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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.03.2019 Algeria verso le elezioni: si ricandida per la quinta volta Abdelaziz Bouteflika
Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 marzo 2019
Pagina: 12
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Algeri in rivolta: l’eterno leader si candida»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/03/2019, a pag. 12, con il titolo "Algeri in rivolta: l’eterno leader si candida", il commento di Francesco Battistini.

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Francesco Battistini

Se arrivare ad Algeri è attraversare uno specchio, come scrive Yasmina Khadra in un suo romanzo, lo specchio è opaco. Alle cinque della sera, davanti al Consiglio nazionale arrivano i cinque scortatissimi furgoni che trasportano il mandato numero cinque di Abdelaziz Bouteflika: posteggiano l’immagine crepata d’un presidente poco propenso a specchiarsi, di un’Algeria nella peggiore delle crisi politiche. Per i suoi 82 anni, compiuti sabato, il malato Boutef non rientra dalla clinica svizzera e all’ultimo minuto utile si regala la candidatura per il 18 aprile. I suoi uomini scaricano i chili di firme che servono. Centinaia di studenti vengono tenuti a distanza con idranti e lacrimogeni, gridano «vergogna!», ma il regime ci sente poco. Bouteflika si ricandida e, insieme, consegna una «lettera agli algerini» e una promessa: se vincerò, non terminerò il mandato e organizzerò entro un anno altre elezioni senza ripresentarmi, preparando invece una riforma della Costituzione da approvare con referendum popolare. È l’arrocco d’un Ubu Re tanto invisibile quanto impotente.

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Abdelaziz Bouteflika

La mossa d’un eterno presidente sotto scacco, osserva un editorialista di El Watan, che non ha molta scelta: se Boutef cede, crolla tutto il suo clan; se resiste, la rivolta non si ferma; se molla qualcosa, chissà… S’è deciso tutto venerdì: mentre le piazze s’infiammavano nei cortei, un manifestante ucciso e quasi duecento feriti, i fedelissimi di Boutef si sono riuniti. I capi dei servizi, il fratello del presidente, Said, e su tutti l’onnipotente generale Ahmed Gaid Salah, 79 anni, da quindici a capo delle forze armate. Berbero di Batna, duro e collerico, uno che dà degli «ingrati» ai giovani in piazza e promette di stare «col Mujahed, il nostro Combattente, fino alla morte». È Salah, il ventriloquo del muto Boutef. Il garante della ricca gerontocrazia rivoluzionaria che blocca una gioventù bruciata dalla crisi del petrolio: per recuperare, e come dice una fonte diplomatica «costruirsi magari un futuro da Al Sisi dell’Algeria», Salah ha dato il via libera alla tv di Stato perché parli finalmente delle proteste, in quegli stessi tg delle 20 che ogni sera narrano i suoi incontri ufficiali. Quindi ha orchestrato i cambi last minute: via Abdel Malek Sellal, l’uomo delle ultime campagne elettorali di Boutef, al suo posto il «giovane» (54 anni) ministro dei Trasporti, Zalene; via il contestato premier Ouyahia, che aveva minacciato «un’altra Siria», meglio rimpastare con l’ex ministro degli Esteri, Lamamra, spedito a Ginevra per l’investitura diretta del presidente. Basterà? Di fronte, il regime ha un’opposizione divisa e quasi più ammutolita di Boutef. Sei candidati impalpabili. L’ex premier Ali Benflis, prima fedelissimo della casta al potere e poi suo sfidante, ha scelto di boicottare il voto, come gli islamisti e l’estrema sinistra. Un altro possibile ricambio, l’ex generale Ali Ghediri, annuncia al popolo che «una nuova alba è iniziata»: il popolo però non pare l’ami molto, causa i servigi resi per lungo tempo al generalissimo Salah. L’assenza di leader bell’e pronti testimonia la spontaneità della rivolta. E la sorpresa di storici partner come la Francia, che ha un milione d’algerini in patria, compra da Boutef il gas e gli delega il controllo dei jihadisti sui confini di Niger e Mali. Quando Algeri tossisce, recita un adagio, Parigi s’ammala. Ma anche Roma farebbe bene a coprirsi: il mare fra l’Algeria e la Sardegna, dicono i nostri servizi, può diventare la nuova rotta dell’harga, l’emigrazione dei barconi.

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