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Italia Oggi Rassegna Stampa
03.06.2017 A Parigi ci sono quartieri dove gli islamici hanno carta bianca e le donne vengono sistematicamente molestate
Cronaca di Giuseppe Corsentino

Testata: Italia Oggi
Data: 03 giugno 2017
Pagina: 10
Autore: Giuseppe Corsentino
Titolo: «A Parigi ci sono quartieri dove gli islamici hanno carta bianca e le donne vengono sistematicamente molestate»

Riprendiamo da ITALIA OGGI del 03/06/2017, a pag.10, con il titolo " A Parigi ci sono quartieri dove gli islamici hanno carta bianca e le donne vengono sistematicamente molestate " il commento di Giuseppe Corsentino.

Consoliamoci leggendo il pezzo che segue di Giuseppe Corsentino, dopo le incredibili affermazioni della Angelica Ratti in altra pagina di IC, un inno agli assassini palestinisti indegno di apparire su Italia Oggi.

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Elusabeth Badinter                          Giuseppe Corsentino

" Vieni qui, bella figa!», «Dammi il tuo cellulare», «Fatti baciare, stronza!» Insulti, parole oltraggiose, offese. E poi spintoni, toccatine, sfregamenti sui trottoirs, sui marciapiedi, di Boulevard de La Chapelle che corre lungo il confine tra il 10 e il 18 arrondissement, quartieri popolari a ovest di Parigi, un tempo zone operaie (le officine della Renault di Boulogne Billancourt erano qui, a poca distanza), diventate quasi città maghrebine, uomini-uomini-uomini dappertutto, nei bar dove si gioca a dama e si fanno piccoli traffici, nei Money Transfer, nei negozi dei barbieri, nelle macellerie rigorosamente halal. In metropolitana (linea 2) e sulla linea 13 degli autobus va anche peggio (abbordaggi violenti, masturbazioni mimate) al punto che la Rapt ha dovuto rafforzare i controlli soprattutto nelle ore serali. Ma l'harchèlement dans la rue, le molestie sessuali di strada, non sono più piccole storie di piccole violenze di quartiere, episodi minimi di microcriminalità. Ormai sono un fenomeno sociale che colpisce Parigi e quasi tutte le grandi città della Francia, da Lille a Montpellier.
Ecco perché un personaggio pubblico, una femminista storica come Elisabeth Badinter (erede del colosso pubblicitario Publicis e moglie di Robert Badinter, giurista di gran nome, per due volte ministro della Giustizia con Mitterand e Jospin, ex presidente della Corte Costituzionale e, soprattutto, primo firmatario della legge che nel 1978 ha cancellato la ghigliottina dal codice penale francese) ha deciso di lanciare (con una sconvolgente intervista al settimanale Le Point di questa settimana) un grido d'allarme sulla «régression de la condition des femmes en France», i mille passi indietro della condizione femminile nel Paese della laicità e dei diritti umani.
Denuncia, questa, che si aggiunge al manifesto firmato da oltre 20 mila donne dei quartieri periferici di Parigi (non solo il 10 e il 18 già citati ma anche l'11 , la Belleville della saga dei Malaussène dello scrittore Daniel Pennac, un tempo "bobò" bourgeois-bohèmien, borghese-gaudente, oggi infrequentabile dopo il tramonto), che per la prima volta svela una realtà che la sinistra bobò appunto e gli amministratori pubblici fingono di non vedere: la progressiva «désparition des femmes dans l'èspace publique», le donne che non hanno più il diritto di passeggiare tranquillamente, di prendere il metrò, di attardarsi in un parco o in un caffè senza correre il rischio di essere molestate e insultate come accadde (e il Manifesto delle Ventimila lo ricorda) due anni fa nella piazza centrale di Colonia la notte di Capodanno.
«Quello che vedo», ha dichiarato a Le Point la Badinter, che molti sicuramente ricordano per il suo libro Fausse route (Strada sbagliata) del 2003 che critica certi estremismi del movimento femminista, «quello che vedo è che in molti quartieri parigini le donne sono quasi sparite. Solo anziane signore in burka o velate che accompagnano i bambini. Giovani donne con le gonne corte, come ai miei tempi, neanche una. Ci sarà una ragione».

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Lo ammette perfino la neosottosegretaria alle Pari Opportunità, Marlène Schiappa anche lei femminista storica e studiosa della condizione femminile. Nel suo ultimo libro, Chi sont les violeurs (Dove sono i violentatori-Aube Editions), dopo aver polemizzato, lei di sinistra, con la sinistra che ha provato a «silenziare» gli episodi di violenza collettiva di Colonia per non apparire islamofoba e razzista, racconta di come, tempo fa, fu abbordata dalle parti del Ministero, Paris centre, da un operaio di un cantiere edile: «Vieni qui, che voglio darti un bacio!»
«Ormai le violenze e le molestie sessuali si registrano dappertutto», aggiunge un'altra giovane donna del 18 arrondissement, Alma Guirao, una che ha firmato il Manifesto delle Ventimila e ha creato per le donne un app - HandsAway - che consente di geo-localizzare gli episodi di molestia sessuale (anche con l'indicazione del commissariato più vicino). «Anch'io», racconta, «ho cominciato a stare attenta a come mi vesto, a evitare abbigliamenti che potrebbero provocare questi mecs, questi coglioni che bivaccano sui marciapiedi e davanti ai caffè. Ma non è giusto e non è accettabile!», si sfoga.
A proposito di caffè, ha fatto scandalo, un paio di mesi fa, la notizia di un bar di Sevran, banlieu nord, area di Saint Denis, che un bel giorno il suo proprietario, un marocchino francese di seconda generazione, ha deciso di vietare alle donne. «Per ragioni di sicurezza, proprio per evitare le molestie» si è poi giustificato davanti alle telecamere di France2. Ma confermando, così, la presa di controllo islamista del territorio.
Perché il Café di Sevran è quasi attaccato alla moschea e da lì non arrivano certo buoni esempi di mixitè sociale e religiosa. Che l'islamizzazione dei quartieri sia tra le cause prime della «disparition des femmes dans l'éspace publique» (proprio quello che accade nelle città arabe) è confermata da un'altra fonte al di sopra di ogni sospetto, da una giornalista assai «politicamente corretta», Geraldine Smith che ha appena pubblicato un libro testimonianza su cui la sinistra francese farebbe bene a riflettere, Rue Jean-Pierre Timbaud, une vie de famille entre bobos et barbus (Stock Editions).
Per Geraldine la via JeanPierre Tibaud, un sindacalista comunista trucidato dai nazisti nel 1941, a due passi dal Bataclan e dalla redazione di Charlie Hebdo (siamo nell'11 arrondissement, dalle parti della Belleville di Pennac, ricordato prima), è stata per un lungo periodo l'esempio concreto della tolleranza, della coesistenza, dell'integrazione. Sempre piena di gente colorata, donne e uomini, pittoresca, sicura sia di giorno sia di notte. Poi sono arrivati i salafiti della moschea e le donne, a poco a poco, sono scomparse.
Dove c'era il piccolo laboratorio artigiano del padre di Alain Finkelkraut, il saggista autore di Suicidio Francese, ora c'è una macelleria halal. E forse quella sparizione, racconta Geraldine, ha ispirato l'altro saggio di Finkelkraut, «L'identità infelice». L'identità smarrita di un Paese laico, libertario, con le donne sempre in prima fila (basta leggere le cronache della Rivoluzione con le popolane del Faubourg Saint-Honoré e le signore dei salotti e dei club giacobini) e che oggi non riesce a garantire la sicurezza di una ragazza che vuole passeggiare tranquilla su un boulevard o entrare in un cafte. «Allez mettre une juppe dans certains quartiers...», Provate ad andare in giro con una gonna in certi quartieri, dice con rabbia la vecchia signora femminista - Elisabeth Badinter - sulla copertina di Le Point. Non è questa la Francia che ci piace.

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