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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.06.2019 Manlio Di Stefano preferisce le dittature alle democrazie
Lo intervista Paolo Salom

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 giugno 2019
Pagina: 16
Autore: Paolo Salom
Titolo: «'Sul Venezuela abbiamo salvato la faccia alla Ue'»
Riprendiamo oggi, 14/06/2019, dal CORRIERE della SERA, a pag. 16, con il titolo "Sul Venezuela abbiamo salvato la faccia alla Ue", l'intervista di Paolo Salom a Manlio Di Stefano.

Manlio Di Stefano, tra i grillini di solito più scatenati contro Israele, oggi difende il regime di Maduro in Venezuela e quello degli ayatollah in Iran, dichiarandosi contrario alla messa in discussione dell'accordo sul nucleare voluta da Donald Trump. Non stupisce, da parte di un personaggio che preferisce le dittature alle democrazie. Fino a quandi 5 stelle avveleneranno la politica italiana?

Ecco l'articolo:

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Paolo Salom

 

Sul Venezuela abbiamo fatto bene a essere prudenti. In Libia c’è spazio per la diplomazia. Con gli Usa rapporti ottimi nonostante qualche divergenza di vedute. Al sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, 38 anni, a Milano per il convegno sulle relazioni tra Italia e India (ieri alla Fondazione Corriere in collaborazione con Farnesina e Ispi), la posizione del nostro Paese appare equilibrata e, soprattutto, coerente con i propri interessi internazionali.

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Manlio Di Stefano, difensore delle dittature, odiatore di Israele

Non siamo stati troppo prudenti con Guaidó, «rivale» del presidente Maduro? «Al contrario. Sul Venezuela abbiamo salvato la faccia dell’Ue. Era impensabile appiattirsi sul pieno riconoscimento dell’autoproclamato presidente Guaidó: il Paese avrebbe rischiato la guerra civile. L’Europa alla fine ha condiviso la posizione italiana: un percorso chiaro con nuove elezioni ma con tempi e modi decisi dagli stessi venezuelani».

La Casa Bianca non l’avrà presa bene... «Non direi. Tra Italia e Stati Uniti i rapporti sono ottimi. Tra i momenti più alti. Certo, c’è una chiara intenzione di conservare l’autonomia di scelta, cosa che i governi precedenti non avevano fatto. Sul Venezuela ci siamo spiegati e siamo stati capiti».

Vale anche per la Libia? «Le ostilità sono la reazione di chi non gradisce la via politica sancita dal successo diplomatico della conferenza di Palermo. Ma possiamo ancora stabilizzare il Paese. Per farlo, occorre però remare tutti nella stessa direzione: ne va dell’interesse collettivo».

E sull’Iran? Le tensioni nel Golfo d’Oman sono ormai all’ordine del giorno...  «Condanniamo qualunque avventura fuori dal diritto internazionale ma vanno accertati i mandanti di ogni episodio. L’Iran va approcciato per via diplomatica così come si ottenne con l’accordo sul nucleare, per responsabilizzare il regime sulla questione. Purtroppo la rescissione unilaterale dell’intesa ha fatto saltare le prospettive politiche e fatto spazio a una nuova destabilizzazione della regione».

Lei ha aperto un convegno sul futuro delle relazioni con l’India... «Un Paese sempre più importante per l’Italia perché tutti i suoi dati di crescita mostrano un potenziale più alto della stessa Cina. Roma deve perciò anticipare i tempi, farsi precursore di accordi a beneficio diretto delle aziende italiane».

A proposito di Cina, è certo che l’Italia sia sulla sponda giusta? Il 5G fa discutere. «Sì. Con Pechino abbiamo messo al sicuro degli accordi di promozione commerciale e nel farlo ci siamo garantiti sicurezza con il golden power. L’obiettivo era aprire il mercato cinese alle imprese italiane. I dati di Confindustria ci confortano: le esportazioni italiane verso la Cina sono in aumento».

Come giudica la relativa «bassa esposizione» del ministro degli Esteri Moavero? «Il ministro Moavero lavora tanto e bene. Chiaramente paga la non appartenenza ai due partiti di maggioranza. D’altro canto il trend in Europa è che la politica estera sia sempre più nelle mani del premier. Noi cerchiamo comunque di coordinarci il più possibile».

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare: 02/ 62821 oppure cliccare sulla e-mail sottostante


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