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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.01.2019 Afghanistan sul baratro: 'Noi donne abbiamo paura'
Lorenzo Cremonesi intervista Maliha Hassan, docente di Scienze politiche a Kabul

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 gennaio 2019
Pagina: 10
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Non credete ai talebani. Torniamo indietro di 18 anni»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/01/2019, a pag.10 con il titolo "Non credete ai talebani. Torniamo indietro di 18 anni" l'intervista di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

«Sarà una catastrofe. Il ritorno al Medioevo, la teocrazia del burqa. Voi europei, voi italiani, non dovete credere agli americani quando dicono che adesso i talebani sono diversi! Non è vero niente. Non sono cambiati e semmai sono peggio di prima. La società civile afghana sta per essere affondata e con lei le donne, le bambine, le ragazze che non potranno andare a scuola. Stiamo per ritornare indietro di un ventennio». Quasi piange Maliha Hassan rispondendo alle nostre domande per telefono dal suo studio all’università di Kabul. È nata 48 anni fa nella capitale afghana, ha avuto modo di vedere e capire l’impatto dell’occupazione sovietica, poi gli orrori della guerra da parte delle milizie mujaheddin e soprattutto l’oscurantismo della teocrazia talebana sino all’invasione a guida americana nel 2001. Quindi la svolta: ha potuto studiare, ha lavorato con l’Onu, poi con i tribunali afghani incaricati di combattere la violenza contro le donne. Oggi è docente di Scienze politiche e membro della commissione elettorale centrale. «Io stessa sarò costretta a chiudermi in casa se dovessero tornare i talebani al potere. Sarò una delle milioni di donne vittime un’altra volta», dice sconsolata.

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Maliha Hassan

Quale è stata la sua prima reazione nel sentire che l’amministrazione Trump sta raggiungendo un accordo con i talebani e abbastanza presto i contingenti internazionali lasceranno il suo Paese? «Una grande rabbia e frustrazione. Il popolo afghano, i suoi diritti, la sua nuova democrazia, sono stati totalmente ignorati dagli americani. Il presidente Trump non ci ha coinvolti. I negoziati con i talebani avvengono alle nostre spalle. Nessun nostro politico è presente ai colloqui».

E la seconda reazione? «Sappiamo tutti che il processo di pace finirà male, che i talebani non manterranno gli impegni. A Trump interessa solo ritirare le truppe e spendere meno soldi».

Niente studentesse come negli anni Novanta? «Tutte le donne hanno paura. Dicono che saranno penalizzate solo le élites. Ma non è vero. Oggi parlavo con la ragazza che pulisce in ufficio e ha paura, la fruttivendola ha paura, le casalinghe hanno paura. Ritorno dei talebani significa fine dei diritti umani, per le donne in primo luogo».

Lei dunque non dà alcun credito ai talebani? Eppure una parte del Paese sta con loro. Si parla di talebani moderati pronti a combattere contro Isis... «No. Non mi fido di loro. E non mi fiderò mai. Basta vedere gli ultimi attentati terroristici qui a Kabul e nel resto del Paese: attaccano il progresso, la civiltà, gli intellettuali, le scuole, la cultura, lo sport, chiunque sia aperto con l’estero, gli stranieri e le donne emancipate. In verità li guardo e li vedo meglio armati, meglio organizzati, più brutali, più aggressivi, desiderosi di vendicarsi. Siamo sull’orlo del baratro, presto saranno spazzati via 18 anni di progresso».

Cosa direbbe ai governanti italiani se oggi potesse incontrarli? «Non fidatevi di Trump, salvate il nostro Afghanistan che anche voi avete contribuito a costruire. Salvate la democrazia».

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