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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.08.2019 Complimenti a Viviana Mazza, finalmente conosciamo come la pensa Alan Dershowitz
La coraggiosa intervista di Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 agosto 2019
Pagina: 11
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «Epstein aveva due vite, mi pento di averlo difeso. E io non sono complice»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/08/2019, a pag.11, con il titolo "Epstein aveva due vite, mi pento di averlo difeso. E io non sono complice", l'intervista di Viviana Mazza con Alan Dershowitz



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Alan Dershowitz


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Viviana Mazza

Perchè pubblichiamo l'intervista di Viviana Mazza a Alan Dershowitz, quando la vicenda Epstein non ha nulla a che vedere  con gli argomenti che abitualmente trattiamo? La risposta è semplice: chi conosce Dershowitz sa della sua carriera forense che lo classifica tra gli avvocati più famosi non soltanto in Usa. Ma lo conosce anche per le sue battaglie politiche in difesa della verità. Da democratico non ha esitato a difendere Donald Trump quando l'estrema sinistra Dem voleva metter mano all'impeachement, dimostrando che era anti costituzionale. Su Israele ha sempre tenuto una posizione opposta a quella del suo partito, apertamente, dando vita a dibattiti memorabili. Lo stesso si può affermare sul terrorismo islamista, i suoi interventi nei campus in difesa degli studenti ebrei minacciati dai propagandisti dell'islam sono diventati video diffusi in tutto il mondo. IC li pubblica con i sottotitoli in italiano.
L'intervista di Viviana Mazza, la prima che leggiamo in cui gli si dà la parola, rivela le cose come stanno. Complimenti, questo è giornalismo.

Eccola:

La prima volta che Alan Dershowitz venne su quest’isola fu cinquant’anni fa, giovane avvocato nel team che difese Ted Kennedy. Da allora l’ottantenne professore emerito di Harvard ha avuto molti clienti controversi, da Claus von Bülow a O.J. Simpson, ma si dice pentito di averne rappresentato solo uno: Jeffrey Epstein.
Nel 2005, in Florida, per incitamento di minori alla prostituzione: Epstein scontò 13 mesi, evitando pene federali. Dershowitz e sua moglie lo conoscevano dal 1996, «ignari della sua doppia vita», dicono ora seduti fianco a fianco nella loro villa a Martha’s Vineyard. «Esitai, non avevo mai rappresentato qualcuno che conoscevo». Ora Virginia Giuffre, una delle accusatrici del finanziere, sostiene che l’avvocato sia tra gli amici di Epstein con cui è stata costretta ad avere rapporti sessuali. Dershowitz non si è limitato — come Bill Clinton o il Principe Andrea — a pubblicare una smentita: raccoglie prove, registra segretamente telefonate con l’avvocato della parte avversa, chiede un processo per poter provare la sua innocenza. «Non ho mai incontrato Giuffre. Da quando ho conosciuto Epstein ho fatto sesso con una sola donna, mia moglie». La moglie, la neuropsicologa Carolyn Cohen, lo ha aiutato a documentare ciò che ha fatto giorno per giorno in questi anni (viaggi, lezioni, spese): il suo alibi. E vogliono usare come prove le ultime carte rese pubbliche dove ci sono un’autobiografia di Giuffre che non menziona rapporti sessuali con lui e un’email della giornalista del Daily Mail Sharon Churcher che le consiglia di «non dimenticare Alan Dershowitz…».
Giuffre dice che avete fatto sesso sette volte.
«E’ certamente possibile che sia stata vittima di abusi, ma ha iniziato a mentire quando i suoi avvocati le hanno detto che poteva fare soldi: ha ricevuto più di un milione da Ghislane Maxwell come patteggiamento, 160mila dal Daily Mail per le bugie su Bill Clinton. La sua storia era più moderata, poi ha cominciato a esagerare. Ma è interessante la storia su Leslie Wexner (il proprietario di Victoria’s Secret ndr): Giuffre disse di aver fatto sesso con lui sette volte, negli stessi posti in cui l’avrebbe fatto con me, tranne che davanti casa mia. Eppure David Boies, l’avvocato di Giuffre, dopo aver incontrato Wexner non lo ha mai perseguito. Ci sono due possibilità: o ha concluso che mentiva, e dunque mentiva anche su di me; oppure che diceva la verità e allora mi chiedo: hanno preso soldi da Wexner per tacere?».
Lei rimpiange di aver rappresentato Epstein?
«Rimpiango anche di averlo incontrato. Una donna importante che vive su quest’isola, Lady Lynn Rothschild, mi pregò di vederlo: “Un uomo meraviglioso, una grande mente…”. Non l’avesse mai fatto. Ha persuaso anche Bill Clinton a incontrarlo, è una figura centrale in tutto questo». Perché lo faceva? «Era sua amica, avevano affari, non so potrebbero aver avuto una relazione… era una specie di procacciatrice intellettuale per Epstein, spingeva tutti a conoscerlo. E io lo feci, venne a casa nell’agosto 1996, con una bottiglia di champagne e una fidanzata ventenne, non minorenne. Parlò con me, mia moglie e i miei figli di biologia evoluzionista, degli studi che voleva finanziare a Harvard, era amico del presidente, aveva costruito l’Hillel (per la comunità ebraica ndr). Qualche anno dopo mi invitò in aereo - quello piccolo, non il Lolita Express - in Ohio, al 59° compleanno di Wexner, con John Glenn, astronauta e senatore. Una cena per pochi: Shimon Peres, Taubman il capo di Sotheby’s, non restai per la notte. Tutti uomini: la stessa moglie di Wexner non era invitata e dissi che non mi piaceva. Epstein rispose: “A Leslie piace così, e anche a me”. Lo imitava, l’aereo e la casa di Manhattan prima erano di Wexner». Ha volato altre volte con lui? «Cinque o sei. Con mio nipote, Adam, che voleva diventare astronauta, ci fece assistere al lancio di uno shuttle. Con mia moglie e mia figlia di 9 anni sulla sua isola, appena comprata. Ghislaine Maxwell giocò con la bambina a caccia al tesoro».
Lei è stato più volte nella casa in Florida: non era piena di foto di minorenni e sex toys?
«Non sono mai stato invitato a casa sua o sul suo aereo durante gli anni in cui conobbe Giuffre, dall’estate 2000 al settembre 2002, probabilmente non voleva essere visto con lei. Ci sono stato dopo, da avvocato e prima, anche con mia figlia di 15 anni e i miei nipotini; una cinquantenne di nome Olga ha fatto a me e a mia moglie un massaggio terapeutico, ma non vidi mai minorenni, foto inappropriate o vibratori. Non avevamo accesso all’ala privata. L’unica foto di donna nuda che ho visto a casa sua, a Manhattan, era di una modella di Rodin; accanto c’era l’immagine di una vecchia. “Ecco perché non mi sposo” diceva Epstein»
Epstein era una persona brillante?
«Molto, da un punto di vista accademico. Frequentava gente come George Church, che ha decodificato il genoma, Steven J. Gould, il più grande paleontologo, Howard Gardner, Marvin Minsky, l’inventore dell’intelligenza artificiale. Il principe Andrea venne ad una mia lezione, grazie a Epstein. Nessuno immaginava che avesse questa vita parallela».
Lei quando l’ha scoperto?
«Quando è stato incriminato, vidi le prove: all’inizio sei donne. Lui non mi disse la verità: disse che erano quasi tutte diciottenni o avevano documenti falsi. In quella contea per reati simili, come le case di massaggi con ragazze minorenni, nessuno era finito in carcere, così negoziai un accordo in cui lui ammetteva il reato, non andava in carcere ma sarebbe stato registrato come crimine sessuale: Epstein rifiutò, prese un altro legale, Goldberger, che gli assicurò un accordo migliore; questo aprì un’indagine federale e allora mi chiamò per lavorare su quella. A quel punto emersero una trentina di donne, ma non c’erano prove di collegamenti interstatali, io dimostra che il caso federale allora non sussisteva».
Lo affrontò a proposito delle sue bugie?
«Sì, ero furioso».
E lui cosa rispose?
«Non pensava di aver fatto niente di male. Era una persona arrogante, altrimenti non sarebbe mai tornato da Parigi».
Lo avrebbe rappresentato se avesse saputo la verità?
«Sì certo, non giudico i miei clienti. Uno era accusato di aver dato fuoco a nove monache buddiste, e ho vinto. E’ quello che faccio. Avrei difeso Amanda Knox anche se avevo dubbi sulla sua innocenza. Ho due regole: non rappresento fuggitivi (ho rifiutato Karadzic), né mafiosi e crimine organizzato. Se vuoi che gli innocenti vengano difesi, devi difendere anche i colpevoli».
Harvard ha preso soldi da Epstein dopo il 2008?
«Posso dirle chi li ha presi: Nicholas Negroponte capo del mediaLab. Io non ho avuto più rapporti con lui».
Lei dice che Giuffre mente, ma crede che altre donne dicano la verità?
«Sì».
E’ vero che in un articolo del 1997 sul Los Angeles Times lei sostenne che «devono esserci sanzioni penali se si tratta di bambini, ma è dubbio se debbano applicarsi ad adolescenti dopo la pubertà»?
Epstein sostenne che nella storia era più che accettabile?
«Epstein lo diceva spesso. Ma le mie parole sono fuori contesto: nel 1997 c’era un dibattito tra femministe sulla riduzione dell’età del consenso e vi ho partecipato, avevo un caso».
Ha perso clienti per via delle accuse di Giuffre?
«L’unico è stato Roman Polanski».
Epstein si è ucciso?
«Penso di sì, perché credeva che non avrebbe più avuto un giorno di libertà, non poteva tollerarlo, è stata un’analisi costi-benefici, ma non credeva di aver fatto nulla di sbagliato. Io pensavo di sì».

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