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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.04.2019 Gaza: la protesta contro il regime terrorista e corrotto di Hamas, che per cercare consenso attacca Israele
Due servizi di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 aprile 2019
Pagina: 10
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Fionde, pioggia, grida di rabbia: 'Torneremo' - 'In terapia perché matto'. Così si scredita il rivale di Bibi»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA del 31/03/2019, a pag.14 con il titolo "Fionde, pioggia, grida di rabbia: 'Torneremo' " il commento di Davide Frattini; dall'edizione di oggi, a pag. 10, il commento " 'In terapia perché matto'. Così si scredita il rivale di Bibi".

A destra: proteste contro il regime dispotico, corrotto e terrorista di Hamas a Gaza 

Finalmente sul Corriere della Sera una analisi diffusa sulla proteste degli abitanti di Gaza, non contro Israele ma contro la dittatura di Hamas.

Ecco gli articoli:

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Davide Frattini

"Fionde, pioggia, grida di rabbia: 'Torneremo' "

Il capo dei capi cammina tra le auto controcorrente, la maggior parte dei manifestanti se ne sta andando, la giornata sembra finita. Yahiya Sinwar vuole salire sul colle della Regina — Malaka in arabo — per marcare con i suoi sorrisi quello che Hamas considera un successo. In abito grigio e camicia bianca, accompagnato dalle guardie del corpo, il boss fondamentalista saluta i palestinesi imbottigliati tra i carretti trainati dai muli e gli autobus messi a disposizione dalla sua organizzazione. I pendolari delle proteste ritornano a casa, erano arrivati in massa dopo le preghiere di mezzogiorno. Più di 40 mila palestinesi — stima l’esercito israeliano — dispiegati in cinque aree diverse lungo la barriera di reticolato e blocchi in cemento che li separa dall’altra parte. Chiusi le scuole e gli uffici (per chi a Gaza un lavoro ce l’ha), i negozi sbarrati, le strade deserte: il gruppo islamista che da dodici anni spadroneggia sulla Striscia ha promesso la marcia del «Milione» (di persone) e con la serrata generale vuole assicurarsi l’effetto visivo della folla che preme verso la frontiera. Verso. Non troppo vicino. I mediatori egiziani — ufficiali dei servizi segreti — hanno negoziato fino all’ultimo perché l’anniversario delle manifestazioni non diventasse la causa di una nuova guerra tra Hamas e Israele. I leader del movimento hanno garantito che i dimostranti sarebbero rimasti a oltre 300 metri dal reticolato e hanno dispiegato gli attivisti con indosso i gilet arancioni, come vigili che devono dirigere il traffico della rabbia. I cordoni non hanno funzionato: il limite è stato superato, ma solo gruppuscoli di giovani hanno tentato di assaltare la recinzione.

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Una manifestazione contro Hamas a Gaza

I generali israeliani hanno appostato i cecchini sui terrapieni, le feritoie ben visibili, e hanno tenuto lontano la folla con lanci continui di lacrimogeni, il gas urticante sparato a raffica dai droni telecomandati. Alla fine i morti sono quattro: dall’inizio delle manifestazioni — calcola l’Onu — i palestinesi uccisi sono 195, quelli feriti dai proiettili quasi 7 mila. I ragazzini trascinano le asce nella sabbia, qualcuno raccoglie le pietre per le fionde, in molti si spintonano per riuscire a ottenere il pasto gratis distribuito da Hamas. Altri incrociano le gambe seduti per terra e partecipano al quiz organizzato da un ideologo del movimento. Le domande ruotano attorno a questa giornata, al conflitto del 1948, quando le nazioni arabe attaccarono lo Stato ebraico appena nato, la guerra che gli israeliani chiamano di Indipendenza e che i palestinesi piangono come la Nakba, la catastrofe. «La mia famiglia è originaria di Ramle — dice Abu Ahmad, ha 56 anni ed è nato a Gaza da rifugiato —. Un giorno riuscirò a tornare in quella terra che vedo oltre il muro». È lo stesso proclama minaccioso urlato dalle donne, la voce che emerge dal velo integrale: «Marceremo su Gerusalemme con un milione di martiri». La pioggia gelida cade a scrosci, l’unico ad apprezzarla sembra essere il contadino che anche in queste ore di tensione si prende cura del campo: sta seminando l’ocra, la potrà raccogliere fra due mesi. Senza che la guerra interrompa i suoi ritmi naturali. O così sono convinti i negoziatori egiziani, che sarebbero riusciti a definire una tregua (tacita) di lungo periodo: a otto giorni dalle elezioni, il premier Benjamin Netanyahu vorrebbe evitare lo scontro totale e chiede lo stop al lancio di razzi (lunedì scorso è stata centrata una casa a Nord di Tel Aviv, 7 feriti), la fine delle incursioni palestinesi contro il confine (compresi palloncini e aquiloni armati di bottiglie incendiarie), in sostanza il ritorno alla calma relativa di un anno fa. I leader di Hamas vogliono dimostrare che i quasi duecento morti non sono stati invano, che sono riusciti ad alleggerire l’embargo imposto dagli israeliani (con il supporto egiziano). «Andiamo a casa, stanno arrivando i soldi», sentenzia Ashraf tra stanchezza e analisi politica. Il Qatar ha promesso di ricominciare a distribuire milioni di dollari — con la benedizione israeliana — se la situazione è sotto controllo. Hamas sa di non poter più imputare la miseria solo al «nemico» israeliano. Le proteste di due settimane fa per il rialzo dei prezzi — dal pane alle sigarette — preoccupano l’organizzazione, che ha mandato in strada i suoi sgherri a manganellare e arrestare i dimostranti. Così Sinwar ha inglobato nel discorso di ieri lo slogan che i manifestanti hanno urlato contro il suo regime: «Vogliamo vivere», ha proclamato dagli schermi della tv Al Aqsa.

" 'In terapia perché matto'. Così si scredita il rivale di Bibi"

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Benny Gantz, Bibi Netanyahu

Gerusalemme Due capi di Hamas si incontrano alle proteste lungo il confine e uno dice all’altro: «Speriamo vinca Netanyahu, dicono che Gantz sia fuori di testa». La vignetta è stata pubblicata da Yedioth Ahronoth, il giornale più venduto in Israele, e ironizza sull’ultimo episodio di una campagna elettorale — il voto è fra una settimana — già fin troppo aggressiva. Il Likud di Benjamin Netanyahu sta mettendo in discussione la «stabilità mentale» del rivale Benny Gantz, dopo che il quotidiano Maariv ha raccontato che l’ex capo di Stato Maggiore, lasciato l’esercito, avrebbe visto per quasi tre anni uno psicologo e gli sarebbero stati prescritti ansiolitici. In un Paese da sempre in guerra, dove quello di primo ministro è chiamato «il mestiere più difficile al mondo», l’obiettivo è evidente: far pensare che il leader di Blu Bianco non ce la possa fare, i nervi non gli reggono. E così ci ritroviamo nella seconda stagione di House of Cards: Frank Underwood-Kevin Spacey complotta per accaparrarsi la poltrona più importante alla Casa Bianca e lascia trapelare che il presidente sia incapace di prendere decisioni perché sotto psicofarmaci. Benny Gantz ha smentito e querelato il giornalista. Ha scelto di difendersi con atteggiamento da macho e battute alla John Wayne: «Le pillole che conosco sono solo 5.56 e 7.62», i calibri dei proiettili più usati dai militari israeliani. Figlio di sopravvissuti all’Olocausto, l’ex generale ha passato 38 dei suoi 59 anni in divisa, ha combattuto nella prima guerra del Libano, dove guidava un battaglione di paracadutisti specializzato in operazioni di controguerriglia. Da capo di Stato Maggiore ha comandato le forze armate in due conflitti contro Hamas a Gaza: l’ultimo è durato 59 giorni nell’estate del 2014, i palestinesi ammazzati sono stati oltre 2.000, i suoi soldati caduti 67, sei i civili uccisi in Israele. L’unica ad aver riconosciuto che tutto questo potrebbe aver lasciato un segno è stata la laburista Shelly Yachimovich: «Se è andato da uno psicologo, dimostra solo di essere umano». Gantz avrebbe potuto rispondere che governare un Paese complesso come Israele richiede equilibrio mentale e lucidità: gli stessi che permettono di capire quando serve aiuto perché un soldato non si porti il lavoro a casa.

 

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