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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.04.2020 Brigata Ebraica e 25 aprile: parlano i reduci dell’ 'esercito senza Nazione'
Analisi di Silvia Turin

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 aprile 2020
Pagina: 1
Autore: Silvia Turin
Titolo: «Brigata Ebraica e 25 aprile: parlano i reduci dell’ 'esercito senza Nazione'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA online di oggi, 25/04/2020 con il titolo "Brigata Ebraica e 25 aprile: parlano i reduci dell’ 'esercito senza Nazione' ", l'analisi di Silvia Turin.



Il 25 aprile in Italia è l’occasione per ricordare ancora una volta i vessilli della Brigata Ebraica, spesso oggetto di strumentale contestazione nei cortei che celebrano la Liberazione e dimenticano il contributo dato da migliaia di giovani volontari ebrei (vedi “Il 25 aprile e i meriti degli ebrei”, di Paolo Mieli) alla lotta contro il nazi-fascismo in quei mesi cruciali del 1945. Quest’anno la memoria della loro partecipazione è sostenuta dalla recente approvazione (in autunno) da parte del Parlamento e poi del presidente Sergio Mattarella del decreto che conferisce alla Brigata la medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza. La Brigata partecipò alla Liberazione d’Italia con circa duemila tra uomini e donne (qui la storia completa, spiegata dal blog «Poche Storie»). Costituita nel 1944 dopo una trattativa tra ebrei palestinesi e Inghilterra (che allora amministrava Gerusalemme e i territori circostanti su mandato dalla Società delle Nazioni), era composta anche da ebrei provenienti da altri Paesi dell’allora Impero britannico, nonché da militari di origine polacca e russa scampati ai rastrellamenti nazisti in Europa. Dopo un periodo di addestramento in Egitto e Cirenaica, la Brigata ebraica fu imbarcata su due navi dirette in Italia. Fu integrata nell’VIII Armata britannica. Il 27 marzo 1945, insieme al Gruppo di Combattimento “Friuli” del rinato esercito italiano, fu tra l’altro protagonista dello sfondamento della linea Gotica nella vallata del Senio, nei pressi di Riolo dei Bagni, dove perse 38 soldati.Oggi i reduci della Brigata Ebraica sono meno di una decina e vivono tutti in Israele.

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Ruggero Gabbai, David Meghnagi

Il regista Ruggero Gabbai, specializzato nella produzione di docu-film (ultimo dei quali si intitola “CityZEN”, sul quartiere Zen di Palermo), e il professor David Meghnagi, direttore del master in Didattica della Shoah presso l’Ateneo di Roma Tre, hanno intervistato a Tel Aviv Joseph Seltzer, nato nel 1924, che ha combattuto nella zona di Ravenna, e Michael Fosh, nato nel 1926 in una piccola città della Polonia (che oggi si trova in territorio ucraino). Seltzer ha combattuto in molte battaglie ed è celebrato come eroe della Brigata. Lui e suo fratello (morto nel ‘48 nella guerra di indipendenza israeliana) hanno ricevuto molte onorificenze. Fosh, di due anni più giovane, arrivato in Israele orfano di entrambi i genitori, è stato in Italia quando ormai la guerra volgeva al termine e con la Brigata ha svolto il suo periodo di addestramento. Al Corriere della Sera l’anteprima in esclusiva delle loro testimonianze: «Gli italiani pativano la fame, c’era mancanza di cibo e noi lo davamo ai bambini. Davamo carne e formaggio per un po’ di pasta da fare con l’aglio. Per noi era fantastico e anche per loro. Ti davano tutto per una sigaretta: gli italiani non le avevano». Diverse regioni italiane furono liberate grazie al contributo di questi combattenti. Complessivamente, la Brigata combatté nel nostro Paese dal 3 marzo al 25 aprile 1945, con una perdita di 30 morti e 70 feriti. Nel cimitero di Piangipane di Ravenna sono stati seppelliti i corpi dei loro caduti. Al professor Andrea Bienati, docente di Storia e Didattica della Shoah ed estensore della premessa storica al testo di legge che conferisce alla formazione la medaglia, abbiamo chiesto perché ricordare la Brigata Ebraica e che significato storico ha la sua costituzione: «Dinanzi a un genocidio che li avrebbe visti vittime se fossero stati in Europa, giovani ebrei delle Terre del Mandato britannico in Palestina scelsero di cambiare la propria storia andando a combattere volontariamente dove si stavano consumando i crimini della Shoah. L’eroismo per le imprese militari, effettuate sul fronte italiano nell’ultimo anno di guerra, è solo un aspetto della vicenda e può contribuire a creare un’epica guerresca di quello che era stato pensato come “l’esercito ebraico per ebrei senza stato e di Palestina”. Da solo, però, non basterebbe a spiegarne l’unicità. Forse la storia della “stella di Davide” che era sulle mostrine delle uniformi di questi giovani può aiutare a rifletter: da simbolo usato dai nazionalsocialisti per etichettare gli ebrei, resi dalla propaganda e dalle leggi del Terzo Reich “colpevoli di esistere”, divenne simbolo della riscossa contro gli aguzzini e di speranza per il futuro». «I sopravvissuti al progetto di eliminazione totale con la divisa della cosiddetta “Brigata Ebraica” furono speciali anche tra le rovine fumanti dell’Italia del 1945, al cessare del crepitio delle armi – spiega il professor Bienati - . Si dedicarono al recupero della dignità della vita attraverso il soccorso fisico, educativo e morale dei sopravvissuti ai Lager, attuando un’operazione ante litteram di “search and rescue” destinata alle persone, alla cultura e al sentimento religioso soprattutto nei confronti degli ex deportati ebrei. Penso che anche raccogliere la testimonianza di soldati orgogliosi di vedersi ricordare come membri della “Brigata Ebraica” può diventare una sorta di parziale risarcimento morale per quanto fatto dall’Italia del Ventennio e della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.) contro una parte dell’umanità. Il ricordo dei combattenti che parlavano una lingua strana e “vestivano all’inglese” (come venivano descritti nelle zone italiane dove operarono) è anche una doverosa forma di gratitudine verso chi, lasciando volontariamente la sicurezza della propria terra, combatté per la Liberazione». I soldati che sopravvissero riuscirono a rientrare in Israele, alcuni vi emigrarono dalle loro città originarie. Per il sostegno dato ai profughi ebrei che volevano raggiungere la Palestina, la Brigata si scontrò con i comandi britannici. Nel luglio del 1946 il governo inglese decise di procedere al suo disarmo, alla sua smobilitazione e al rimpatrio nei Paesi d’origine. «L’approvazione del Parlamento all’unanimità della proposta di legge sulla Brigata Ebraica ha permesso di ricostruire una memoria condivisa su una pagina meno conosciuta della storia della Liberazione italiana ma non meno valorosa. Siamo in attesa del conferimento della medaglia all’associazione dei reduci: sarà un bel momento di memoria e valore», questo l’auspicio della parlamentare Pd Lia Quartapelle, prima firmataria della legge che conferisce la medaglia d’oro.

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