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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.08.2021 Azar Nafisi: 'Le donne primo obiettivo degli estremisti, in Afghanistan come in Iran'
La intervista Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 agosto 2021
Pagina: 8
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «'Le donne sono l'obiettivo delle forze totalitarie, a Kabul come a Teheran'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/08/2021, a pag.8, con il titolo ''Le donne sono l'obiettivo delle forze totalitarie, a Kabul come a Teheran" l'intervista di Viviana Mazza.

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Viviana Mazza

Azar Nafisi: «I libri sono utilise mettono i lettori a disagio» -  Corriere.it
Azar Nafisi

“E’ difficile esprimere a parole quello che sento. Sento una grande indignazione e quasi impotenza nel vedere i talebani prendere l'Afghanistan, con la violenza e la paura che aumentano, mentre tutto ciò che noi facciamo è guardare. Purtroppo, sia questa che la precedente amministrazione in America sembrano unite nella volontà di ritirarsi in questo modo», dice Azar Nafisi, la celebre scrittrice di Leggere Lolita a Teheran (Adelphi), che lasciò l'Iran dopo la Rivoluzione Islamica del 1979 e vive in America. «I talebani sono arrivati e resteranno nel prossimo futuro. Penso che dovemmo farci avanti, presentare delle richieste di diritti per la società civile, per le donne che sono in prima linea ma anche per tutti i cittadini afghani. C'è un ruolo che il mondo può svolgere. Non dobbiamo abdicare alle nostre responsabilità. Quello che succederà in Afghanistan si ripercuoterà su di noi, il Paese diventerà un santuario del terrorismo. Ma non dobbiamo rinunciare a sperare e dovremmo restare in contatto con chi nella società civile sta lottando per le proprie vite e i propri diritti».

Ci sono differenze gigantesche tra l'Iran e l'Afghanistan. C'è qualcosa in comune per quanto riguarda le battaglie delle donne? «Ci sono enormi differenze ma anche somiglianze. Spesso le forze totalitarie conquistano con la violenza e non è un caso che le donne siano sovente il loro primo obiettivo. Se vuoi sapere quanto è libera e aperta una società, guarda quanto sono libere le sue donne. Le donne, la loro cultura e la loro storia sono il primo obiettivo di forze come i talebani. Una cosa alla quale in America e in Occidente non si presta attenzione è che le donne vengono attaccate perché rappresentano una visione alternativa dell'identità di questi Paesi. I talebani in Afghanistan e le istituzioni della Repubblica Islamica in Iran sostengono di rappresentare la cultura e la storia locali, ma se guardi alle battaglie storiche delle donne ti rendi conto che questo è completamente falso. Penso a quanto fossero libere e attive le afghane sotto Mohammad Zahir Shah; per non parlare di come, nonostante la corruzione, siano state in questi vent'anni all'avanguardia di lotte per i diritti. Forze come i talebani e la Repubblica Islamica hanno paura delle donne, usano tanta violenza perché rappresentano qualcosa di cui loro negano l'esistenza. La libertà per le donne afghane e iraniane non è una cosa occidentale».

II fatto che l'Occidente sostenga di portare queste libertà rende anche più facile ai regimi rivendicarle come qualcosa di alieno alle tradizioni e da rifiutare? «È quello sostengo da vent'anni. Lapidare a morte, costringere al matrimonio a 9 anni non sono tradizioni afghane o iraniane. Affermare che costringere le donne a portare il burqa sia parte della cultura afghana, iraniana o musulmana è come dire che la schiavitù è parte della cultura americana. Le donne in Europa e in America hanno ottenuto il diritto di voto solo all'inizio del secolo scorso; le iraniane lo hanno avuto prima di alcune donne nei cantoni svizzeri».

È possibile aiutare le donne e la società civile a negoziare con i talebani per difendere le libertà dl studio, di lavoro, di movimento? «Quel che mi preoccupa è che i talebani sono una forza talmente violenta che potrebbero non ascoltare il mondo, ma d'altro canto vogliono essere riconosciuti e devono fare delle concessioni. La situazione delle donne dovrebbe essere tra le priorità nelle richieste degli Stati Uniti e dei Paesi democratici. Il problema è che ai nostri politici questo non interessa molto, perciò penso che le forze democratiche nei media e nella società non devono mollare, devono mettere in imbarazzo i governi che non appoggiano i diritti delle donne e diventare la voce delle afghane, non solo oggi ma tra sei mesi, un anno».

L'opinione pubblica in America è favorevole al ritiro. Come sta reagendo ora? «Il problema in America è che alla gente per vent'anni è stato detto che i soldi dei contribuenti andavano in Afghanistan e i soldati morivano in un'impresa senza speranza, ma non si è mai raccontato loro com'è questo Paese, com'è davvero la sua gente, per via di quella condiscendenza che si prova nei confronti dei Paesi a maggioranza musulmana. L'opinione pubblica si basa su una parte della verità, non su tutta la verità».

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