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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.02.2020 Addio a Kirk Douglas, ricordiamo il capolavoro 'I combattenti della notte'
Commento di Maurizio Porro

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 febbraio 2020
Pagina: 37
Autore: Maurizio Porro
Titolo: «Addio a Kirk Douglas, 103 anni divo della Hollywood dei sogni»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/02/2020, a pag. 37, con il titolo "Addio a Kirk Douglas, 103 anni divo della Hollywood dei sogni", la cronaca di Maurizio Porro.

Di Kirk Douglas, tra i massimi attori americani del Novecento, IC vuole ricordare il capolavoro "I combattenti della notte", che ripercorre la storia della liberazione di Gerusalemme, un film da vedere e rivedere. 

Ecco l'articolo:

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Maurizio Porro



La locandina

E’ morto Spartacus, il sindacalista della Roma imperiale. È morto Kirk Douglas a 103 anni, padre di Michael che ne ha dato l'annuncio. Sono morti il cinico giornalista dell'«Asso nella manica», il boxeur che nel «Grande campione» non sa accettare la sconfitta, il cacciatore di pelli della vecchia frontiera del «Grande cielo», il produttore senza pietà del «Bruto e la bella» con Lana Turner. E morto l'ufficiale francese pacifista che si oppone alla follia bellica di «Orizzonti di gloria» di Kubrick, è morto il primo cowboy, il Doc Holliday di «Sfida all'OK Corral», e l'ultimo, quello che si scontra col cavallo contro le auto in «Solo sotto le stelle». E morto con Kirk Douglas l'uomo senza paura di quasi 90 film, un metro e 8o della Hollywood dei sogni. Ed anche il patriarca della dinastia con la fossetta nel mento, vinse solo un Oscar alla carriera nel '96, dopo averlo perso per tre volte. Douglas, con i suoi caratteri ambiziosi e tormentati, è l'esempio classico del «self made actor», ha servito a tavola per mantenersi agli studi; ha lottato, non solo metaforicamente, prima di affrontare lo show business, cominciando dalla radio e dal teatro.

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Kirk Douglas

All'anagrafe risultava Issur Danielovitch Demsky, nato ad Amsterdam (New York) 11 9 dicembre 1.916 da una famiglia poverissima di emigrati ebrei russi, in cui il papà straccivendolo doveva sfamare 7 figli. Altro che cinema. Fino a che per la gente Douglas diventa 'eroe che, in cinemascope e technicolor, lotta contro il mondo intero e spesso soccombe, un ruolo in cui l'attore mette un tocco di moderna II profilo Kirk Douglas era nato nel 1916 ad Amsterdam, nello Stato di New York. II suo vero nome era Issur Danielovitch, figlio di genitori ironia: il fiocinatore di «20.000 leghe sotto i mari» di Verne più Disney e il guerriero vichingo Einat cui cavano un occhio, mentre Van Gogh si tagliava l'orecchio, in «Un magnifico ceffo da galera» aveva una gamba sola e nell'«Uomo senza paura» era pieno di cicatrici. E' Ulisse nel '54 per Camerini con una doppia Mangano (Circe e Penelope), primi tempi della Hollywood sul Tevere; e poi Spartacus (fu l'unico a girare con Kubrick due coraggiosi capolavori), che interpretò, produsse e protesse dagli attacchi isterici della Hollywood della caccia alle streghe. Ha parlato di cinema, col cinema, in compagnia del suo regista di fiducia Minnelli, che lo colorò con le migliori tinte del melodramma «fiction to fiction» nel «Bruto e la bella» e in «Due settimane in un'altra città», dove è un attore sul viale del tramonto a Roma. Il cinema in realtà lo scoprì col marchio Paramount e su raccomandazione di Lauren Bacall in un ottimo giallo-melò con Barbara Stanwyck «Lo strano bielorussi. Ha ricevuto tre nomination agli Oscar per «Il grande campione», «Il bruto e la bella» e «Brama di vivere». Nel 1996 l'Oscar alla carriera. Tra I ruoli più popolari, «Spartacus» di Kubrick amore di Martha Ivers», Hollywood nera del '46. Segue una carriera che, senza soste, affronta tutti i generi, in prevalenza l'azione, scegliendo spesso il cinismo dell'uomo senza scrupoli, ma anche la commedia. Ha lavorato con i maggiori registi, ciascuno si è fidato e ha vinto: alla grande Billy Wilder col film più spietato sul giornalismo da scoop («L'asso nella manica»); ma anche Frankenheimer che lo pose nel complotto fantapolitico di «7 giorni a maggio» come il colonnello fedele agli States ma scontento di se stesso. Per il western ebbe una ricambiata passione intinta di senso del nevrotico: non solo fu uno splendido, tisico e alcolizzato Doc in «Sfida all'OK Corral» dichiarando eterna amicizia a Lancaster con cui girò 7 film, ma diresse anche «I giustizieri del West» nel '75. «Mi hanno accusato di volere far sempre il regista» disse al momento di dirigere il suo primo film «almeno ora sapranno subito chi è il colpevole».

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