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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.10.2019 Il nome Israele cancellato all'Istituto arabo a Parigi. Il responsabile: Jack Lang
Commento di Stefano Montefiori

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 ottobre 2019
Pagina: 28
Autore: Stefano Montefiori
Titolo: «Parigi, istituto arabo: il 'soft power' saudita censura Israele»
 
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/10/2019, a pag.28, con il titolo "Parigi, istituto arabo: il 'soft power' saudita censura Israele" la cronaca di Stefano Montefiori.

La responsabilità delle scelte dell'Istituto del Mondo arabo di Parigi sono di Jack Lang, il direttore. Negli anni Ottanta Ministro della Cultura sotto la presidenza Mitterand. E' Lang, quindi, che deve rispondere della mappa in cui il nome Israele viene cancellato.

Ecco l'articolo:

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Stefano Montefiori

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Jack Lang

L' Institut du Monde Arabe a Parigi è un luogo di incontro con la cultura, l'arte e la storia del mondo arabo, presieduto con passione da Jack Lang, non dimenticato ministro della Cultura dell'era Mitterrand. E inevitabile che un'istituzione simile risenta talvolta dei conflitti sui valori che oppongono Occidente e mondo arabo-musulmano, soprattutto considerando il peso importante che hanno gli Stati e i mecenati del Golfo nell'organizzazione delle esposizioni. L'ultima polemica riguarda la mostra «Al Ula, meraviglia d'Arabia» appena inaugurata, dedicata alla regione nord-occidentale dell'Arabia Saudita e al suo passato pre-islamico. Le spettacolari immagini scattate dal cielo dal celebre fotografo Yann-Arthus Bertrand mostrano un'Arabia insospettata, che dovrebbe invogliare alla visita il pubblico occidentale. L'esposizione all'Istituto del mondo arabo fa parte del tentativo del regno wahabita di aprire — con moderazione — il Paese al turismo, perla prima volta nella sua storia. Negli stessi giorni sui giornali francesi compaiono pagine di pubblicità che propagandano il sogno di un'Arabia da mille e una notte, un'azione di diversione del regime guidato dal principe ereditario Mohammed Ben Salman, più noto perché sospettato di essere all'origine dello smembramento del giornalista e oppositore Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul, ile ottobre 2018. Un anno dopo quella barbarie, Riad cerca di migliorare un'immagine finora legata alla persecuzione dei dissidenti, alla discriminazione delle donne e alla guerra nello Yemen, per proporsi come nuova emozione turistica, nonostante tutto. Per apprezzare questa proposta di apertura del regime bisogna essere pronti a sorvolare su molte cose, tra cui anche la grande carta del Medio Oriente esposta all'inizio della mostra: i confini di Israele ci sono ma il nome dello Stato ebraico è censurato, sostituito da «territori palestinesi». Potenza del nuovo «soft power» saudita.

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lettere@corriere.it

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