appoggia perfino Hezbollah, il movimento sciita che vuole la distruzione di Israele. Appassionato di calcio, l'emiro qatariota ha comprato in Francia il Psg, la squadra di Parigi, e ha brigato per avere in Qatar i mondiali di calcio del 2022. Che si svolgano regolarmente, dipende però dall'Arabia Saudita, che ora vorrebbe scavare un canale largo più di 200 metri al confine con il Qatar, trasformando l'emirato in un'isola. Con conseguenze difficili da immaginare anche sul piano militare. Ecco, è in questo scenario di guerra permanente tra Qatar e Arabia Saudita, compresa la «guerra per procura» in Libia, che il governo Conte è chiamato a scegliere se agire da protagonista, con un ruolo diverso dall'isolamento attuale, oppure fare la fine dell'asino di Buridano, che non sapendo scegliere morì di stenti.

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