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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.09.2019 Lahav Shani alla direzione della Israel Philarmonic
Commento di Enrico Parola

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 settembre 2019
Pagina: 33
Autore: Enrico Parola
Titolo: «Shani, talento vorticoso, tornerà a casa sul podio»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/09/2019 a pag.33 con il titolo "Shani, talento vorticoso, tornerà a casa sul podio" il commento di Enrico Parola.

Lahav Shani, trentenne israeliano, sostituisce Zubin Mehta alla direzione della Israel Philarmonic Orchestra. Shani afferma di "aver imparato moltissimo" da Daniel Barenboim: speriamo che lo abbia fatto dal punto di vista musicale, non per le idee politiche e i comportamenti - quelle di Barenboim sono costantemente critiche del governo israeliano, ed è inoltre proprio Barenboim ad aver sdoganato Wagner in Israele, scegliendo come occasione un evento che aveva come spettatori sopravvissuti alla Shoah, introdusse Wagner senza averlo inserito nel programma. Azione ignobile, che causò ricordi tremendi fra il pubblico. 

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Lahav Shani

Ha realizzato il sogno di ogni direttore: guidare la più importante orchestra del proprio Paese, che nel caso specifico è una delle più rinomate a livello internazionale e per sessant’anni è stata diretta da un mito del podio come Zubin Mehta. Lahav Shani è il nuovo direttore musicale della Israel Philharmonic, ad appena trent’anni. D’altronde bruciare le tappe sembra il leit motiv della sua carriera: nel 2015 debuttò con i Wiener Symphoniker, di cui da due anni è il direttore ospite principale, e i Wiener Philharmoniker. Nel 2016 tenne il suo primo concerto a Rotterdam e tale fu l’impressione lasciata sui musicisti che bastò quell’unica esperienza per convincerli a nominarlo loro nuovo direttore principale. «Io però non ho mai avuto l’assillo della carriera», assicura il musicista nato a Tel Aviv nel 1989, «forse perché è tutto accaduto così in fretta che quasi non ho avuto il tempo di accorgermene. La vittoria al concorso Mahler nel 2013 mi ha immediatamente catapultato in un vortice di impegni, gli ingaggi si sono moltiplicati».

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Daniel Barenboim

Ad iniziare proprio dalla Israel Philharmonic: «Vi avevo già suonato a 16 anni, ma in veste di pianista; dopo la vittoria al Mahler sono tornato nell’ottobre 2013 per inaugurare la stagione, mentre nel 2016 ho diretto il concerto conclusivo dei festeggiamenti per gli 80 anni dell’orchestra». Ora l’incarico più prestigioso ma anche, pensando a chi succede, più oneroso: «Ne sono consapevole: Mehta è stato un modello per la capacità di immergersi totalmente nella musica, ma non ha segnato solo me e l’orchestra, direi tutta la musica classica israeliana». Brucio le tappe? Ma io non ho l’assillo della carriera. Zubin Mehta, un grande modello per la musica israeliana. Daniel Baremboim mi consigliò di affrontare da giovane le opere dei giganti del sinfonismo Gli altri due modelli di Shani, che ad aprile approderà a Santa Cecilia per accostare la prima sinfonia di Mahler al quinto concerto per pianoforte di Beethoven, sono stati il padre e Barenboim. «Papà dirigeva e il suo esempio mi ha sicuramente influenzato: lo vedevo discutere con i suoi musicisti, creare assieme un’interpretazione, arrivare di comune accordo a un risultato espressivo. Invece il pianista è quasi sempre solo, raramente condivide con altri il fare musica; e a me questa solitudine non piaceva, preferivo di gran lunga una dimensione dialogata, quasi amicale del suonare». Aveva iniziato col pianoforte «perché lo suonava mamma: più che ricordare un momento in cui ho incontrato la musica, penso di poter dire di non ricordarmi un momento della mia esistenza privo di musica! Prima della direzione ho studiato anche contrabbasso». E poi Daniel Barenboim, «che ho incontrato quando dirigeva la Divan Orchestra. Non mi ha mai fatto lezione, ma ho imparato tantissimo da lui: la cura per ogni dettaglio, lo spiegare ogni scelta agli orchestrali, soprattutto se giovani. Lui diceva che è meglio affrontare il prima possibile le opere più grandi e difficili, perché le si capiscono solo riprendendole varie volte. Ho fatto mio questo insegnamento, affrontando Bruckner, Beethoven, Mahler».

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