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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.06.2019 Turchia criminale, Erdogan cancella la libertà di opinione
Cronaca di Monica Ricci Sargentini

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 giugno 2019
Pagina: 19
Autore: Monica Ricci Sargentini
Titolo: «Noémi e gli altri docenti condannati in Turchia per un appello alla pace»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/06/2019, a pag.19, con il titolo "Noémi e gli altri docenti condannati in Turchia per un appello alla pace" il commento di Monica Ricci Sargentini

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Monica Ricci Sargentini          Noemi Levy-Aksu

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Noemi Levy-Aksu, una storica francese esperta di impero ottomano, è la protagonista, insieme a decine di altri professori universitari, di una vicenda giudiziaria kafkiana di quelle che avvengono in Turchia dopo il tentato golpe del luglio 2016. Giovedì scorso la donna è stata condannata dalla 24sima corte penale di Istanbul a trenta mesi di prigione per aver firmato, nel gennaio del 2016, la famosa «Petizione degli accademici per la pace» dal titolo «Non saremo parte di questo crimine!» in cui 2.212 docenti chiedevano la fine delle operazioni dell'esercito turco nel Sudest del Paese, a maggioranza curda. Un manifesto che, come aveva detto al tempo il presidente turco Erdogan, «mina l'unità del Paese». Il suo caso è diventato un simbolo della battaglia per la libertà di espressione che nel Paese della Mezzaluna è sempre più a repentaglio. «Non sono le critiche che mettono in pericolo il fondamento dello Stato — ha spiegato Lévy-Aksu, 38 anni, in una dichiarazione spontanea davanti al giudice — quello che nuoce alla democrazia e alla pace sociale sono la violenza arbitraria ripetuta, l'impunità e l'ingiustizia». Parole che il giudice Tamer Keskin non ha affatto gradito soprattutto dopo che il suo avvocato difensore, che è anche il suo ex marito, aveva presentato come prova a discarico un verdetto di assoluzione della Corte suprema di Appello di un testo scritto dal leader del Partito dei Lavoratori curdo (Pkk) Abdullah Öcalan. «Lodare un'organizzazione terroristica è libertà d'espressione? Se una donna viene stuprata qui, ora, la chiamiamo libertà d'espressione?», ha detto Keskin tra lo sconcerto degli astanti. Poi è arrivata la sentenza, una delle più dure tra le 199 condanne di accademici emesse finora. «Se me l'aspettavo? — ha detto la storica al Corriere —. Assolutamente sì. Il magistrato aveva già fatto allusioni non carine nei confronti dei francesi, certo non immaginavo che potesse evocare una violenza sessuale». La battaglia, comunque, continua. In attesa dell'appello Noémi è tornata a Londra dove vive con la figlia di 7 anni, dopo aver perso Il lavoro alla Bogaziçi University di Istanbul.«Il nostro è un caso collettivo — ha spiegato — per questo abbiamo fatto appello alla Corte Costituzionale. Sono 35 i docenti in questa situazione, più altri due che sono già in prigione. Io di certo non mi tiro indietro: ho affrontato questo processo da cittadina turca, visto che nel frattempo lo sono diventata, e vado fiera di quello che ho fatto». Il 6 marzo del 20171a donna aveva sostenuto con successo ad Ankara l'esame per diventare professore associato: «Mi servirà in futuro — aveva detto —. Non ho alcuna intenzione di lasciare la Turchia. Qui c'è la mia vita Penso che questa tragica situazione non continuerà per sempre, anche se ci vorrà tempo per risolverla. Non ci possono silenziare». Allora Noémi, insieme con le migliaia di accademici che avevano perso Il lavoro, coltivava ancora la speranza di una riassunzione. Oggi in molti sono andati all'estero

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