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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.08.2022 Ucraina: un nastro giallo contro i russi
Cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 agosto 2022
Pagina: 18
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Un nastro giallo contro i russi: 'Qui sono i partigiani'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/08/2022, a pag.18, con il titolo "Un nastro giallo contro i russi: 'Qui sono i partigiani' " la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

Ukraine war: What might tip the balance? - BBC News

Parliamo di resistenza partigiana ucraina, sempre più forte e meglio organizzata, tanto da costringere l’esercito russo sulla difensiva. I suoi militanti distribuiscono migliaia di nastrini gialli per i territori contesi. Si possono scorgere ormai spesso per le strade delle regioni meridionali tra Kherson e Mariupol: nastrini gialli, sottili ma ben visibili alle fermate degli autobus, presso gli edifici pubblici, negli ospedali, sui rami degli alberi nei parchi, persino di fronte alle caserme. «Sono il simbolo della nostra speranza di riscatto, specialmente a Kherson. Li appendono i simpatizzanti della guerriglia partigiana, specie negli uffici che dovrebbero organizzare questo odiato referendum russo per l’annessione, che non vuole nessuno, e anche nei luoghi dove hanno appena colpito per uccidere i collaborazionisti traditori. I russi diventano matti di rabbia, appena li vedono li strappano via, ma il giorno dopo sono ancora lì», racconta infervorata la 42enne Anastasia Poliakova, incontrata nel tendone del centro di accoglienza sfollati di Zaporizhzhia, lo stessa dove tre mesi fa arrivavano stremati i fuggiaschi a Mariupol e adesso confluiscono quelli dai nuovi poli della guerra. Anastasia sino ai primi di marzo era un’alta funzionaria della «Oshad», la più importante banca statale ucraina. Ma si rifiutò subito di continuare a lavorare. «I russi pretesero di registrare i nostri documenti e che firmassimo una lettera dove noi dichiaravamo di essere disponibili a collaborare. Non firmai e ho perso il posto. Però sono contenta così, non voglio tradire il mio Paese per Putin», spiega. E dalla sua scelta personale alle simpatie per la guerra partigiana il passo è breve.

New ′Glory to Ukraine′ army chant invokes nationalist past | Europe | News  and current affairs from around the continent | DW | 24.08.2018

«Per noi tutti sono gli eroi del Zhovta Strichka, il Nastro Giallo. Ci infondono speranza, arrivano dove l’esercito non riesce a colpire, costringono i comandi russi a distogliere uomini e mezzi per dar loro la caccia», aggiunge. Ne parlano con rispetto in tanti tra gli sfollati. «I partigiani cancellano gli slogan della russificazione e vi scrivono sopra che l’esercito ucraino sarà qui molto presto, distruggono le antenne della televisione di Mosca, fanno paura alle loro pattuglie», dice Viktor Porokniuk, un 17enne arrivato con la madre. Il tema della resistenza armata ucraina, che sta facendo da spalla alla controffensiva dell’esercito regolare voluta da Zelensky per riconquistare Kherson e costringere i russi a ridurre gli attacchi nel Donbass, è tornato in auge con l’emergere di un possibile suo ruolo nel blitz quattro giorni fa contro la grande base aerea russa di Saki, in Crimea. Se ciò fosse confermato, significherebbe che la guerriglia ha ormai costruito una rete di solidi legami con le forze speciali ucraine. Pare che siano riusciti a fare saltare alcuni convogli ferroviari militari e contribuiscano a fornire i dati Gps degli obbiettivi sensibili all’artiglieria ucraina. «I partigiani arrivano dove gli Himars fanno fatica», recitano i loro slogan sui muri, riferendosi ai lanciarazzi americani che con potenza e precisione stanno mettendo in ginocchio le linee di rifornimento russe e distruggendo i ponti sul Dnepr. Soprattutto, sono settimane ormai che i suoi attivisti fanno del loro meglio per boicottare il referendum voluto da Putin e che dovrebbe sancire l’annessione, sul modello di quello che si tenne nel 2014 dopo l’invasione della Crimea e mai riconosciuto dall’Onu e nel mondo democratico. «Di questo referendum sappiamo poco, da Mosca arrivano segnali confusi. Ma sembra debba tenersi l’11 settembre e annetterci tutti alla Russia», dicono gli sfollati. Tre giorni fa una forte esplosione ha devastato i locali della sede centrale del comitato elettorale a Melitopol. Spesso la mattina si trovano volantini che invitano la popolazione ad astenersi. Non mancano gli assassini mirati contro i collaborazionisti che si adoperano per il voto. Pochi giorni fa era stato preso di mira Yevgeny Soblev, responsabile del carcere centrale di Kherson, dove sono imprigionati migliaia di oppositori. Nei locali della vecchia industria del vetro, nota come Steklotari, sono stati rinchiusi i manifestanti delle rivolte antirusse di marzo. I pochi che escono raccontano di torture diffuse e centinaia di oppositori spariti nel nulla. Si può essere fermati per la strada anche se soltanto si parla ucraino, negli uffici pubblici e ai posti di blocco occorre usare il russo se non si vogliono guai. Soblev è un uomo detestato sin da quando decise di collaborare con l’invasore e si adoperò per aiutare i servizi segreti di Mosca per catturare i vecchi dirigenti che avevano lavorato con lui sino al giorno prima. L’esplosivo era stato appeso ad un albero presso la sua auto, ma lui è rimasto solo leggermente ferito. Anche il massimo responsabile regionale, Vladimir Saldo, è stato preso di mira più volte, uscendone vivo per miracolo. Molto meno fortunati sono stati i suoi assistenti. Pavel Slobodchikov rimase ucciso da un cecchino mentre guidava l’automobile e Dmytry Savluchenko è morto bruciato nella sua utilitaria fatta esplodere via remoto. I profughi di Zaporizhzhia raccontano che la resistenza trova nuovi militanti con l’avvicinarsi delle unità ucraine a Kherson. I civili che possono se ne vanno. «Tra poco i bambini saranno costretti a iscriversi nelle nuove scuole russe e alle famiglie sarà vietato di partire. Sarà allora che prenderanno le nostre carte d’identità per registrarci come votanti al referendum», spiega Oxana, 52 anni, che ieri era fuggita con la figlia 16enne Sofia.

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