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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.04.2022 Ucraina, la conta dei morti per le strade
Analisi di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 aprile 2022
Pagina: 2
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «I corpi dei morti i racconti dei vivi: russi senza pietà»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/04/2022, a pag.2, con il titolo "I corpi dei morti i racconti dei vivi: russi senza pietà" la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

Immagine correlata
Lorenzo Cremonesi

I russi hanno bombardato i cittadini rifugiati al Dramatic Theatre di  Mariupol
Mariupol

A vederli gettati alla rinfusa nella trincea scavata di fresco, questi poveri corpi sembrano cose, manichini dalle apparenti sembianze umane confusi nella terra sabbiosa. I militari ucraini, assieme ai volontari della difesa civile, nelle ultime ore li hanno deposti in sacchi di plastica nera, ma ancora emergono mani rattrappite, unghie annerite di sangue rappreso e stracci di vestiti, giacche strappate. I russi dicono che è una montatura degli ucraini, ma le immagini satellitari diffuse ieri sera dal New York Times mostrano che diversi cadaveri erano già per le strade di Bucha l'11 marzo. Il confronto con un video girato il 2 aprile da un consigliere locale mostra i corpi nelle stesse posizioni. Viene da paragonare tutto questo al modo in cui noi trattiamo i nostri defunti. Come possiamo immaginare civili torturati e abbandonati nell'agonia? Come accettare l'idea di donne, vecchi e bambini trucidati a sangue freddo, l'immagine di uomini fucilati con le mani dietro la schiena, o ancora il fetore di un massacro insepolto? E, invece, eccoli questi fagotti informi, alcuni dei quali sono stati lasciati per settimane a decomporsi sul selciato delle strade sconvolte dalle bombe e nelle cantine dove adesso vengono via via trovati dalle squadre di soccorso.

«Guardate qui attorno»
Li abbiamo visti ieri nei pressi della basilica di Bucha, una decina di sacchi neri appoggiati gli uni sugli altri che attendevano di essere portati via, senza cerimonie, senza nessuno che li piangesse. Quanti sono in tutto? Due giorni fa soltanto qui erano una quarantina, la zona viene via via ripulita. «Se guardate Tatiana, 35 anni qua attorno forse ne troverete altri. Potrebbero essere ancora centinaia. Occorre cercare tra la terra smossa dei giardini, nelle abitazioni, dentro le cisterne, ma soprattutto nelle macchie di bosco e lungo il fiume», dice Oleg Anatolienko, il poliziotto 43enne di guardia al quartiere della chiesa. Le autorità ucraine sostengono di avere recuperato e identificato sino ad ora oltre 4io cadaveri nella trentina di villaggi attorno a Kiev appena evacuati dall'esercito russo in ritirata verso la Bielorussia.

La ritirata
A dire il vero, sembra piuttosto una rotta. Il Pentagono conferma che almeno due terzi delle forze russe, che componevano l'armata originariamente destinata a conquistare la capitale, negli ultimi quattro giorni sono usciti dai confini dell'Ucraina. Anche qui a Bucha i soldati ucraini non temono contrattacchi, almeno per il momento, possono cosi concentrarsi sulla ricerca dei morti, sull'assistenza ai sopravvissuti e soprattutto sullo sminamento della regione. «I russi ritirandosi hanno lasciato montagne di proiettili inesplosi e migliaia di mine, molte innescate come bombe trappola per boicottare la nostra opera di bonifica», aggiunge Oleg.

Parola d'ordine
«Zviak», che in ucraino significa chiodo. Ce la dicono nel primo pomeriggio i volontari che portano cibo e medicine e improvvisamente i posti di blocco sulla strada per Bucha diventano più facili da passare. Si trova 37 chilometri a nord della capitale, arrivandoci non è difficile capire il motivo dell'importanza: è il nodo stradale che arrivando dalla Bielorussia garantisce di imboccare le grandi arterie che conducono facilmente a Maidan. I russi dovevano prenderla, necessitavano dei carri armati per battere la guerra partigiana, fatta di barricate e bottiglie molotov, che li attendeva nella cerchia metropolitana di Kiev. Poco prima c'è la zona dell'aeroporto di Hostomel, dove i russi già la mattina del 24 febbraio avevano paracadutato le loro teste di cuoio per poi puntare sugli uffici del governo di Zelensky. Oggi la sfioriamo appena. E subito dopo ci sono i resti carbonizzati degli edifici belli e delle ville con piscina a far comprendere la vastità prolungata della battaglia: Bucha è ormai un grande campo di macerie. Non c'è costruzione che non sia stata colpita. I palazzi del centro sono inabitabili, le strade deserte, con detriti di ogni genere che ci costringono a continue gimcane per non forare. I pochi civili rimasti si muovono come fantasmi tra rottami, quasi tutte le auto e i bus ai lati delle strade sono danneggiati dai proiettili, sui sedili macchie di sangue. I testimoni insistono sulle rapine dei soldati russi. «Telefonavano alle loro famiglie a casa e chiedevano cosa dovessero rubare», racconta Tatiana, 35 anni. «La moglie di uno ha chiesto che lui prendesse il computer di nostra figlia per darlo alla loro». Un uomo mostra le carte di credito ancora sparse per strada. «Ci prendevano i portafogli. Rubavano nelle cucine, volevano vodka e sigarette. Ma qui hanno cercato di portarsi via anche le tegole che usavamo per rifare il tetto». Proprio nella centrale Vokzalna, la via che porta alla stazione ferroviaria, il 56enne Dmytro ha resistito per quasi un mese e mezzo sotto le bombe con il padre Grigory di 85 anni. «I russi sono venuti a prendersi i nostri cellulari. Non siamo mai usciti di casa, troppa paura: dormivamo a terra per evitare le schegge. Tre giorni fa abbiamo guardato per la prima volta fuori dal cancello e sulla strada abbiamo visto quindici persone uccise a colpi di mitra, tutti i nostri vicini che avevano deciso di restare», racconta. A poche decine di metri da loro si trovano i resti carbonizzati di un'intera colonna blindata russa. Decine di carri armati e mezzi logistici ridotti a ferraglia annerita. Fu il 27 febbraio. I partigiani locali colpirono il tank di testa e quello di coda: gli altri rimasero intrappolati e per i droni e le artiglierie ucraine fu un gioco da ragazzi colpirli uno a uno. Non è da escludere che proprio allora sia iniziata la vendetta: soldati impauriti decisi a prendersela vigliaccamente con i civili. Dietro l'angolo ci sono i resti di un'auto carica di valigie devastata dai proiettili, si vedono a terra giocattoli e vestitini. L'accusa di violenze sessuali continua a venire ripetuta. All'una del pomeriggio arriva in visita il presidente Zelensky. «A Bucha si è consumato un genocidio», dichiara, quindi si rivolge alle madri dei soldati russi: «Anche se avete cresciuto dei saccheggiatori, come possono essere diventati dei macellai? Hanno trattato gli ucraini peggio degli animali». Uscendo dal centro incontriamo diverse chiazze di sangue, i locali mostrano il luogo dove hanno raccolto gli uomini fucilati con le mani legate e persino la bicicletta dell'anziana la cui foto ha fatto il giro del mondo. A terra c'è ancora la sua borsetta aperta: occhiali da vista infranti, un tubetto di crema per le mani, un barattolo di legumi...

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