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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.04.2022 Norman Manea: 'La salvezza dalle guerre è anche nei libri'
Lo intervista Marco Bruna

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 aprile 2022
Pagina: 17
Autore: Marco Bruna
Titolo: «La sofferenza in battaglia genera i nuovi eroi ucraini»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - La Lettura di oggi, 24/04/2022, a pag. 17, con il titolo "La sofferenza in battaglia genera i nuovi eroi ucraini", l'intervista di Marco Bruna.

Norman Manea - il racconto originale dell'antisemitismo, del totalitarismo  e dell'esilio [biografia]
Norman Manea

La storia di Norman Manea, scrittore ebreo romeno originario della Bucovina, è una storia di fratture esistenziali, di fantasmi e sofferenze oggi risvegliati dalla devastazione dell'Ucraina. Nato nel 1936, Manea ha vissuto sotto il regime fascista di Ion Antonescu. Nel 1941, a cinque anni, venne deportato con la famiglia in un campo di lavoro, e lì rimase fino al 1944: un'umiliazione a cui nel tempo si sarebbero aggiunte l'avvilente esperienza del comunismo di Nicolae Ceausescu — i suol libri censurati, lui spiato —, una breve permanenza in un istituto psichiatrico e la difficoltà di lasciare la terra natale, perché uno scrittore è nulla senza la propria lingua. Dopo avere meditato a lungo sull'esilio, Manea trovò la forza di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1988, grazie a una borsa di studio dell'American University di Washington. Poco tempo dopo diventò professore al Bard College, nello Stato di New York, e grande amico di Philip Roth, il «fratello americano affettuoso e disponibile» che gli dedicò il romanzo L'animale morente (2001), con il quale Manea condivise un sodalizio lungo trent'anni. Prima di morire, Roth scrisse a Leon Botstein, presidente del Bard College (nel cui cimitero aconfessionale Roth è sepolto), per chiedere che gli venisse assegnata una tomba accanto a quella di Manea, «in modo da non annoiarsi in quell'interminabile altrove» quando sarebbe arrivato il momento della fine anche per l'amico. Leggendo le opere di Manea — saggi, romanzi, raccolte di storie brevi, una delle più famose è l'autobiografia II ritorno dell'huligano (2003, il Saggiatore), racconto del viaggio in Romania, anni dopo, per cercare di ricostruire le fratture esistenziali — si prova un senso di irrealtà, come se nelle pagine si aggirassero sonnambuli al posto di essere umani «"Vengo da una regione dove vivevano uomini e libri", diceva un grande poeta dell'esilio, Paul Celan, che è nato nella mia Bucovina cosmopolita e si è ucciso in esilio, a Parigi», scrive Manea nel volume Le Grand Tour (2022), una mappa letteraria del Vecchio Continente, curata dall'autore francese Olivier Guez, che riunisce 27 scrittori, uno per ogni Paese dell'Unione Europea. Vincitore nel 2002 del Premio Internazionale Nonino, Norman Manea ha risposto a «la Lettura» via email da New York, dove vive, con l'aiuto della traduttrice dal romeno Anita Bernacchia.

L'Europa è di nuovo in guerra. Lei ha vissuto le devastanti conseguenze del Secondo conflitto mondiale... «Siamo minacciati dal dispotismo bellicoso di una potenza militare, disposta a qualsiasi impresa pur di riacquisire lo status di grande forza globale».

Lasciare la Romania per lei è stato traumatico. Che emozioni riaffiorano davanti alle Immagini dei rifugiati ucraini bombardati mentre sono costretti ad abbandonare la loro terra? «Questa situazione ha resuscitato un passato i cui echi si ritrovano nell'odierno risorgere di pericoli devastanti, in grado di cambiare il destino dell'Europa e del mondo. Un avvertimento impossibile da ignorare. Le peculiarità storico-geografiche della Bucovina in cui sono nato, nel nord della Romania, hanno molto in comune con quelle dell'Ucraina. Nel 1940, la Bucovina fu divisa tra l'Unione Sovietica, a cui andò la parte settentrionale (oggi Ucraina), e la Romania, per la parte meridionale. Non ho dimenticato lo choc di essere un bambino durante la Seconda guerra mondiale, nel lager della Transnistria ucraina, le notti di paura, la fame, le malattie e l'insicurezza perenne. Mi sento ancora una volta un possibile prigioniero di questa realtà sanguinosa, davanti a un aggressore arrogante e cinico che minaccia l'equilibrio e la pace mondiale».

Per uno scrittore le parole sono tutto. Cosa pensa delle parole di Putin? «Quello di Putin è il tipico discorso demagogico che fa eco a stalinismo e sete di dominio, così come alla perversione ipocrita, responsabile di tante tragedie».

E delle parole di Zelensky? «Zelensky incarna la naturalezza della ragione e il coraggio di un popolo assediato, unito nella ricerca disperata della sopravvivenza».

Come giudica il tentativo di Putin, uno degli autocrati contemporanei, di capovolgere l'ordine mondiale? «Putin è lo stesso agente del Kgb che era in gioventù, crudele e arrogante, con la differenza che oggi è in grado di muovere le leve di una potenza militare. La retorica di Putin è propaganda nazionalista estremista che occulta l'assedio della popolazione civile e respinge un umanesimo assente o ammutolito».

E' d'accordo con la linea di Joe Biden? «Biden è un politico razionale, dotato di senso morale e umanità, in un'epoca di confusione e contrasti».

Una conseguenza della guerra sarà l'inizio di una nuova Cortina di Ferro? «È molto probabile. Oltre a questa nuova Cortina di Ferro ci sono la Russia, l'Iran, la Cina, la Corea del Nord e altri Paesi il cui peso, nell'ottica di un equilibrio mondiale, non va affatto trascurato».

Lei ha scritto che «la sofferenza non cl rende persone migliori o eroi» perché «come tutte le cose umane, corrompe».

Dove andrà a finire tutta la sofferenza del popolo ucraino? «La sofferenza sul campo di battaglia può generate eroi. Il capitolo ucraino della sofferenza e dell'eroismo si guadagnerà un posto di riguardo nella storia contemporanea».

Che impatto avrà questa guerra sulla letteratura? «Un necessario risveglio alla realtà e ai suoi orrori”.

Nel mondo culturale assistiamo a una crescente russofobia. Perché è necessario salvare scrittori e artisti russi? «Gli scrittori russi, ne sono convinto, sono schierati accanto agli scrittori europei, a quelli americani e del mondo intero, in prima fila nell'impegno per la solidarietà, nella difesa della fedeltà ai valori etici, contro l'abbrutimento, e nello smarrimento collettivo di una situazione che ci mette a dura prova».

La letteratura può salvarci dagli orrori dl questa guerra? «Le biblioteche di tutto il mondo si riveleranno una cura duratura e salvifica. I lettori riusciranno sempre a trovare le pagine giuste».

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