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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.10.2021 In Italia, dentro e fuori dal ghetto, la storia ebraica in mostra al Meis di Ferrara
Commento di Stefano Bucci

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 ottobre 2021
Pagina: 43
Autore: Stefano Bucci
Titolo: «In Italia, dentro e fuori dal ghetto. Gli ebrei dal 1516 alla Grande guerra»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/10/2021, a pag. 43, con il titolo "In Italia, dentro e fuori dal ghetto. Gli ebrei dal 1516 alla Grande guerra" il commento di Stefano Bucci.

Oltre il ghetto. Dentro&Fuori | 29 ottobre 2021 - 15 maggio 2022, Ferrara -  politicamentecorretto.com

Il Meis, il Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara fin dalla sua inaugurazione (il 13 dicembre 2017) ha voluto essere, da una parte, «testimonianza delle vicende che hanno caratterizzato la bimillenaria presenza ebraica in Italia» e, dall'altra, valorizzare «l'eccezionale continuità di un percorso ricco, ininterrotto in cui gli ebrei hanno portato alla storia e al tessuto del Paese le proprie tradizioni e un fondamentale contributo culturale, tra periodi di convivenza e interazioni feconde, e altri di discriminazione e persecuzioni, come la chiusura nei ghetti e la tragedia della Shoah». Luogo d'incontro e di scambio tra culture, laboratorio di idee e di riflessioni il Meis conferma ulteriormente queste sue (buone) intenzioni con' la mostra che si apre al pubblico oggi (fino al 15 maggio) nel cuore di Ferrara, in quegli stessi spazi dove fino al 1992 c'erano state le carceri, cost trasformate in concreto simbolo di dialogo e di inclusione. Oltre il ghetto. DentroeFuori (questo il titolo dell'esposizione a cura di Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti, Sharon Reichel) racconta l'esperienza degli ebrei italiani dall'epoca dei ghetti (a partire dal 1516 con l'istituzione del primo, quello di Venezia) allo scoppio della Prima guerra mondiale. Un percorso che prosegue la narrazione intrapresa con Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni (2018, curata da Anna Foa, Daniele Jalla e Giancarlo Lacerenza) e con Il Rinascimento parla ebraico (2019, curata da Giulio Busi e Silvana Greco), due mostre temporanee ora condensate, sempre al Meis (oggi presieduto da Dario Disegni e diretto da Amedeo Spagnoletto) nella «permanente» Ebrei, una storia italiana.

Il viaggio è scandito da oltre ottanta tra opere d'arte, oggetti di uso rituale e quotidiano, documenti d'archivio e di famiglia che raccontano secoli di storia attraverso esperienze, individuali e di gruppo che si rivelano indissolubilmente intrecciate con le fasi cruciali che porteranno all'Unità d'Italia. Come dimostra il Ritratto di Giuseppe Garibaldi dipinto a Parigi nel 1882 da Vittorio Corcos (1859-1933)e oggi conservato al Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno (alla comunità ebraica livornese è dedicata una sezione della mostra). E come viene, sin dall'inizio della mostra (che ha ricevuto la Medaglia del presidente della Repubblica, ribadito dalla scelta dei curatori di aprire il percorso con la monumentale tela di Ester davanti ad Assuero (1733) di Sebastiano Ricci (1659-1734) proveniente dal Quirinale Opera tardiva di Ricci, eseguita un anno prima della morte, il dipinto raffigura uno dei personaggi chiave della mostra. Ester (protagonista di un'altra delle sezioni), che tace la sua origine ebraica e sposa il sovrano per salvare il suo popolo in pericolo e che diventerà simbolo e punto di riferimento prima per i conversos, gli ebrei spagnoli e portoghesi convertiti forzatamente al cristianesimo.

MEIS: aspettando la grande mostra “Oltre il ghetto. Dentro & Fuori” in  programma da marzo 2021 – Telestense
Ester davanti ad Assuero (1733) di Sebastiano Ricci

Quadri come Interno di sinagoga di Alessandro Magnasco (1703) proveniente dalla Galleria degli Uffizi o Il rapimento di Edgardo Mortara (1862) di Moritz Daniel Oppenheim (dalla collezione di arte giudaica di Jay e Jeanie Schottenstein) dialogano felicemente con testimonianze di tradizione e feste (la chiave di uno dei portoni del ghetto di Ferrara, XVIII secolo), delle cinque scole di Roma (il Musai con le orazioni aggiunte da recitare il giorno del Kippur dall'archivio storico della comunità Giancarlo Spizzichino di Roma), delle arti e dei mestieri «oltre il ghetto». Opere che sembrano ogni volta ribadire il legame tra l'ebraismo e l'Italia: il Manifesto di Sam Copio Sullam (1621) della Biblioteca del Correr di Venezia e la porta dell'Aron HaQodesh, l'Armadio sacro (fine del XVIII- inizio del XIX secolo) che venne donato nel 1884 dalla Università Israelitica locale al Museo Civico di Torino; il segna-offerta della sinagoga di Carmagnola (XIX secolo, dall'archivio Ebraico Terracini); la Guerriera (1866) di Giacomo Casa (1827-1887) oggi nella collezione dell'arte dell'Ottocento di Banca intesa. Dunque, un viaggio tra antigiudaismo e emancipazione, un itinerario dentro e fuori dal ghetto che attraverso macrostoria (il Regio decreto del 29 marzo 1848 con il quale si ammettono tutti gli israeliti a godere di tutti i diritti civili) e microstoria (il baule in legno e inserti di acciaio appartenuto alla crocerossina Matilde Levi, 1869-1959, di Viterbo, oggi nella collezione del Meis) spinge a interrogarci su temi ora più che mai attuali come l'integrazione e l'esclusione.

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