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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.12.2021 'Zlateh la capra e altre storie', di Isaac B. Singer
Recensione di Antonella Lattanzi

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 dicembre 2021
Pagina: 39
Autore: Antonella Lattanzi
Titolo: «La capra salva l'uomo che salva la capra»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - La Lettura di oggi, 12/12/2021, a pag.39, con il titolo "La capra salva l'uomo che salva la capra", la recensione di Antonella Lattanzi.

Zlateh la capra | Isaac Bashevis Singer, Maurice Sendak - Adelphi Edizioni
La copertina (Adelphi ed.)

Quando, nel 1978, Isaac B. Singer vince il premio Nobel per la Letteratura, ha 74 anni e ha scritto decine di romanzi, saggi e racconti per adulti e bambini in lingua yiddish (lavori tradotti solo in un secondo momento in inglese). Nel discorso di ringraziamento per il Premio, spiega il perché di questa scelta. Scrivo in una lingua morente, dice, perché mi piace scrivere storie di fantasmi: «Più la lingua è morta, più il fantasma è vivo». C'è anche un altro motivo: «L'yiddish è la mia lingua madre e una madre non è mai morta per davvero». Nello stesso discorso, Singer racconta anche perché scrive storie per bambini: i bambini leggono libri, non recensioni, non leggono per trovare la loro identità, non leggono per liberarsi dai peccati, non gli importa della psicologia, detestano la sociologia, non cercano di capire Kafka o Finnegans Wake, credono ancora in Dio, nella famiglia, negli angeli, nei diavoli, e in altre cose obsolete come punteggiatura, chiarezza e logica, amano le storie interessanti, se mentre leggono si annoiano, sbadigliano, senza paura o cura di alcuna autorità. E, per finire: «Non si aspettano che il loro amato scrittore riscatti l'umanità. Per quanto giovani, sanno che non è in suo potere. Solo gli adulti hanno illusioni così infantili». Nato in Polonia nel 1904, morto a Miami nel '91, definito il Toltosj ebreo, uno dei più grandi scrittori della nostra epoca, Isaac B. Singer ha scritto capolavori per adulti come La famiglia Moskat, Ombre sullo Hudson, Il mago di Lublino, e tutta una letteratura per bambini che trova il suo apice in Zlateh la capra e altre storie, pubblicato per la prima volta nel 1966 e magistralmente illustrato da Maurice Sendak, un altro maestro del nostro tempo. Candidato al Newbery Award nel '67, uno dei più importanti premi americani di letteratura per ragazzi, Zlateh è tutt'altro che una raccolta per bambini. Scritta originariamente in yiddish e poi tradotta, questa raccolta di 7, preziosissimi racconti si annuncia così: «Nelle storie il tempo non svanisce, e nemmeno gli uomini e gli animali. Ciò che è successo tanto tempo fa è ancora presente. [...] Dedico questo libro ai molti bambini che non hanno avuto la possibilità di diventare grandi a causa di stupide guerre e di persecuzioni crudeli che hanno devastato città e distrutto famiglie innocenti». I personaggi, le storie di Zlateh affondano le loro radici nella tradizione delle comunità ebraiche della Polonia, dove Singer è nato (molto presto, per sfuggire alla minaccia antisemita, si trasferisce in America). Ma, tra uomini stupidi e uomini saggi, diavoli sotto mentite spoglie («è risaputo che i diavoli non proiettano ombre» ed è questo un modo per scoprirli, quando si nascondono), illuminazioni divine che ti chiedono una sola cosa — avere fede negli uomini e negli animali, non tradirli — questo piccolo tesoro fa proprio quello che Singer promette: travalica il tempo, le lingue, le età, le religioni, i morti e i vivi per raccontare storie e villaggi che potrebbero essere dovunque e in qualunque epoca. In paesaggi immersi nella neve che accompagna Hannukkah, la festa delle luci, Singer racconta della tristezza, della depressione perfino, e della lotta per trovare un nuovo senso ogni giorno: «All'improvviso Atzel si ammalò. Era una malattia di cui nessuno aveva mai sentito parlare: Atzel era convinto di essere morto». Racconta del tentativo di trovare una misura, un equilibrio, tra le nostre passioni (a volte distruttive) e la vita; sarà paradossalmente un diavolo travestito da viandante a rivelare a un gruppo di bambini il piacere della fine di un gioco, per poi essere pronti a giocare ancora: domani. Racconta di una neve che cade per tutta la notte e copre «tutta Chelm come una tovaglia d'argento» e così facendo dimostra che anche nei libri per bambini la lingua è tutto, è ciò che distingue un buon libro da uno cattivo, una buona storia da una cattiva. Racconta di tragedia e speranza, di anziani saggi che in realtà sono solo fantasiosi. Racconta del «primo shlemiel al mondo» — il «tonto» dell'umorismo yiddish — incapace di prendersi cura di chiunque, men che meno di suo figlio o di sé. Racconta di un Paese in cui faceva troppo caldo e in cui non era caduta ancora la neve benché fosse Hannukkah, per cui la famiglia del pellicciaio fu costretta ad affidare al figlio Aaron l'adorata capra Zlateh — che viveva con loro da sempre — perché fosse venduta al macellaio di un villaggio vicino. Il viaggio, dolorosissimo per Aaron e anche per la capra, che ha sempre creduto nell'uomo ma ora si chiede che cosa le stia facendo, è un viaggio mistico sotto una tormenta di neve in cui uomo e animale si salvano a vicenda. Un racconto bellissimo. C'era una volta un paese lontano lontano. Forse, però, grazie alla letteratura, nulla è mai davvero morto, perduto o distante.

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