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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.02.2022 Iran: la storia di Masih Alinejad
Cronaca di Gaia Piccardi

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 febbraio 2022
Pagina: 19
Autore: Gaia Piccardi
Titolo: «Un fiore al posto del velo, la lotta a distanza di Masih che ispira le donne iraniane»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/02/2022, a pag.19, con il titolo "Un fiore al posto del velo, la lotta a distanza di Masih che ispira le donne iraniane" l'analisi di Gaia Piccardi.

Masih Alinejad - Wikipedia
Masih Alinejad

Una nuvola di ricci neri, e un fiore bianco nei capelli. La rivoluzione gentile di Masih Alinejad, 45 anni, iraniana di Ghomi Kola, ex giornalista parlamentare a Teheran, o attivista politica in esilio negli Stati Uniti con oltre sei milioni di follower su Instagram, è cominciata togliendosi l'hijab, sventolando una sciarpa bianca e invitando le donne mediorientali ad imitarla: «Chi mi manda un video, rischia dieci anni di reclusione. Hanno iniziato a riprendere la nuca, poi il volto; in fretta sono diventata la loro voce. Un onore e una responsabilità». E Be My Voice, regista Nahid Persson, è il film potente e straziante che Tucker Film manda nei cinema il 7 marzo, vigilia della festa della donna. Su zoom, preceduta dal saluto del marito Kambiz Foroohar, ecco i ricci, il fiore, il sorriso. Ecco Masih. La sua energia indomabile è un rischio per la Repubblica Islamica, che ogni giorno la minaccia di morte. Racconta al Corriere: «Hanno messo una taglia sulla mia testa, hanno inventato la foto della mia impiccagione da mostrare in tv, dicono che mi getteranno l'acido in faccia; lo scorso luglio libi ha smascherato un commando di cinque persone venuto negli Usa per rapirmi. Sono sotto protezione: in dodici anni ho dovuto cambiare sei case, nel giardino dell'ultima ho lasciato l'albero piantato per mio fratello Ali, arrestato perché comunicava con me». La solidarietà attiva con le donne che in Iran e in Afghanistan vengono frustate se rifiutano di coprirsi il capo le ha fruttato una candidatura per il Nobel per la pace: «Ciascuna di noi è una piccola Rosa Parks che combatte contro l'apartheid di genere. La libertà non è gratis, ha un prezzo che sono felice di pagare. Solo se le iraniane mi chiedessero di fermarmi, smetterei di fare da megafono alle loro proteste». Perché il fiore, Masih? «Ti racconto una storia. Mio marito aveva perso l'anello di fidanzamento, per rimediare mi ha regalato un fiore. Per me è il simbolo dell'amore e della mia rivoluzione pacifica. Il regime ha le armi, le esecuzioni, la prigione. Noi donne abbiamo noi stesse e il telefonino con cui riprenderci a testa nuda». Il film segue le giornate di Alinejad a New York, le sue apparizioni a Tablet, programma in farsi di Voice of America, il filo diretto, 24 ore al giorno, con l'Iran, con le madri e le figlie che la chiamano in continuazione. Masih non si nega a nessuna: incoraggia, sostiene, conforta. Poi crolla esanime e in lacrime sul pavimento del salotto.

Be My Voice - Cinematografo
La locandina

Kambiz la consola, Nahid l'abbraccia. Impensabile lasciarsi andare: è lei la coscienza critica del Medioriente non moderato. «Le donne che mi raccontano il loro dolore mi motivano: le iraniane prigioniere del regime, le afgane sotto i talebani. Io posso cantare, ballare, andare allo stadio, guidare la bicicletta. Loro no. Solo il pensiero mi uccide. Ho due opzioni: sentirmi miserabile e deprimermi oppure reagire. E allora lascio che a deprimersi siano i carcerieri che non riescono ad avermi». L'hanno accusata di alimentare l'islamofobia («Non scherziamo: ho vissuto sotto la sharia, l'Islamismo radicale è più pericoloso della pandemia e viaggia alla stessa velocità»), ha parole di fuoco per i governi che si sforzano di normalizzare l'Iran («Anche i politici italiani, anche la vostra Mogherini, che a Teheran ha obbedito all'ordine di indossare l'hijab... Così si avalla il regime, così non cambierà mai niente»), guarda oltre: «Spero che Be My Voice faccia riflettere. Non è solo l'Iran, il punto è salvare il mondo dagli estremismi. L'Islamismo radicale è una minaccia per tutti, anche per te che vivi in Italia». Credi nel destino, Masih? «Oh sì, ma credo anche nella sorellanza, nel potere della parola e nell'esempio. Finche i governi occidentali riconosceranno, parleranno e faranno affari con la Repubblica islamica, finché l'opinione pubblica accetterà questa complicità, non ne usciremo». Se tornasse a Teheran, la decapiterebbero. «Non ci vado dal 2009, che nostalgia tremenda... Vivo guardandomi le spalle e dormo sperando di svegliarmi a casa mia, insieme alla mia famiglia». Senza regime, con i ricci al vento e un fiore bianco nei capelli.

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