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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.12.2023 David Cameron: Cessate il fuoco aiuta Hamas
intervista di Luigi Ippolito

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 dicembre 2023
Pagina: 1
Autore: Luigi Ippolito
Titolo: «Cessate il fuoco, non ora»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/12/2023, a pag.1/3, con il titolo "Cessate il fuoco, non ora" l'intervista di Luigi Ippolito.
 
Risultati immagini per luigi ippolito corriere della sera
Luigi Ippolito
 

David Cameron
 
Roma Dopo sette anni passati a ruminare in un esilio auto-imposto dalla politica, l’ex premier britannico David Cameron non ha il tempo di annoiarsi nel suo nuovo ruolo di ministro degli Esteri: ieri ha fatto la spola fra Parigi e Roma, incontrando qui il suo collega italiano Antonio Tajani alla conferenza degli ambasciatori, prima di volare alla volta del Medio Oriente.

Lord Cameron, perché continuate a opporvi a un cessate il fuoco immediato a Gaza?

«Un cessate il fuoco lascerebbe Hamas al suo posto, con la loro ambizione di perpetrare altri attacchi terroristici come quelli del 7 ottobre: dunque non puoi avere un cessate il fuoco immediato e una soluzione basata sui due Stati, sono mutualmente incompatibili. Vogliamo un cessate il fuoco sostenibile, dunque non appena Hamas è messa fuori gioco e non sia più una minaccia per Israele: allora possiamo avere un cessate il fuoco allo stesso tempo di un processo di pace».

Ma la soluzione dei due Stati è ancora credibile?

«Ci vorrà molto lavoro e al momento potrebbe sembrare lontana , ma in qualche modo è diventato ancora piu necessario non tornare allo status quo precedente e trovare un nuovo cammino per avere Israele sicuro nei suoi confini e uno Stato palestinese allo stesso tempo».

In Ucraina sta vincendo Putin?

«No, non sta vincendo, ha subito un disastro catastrofico: ha perso 300 mila soldati, gran parte della flotta del Mar Nero, il suo tentativo di prendere l’Ucraina d’assalto è stato un totale fallimento, l’economia russa è piu povera e la Nato ha acquisito due splendidi nuovi membri. Dobbiamo completare quel disastro continuando a sostenere l’Ucraina: il fatto che abbiamo avuto sei mesi difficili non è una ragione per arretrare ma per raddoppiare gli sforzi».

L’Occidente però sembra stanco.

«Il modo di convincere la gente è che se dai un premio a un dittatore ottieni piu dittatori, se premi un invasore ottieni più invasioni, se premi qualcuno che ignora la sovranità di altri Paesi avrai la sovranità di altri Paesi messa in discussione. Ciò che l’Occidente deve fare è ciò che la sua forza economica può fare: le nostre economie sono 25 volte più grandi di quella russa, dunque se teniamo la rotta e diamo all’Ucraina il sostegno di cui ha bisogno possiamo far sì che Putin non vinca».

Come giudica la prospettiva ucraina di adesione alla Ue?

«Non spetta a me dirlo, noi non siamo nella Ue. Sosteniamo però le ambizioni dell’Ucraina: e la sua ambizione è radicarsi nell’alleanza euro-atlantica, essere parte della Nato e della Ue. Come membri della Nato sosteniamo la sua adesione al Patto atlantico, quando sarà possibile. Vogliamo fare tutto il possibile per rendere realizzabili le scelte dell’Ucraina, perché la loro scelta è avere una prospettiva euro-atlantica».

Ursula von der Leyen ha detto che la traiettoria della Gran Bretagna è chiara: si riavvicinerà sempre più all’Unione europea e forse un giorno vi rientrerà.

«Non condivido: la Gran Bretagna ha fatto la sua scelta al referendum, con un margine significativo, e abbiamo scelto di essere amici, vicini e partner della Ue, ma non membri. Il nostro lavoro è far funzionare quella partnership: portiamo le nostre risorse in una partnership con l’Europa per risolvere sfide e problemi, che sia l’immigrazione o aiutare l’Ucraina. E penso che possiamo farne un successo».

Ma si è pentito di aver indetto il referendum sulla Brexit?

«No, perché avevo fatto la promessa di indire un referendum due anni prima delle elezioni e abbiamo mantenuto quella promessa: il referendum si è svolto e il risultato è stato portato a termine. Io ho quindi lasciato il mio posto, ho passato un po’ di tempo fuori dalla politica ma sono felice di essere tornato: uno dei compiti che ho è far sì che questi amici, vicini e partner lavorino bene e sono fiducioso che sia possibile».

Con l’Italia c’è una grande intesa sull’immigrazione: pensate di copiare il piano Albania?

«Quello dell’Albania è uno schema molto interessante, ma noi abbiamo i nostri piani e stiamo spingendo avanti col piano Ruanda. Ma siamo molto interessati a cosa gli italiani stanno facendo, ci sono cose da apprendere per noi».

Siamo davvero travolti dall’immigrazione, come ha detto il premier Rishi Sunak?

«Quando hai una immigrazione illegale su vasta scala e così visibile, come gli sbarchi attraverso la Manica o il Mediterraneo, ciò mina fatalmente la fiducia della gente nel sistema di immigrazione e nella capacità dei politici di affrontare questi temi: mi focalizzo su questo più che su un linguaggio particolare. Quanto più riusciamo a dimostrare che il nostro sistema di immigrazione funziona ed è disegnato da noi per beneficiare i nostri Paesi, tanto più puoi essere aperto e generoso. La gente vuole sapere che lavoriamo nell’interesse del nostro Paese, ma se abbiamo una immigrazione illegale su vasta scala è molto difficile da dimostrare».

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lettere@corriere.it

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